lunedì 11 ottobre 2010

Immobile realtà

Si ricomincia. I miei stamane sono rientrati e la casa ormai è tutta un pullulare di voci e suoni. Ancora, a fare da sottofondo, l’ormai inseparabile martello pneumatico, ma risulta meno assordante a fronte dei decibel prodotti dalle nostre voci. Combinerò qualcosa? Certo che si, io proseguo per la mia strada, tanto ormai manca giusto una settimana. Torna mia madre, tornano i nostri ragionamenti ed i miei sfoghi. Si parla di tutto e l’argomento del giorno è stato: come è possibile gettare al vento dieci anni di vita senza accorgersene? Si può, a volte capita. Il momento in cui ti si presenta il conto è quello peggiore, quello dello sconvolgimento emotivo, della sensazione di inutilità. Poi, rimetti tutto in ordine, testa e cuore: e ci vuole tempo. Al momento conservo un’ottima lucidità, e questi testi non mi rendono giustizia giacchè sono alquanto monotoni, lagnosi, tutti uguali gli uni agli altri. Come ho più volte detto, provo sempre ad aspettare che sia il foglio a presentarsi e a suggerirmi di cosa riempirlo, ma a volte gli argomenti predominanti sono sempre e solo gli stessi. Pazienza. Le giornate sono immobili, non c’è nulla di concreto che lasci presagire un cambiamento. Il mio cervello, il mio cuore, le mie emozioni ora sono pronti a tutto, sono in assetto da combattimento ma, là fuori, io trovo il nulla. Niente per cui valga la pena di giocarsi un briciolo dei propri sentimenti, niente per cui io mi voglia spingere oltre, varcando quella soglia di abitudine e rassegnazione che ormai costituiscono un vero e proprio “status”. Dunque, mi sento sempre più come un angelo dalle ali tarpate, trovo soddisfazione in ciò che faccio per me, mi compiaccio di stare bene con me stesso, mi sento pronto a vivere la vita. Meglio tardi che mai, no? Lo ammetto, vorrei impegnare la forza che ho dentro in questi momenti in qualcosa che andasse oltre il raggiungimento di un obiettivo professionale. Vorrei avere una vita sociale. E se eccettuo ormai una, una sola persona a cui non posso che continuare a dire “grazie”, il resto è “tabula rasa”. Non debbo lamentarmi dunque, magari sarebbe il caso di rompere io, certi silenzi. Ripeto fino alla noia, il mio è un limitarsi a semplici constatazioni, non giudico, non valuto, non penso. Degli altri, dei loro comportamenti, non mi cruccio. Di tanto in tanto mi tornano alla mente facce, parole, affermazioni anche importanti, ma tutto rientra, come sempre. Mi manca quella grinta e quel fragore nel far sentire il mio punto di vista. Ma sapete che vi dico? Ad incazzarsi si fa fatica, ci si stanca pure. Quasi quasi comincio a fuggire: magari qualcuno se ne accorge..

2 commenti:

  1. Sembra quasi una scappatoia quella del dire: scappo e vediamo se qualcuno se ne accorge... come darsi una "valida" giustificazione per l'autocommiserazione. La tentazione del nascondersi per il desiderio di essere desiderati, magari. Una tentazione da rifuggire, a mio parere..ma non so, non so bene quel che ho letto e quel che ho capito o non ho capito leggendo. Spero di non aver sproloquiato a caso :)

    RispondiElimina
  2. Non hai sproloquiato, probabilmente il mio articolo andava per conto suo. Ho già attraversato e superato non senza danno la fase della fuga per farsi desiderare. So che non porta nulla se non certezze che fanno male. Il mio era semplicemente un modo autoironico per concludere il post. E chi fugge, e chi si autocommisera, figuriamoci! E poi per far piacere a chi? Ciao Chiara..

    RispondiElimina

Non fate commenti come "Anonimo". Andate su Nome/URL. Inserite il vostro nickname nel campo "nome", se non avete un blog/sito lasciate vuoto il campo URL.

LinkWithin

Related Posts with Thumbnails