martedì 28 febbraio 2012

Argomenti futili

Caspita se sono cambiato. Ci sono sostanziali differenze rispetto al passato soprattutto quando si parla di “reazioni”. Come rispondo alle situazioni che mi capitano? Come rispondo, soprattutto, ai comportamenti standardizzati di alcune persone che mi circondano? Parliamo di uno degli argomenti più futili che si possano affrontare: le vacanze. Parliamo di una delle cose più difficili (se non impossibili ) da realizzare: organizzarle. Partiamo dal presupposto che la soluzione migliore per godersi realmente una vacanza è quella di viverla in totale solitudine. Non parlo della vacanza comune, parlo del viaggio vero e proprio. Non mi riferisco ala vacanza da turista, ma a quella del viaggiatore. Devo dire che non ho mai viaggiato nel vero senso della parola, non ho mai creduto alla possibilità di muovermi allo scopo di conoscere e non solo di vedere. Tutto per colpa del fatto che ho sempre cercato compagni di viaggio, e ho trovato emeriti imbecilli ( tranne qualche rarissima eccezione). Da quando sono entrato nell’ordine di idee e di possibilità di godere del viaggio, ho pienamente fatto mia la convinzione che per viverlo ai massimi, devo godermelo in solitudine. Ecco perché sono cambiato: ero sicuro che anche quest’anno qualcosa sarebbe rimasto tristemente uguale a prima. Parlo della assoluta impossibilità ( nonostante io ce la metta tutta ) di trovare qualcuno disposto a vivere un viaggio. Sempre scuse, sempre pietre lanciate per poi nascondere la mano, proposte che si sono perse nella superficialità di parole scontate e di circostanza. Caspita, io però mi arrabbiavo, eccome se lo facevo! Ed oggi invece, all’ennesima conferma del fatto che sarò solo anche quest’anno, come ho reagito? Ci ho mangiato sopra e ho pensato che, in fondo io non ho voglia di fare alcuna vacanza, io voglio viaggiare. Voglio conoscere. Mi accorgo (come mi è stato fatto notare più volte) di voler migliorare quotidianamente per cui, persino un argomento futile come la vacanza può rivelarsi motivo di crescita. E allora, chissenefrega dello stillicidio delle solite scuse. Voglio partire, in fondo in viaggio, ci sono già. Il mio viaggio verso la completa autonomia.
 
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venerdì 24 febbraio 2012

Un uomo normale

Mi sono concesso una salutare passeggiata pomeridiana, baciato dal primo vero sole e da quindici gradi sopra lo zero. Tutto ciò che, fino ad un paio di settimane fa, rappresentava il sogno del primo mattino. E mentre passeggiavo, (giubbotto già presuntuosamente aperto e cappello appeso al chiodo) mi sono lasciato andare a quei pensieri che leggiadramente volavano verso la primavera, gli spazi aperti, la voglia di vivere. Tutto assolutamente fisiologico e naturale. Cosa mi succede? Nulla. Sto vivendo una vita assolutamente normale. E’ assolutamente normale che in questi giorni assolati lo spirito si alleggerisca, altrettanto naturale che ci si lasci andare a piccoli sogni sul futuro. Sono tornato ad essere una persona normale ed è questa la prima ed unica ragione per cui non riesco più a scrivere sul blog, a renderlo parte di me, a specchiarmici dentro. Non sono mai stato un alieno, oddio, questo è il problema. C’è voluta una grande faccia tosta a spacciarmi ( seppur mio malgrado ) per il solo ad avere problemi. Occorreva soltanto acquisire un nuovo punto di vista sulle cose per capire di far parte dello stesso mondo degli umani; quelli che io ho sempre denigrato, calunniato, insultato per il solo fatto di essere mediocri, di non avere i miei stessi turbamenti, le mie stesse reazioni. Ed ora? Ora che sono in grado di dominare me stesso e le mie turbe? Attenzione, non le sto sopprimendo, le sto dominando. Dovrei essere dunque felice? No, mi sento normale. A pensarci, altro che denigrare ed offendere, certe persone nella loro apparente superficialità, forse avevano già imparato a vivere. Ora mi sto rendendo conto di come vive un uomo normale: di come affronta i problemi, di come gestisce le emozioni, di come reagisce agli stimoli negativi. Ho tutte le connotazioni dell’uomo normale. C’è una differenza però, e menomale che l’ho trovata. A differenza dell’uomo qualunque, la mia normalità mi fa sentire mediocre. L’uomo normale invece ne è felice, per questo appartiene alla massa. L’alieno che in me, forse, si sta ribellando.

 

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lunedì 20 febbraio 2012

Incubi

Questa notte il mio inconscio mi ha mandato un messaggio attraverso le immagini di un incubo. Era talmente realistico da provocarmi una forte tachicardia ed un’altrettanto intensa sensazione di sollievo al risveglio. Il tutto va interpretato nel contesto del periodo che sto vivendo. Di per sé, considerando la fase di grande serenità che sto attraversando, non è facile dare una spiegazione all’evento. Ma nell’inconscio di razionale non c’è nulla. Ho provato tuttavia a cercare di capire il perché dell’accaduto e forse una mia personale conclusione l’ho raggiunta. Da più di un anno a questa parte non ho problemi di insonnia, o meglio, non faccio fatica alcuna ad addormentarmi; la stanchezza è tale da spingermi tra le braccia di Morfeo in un attimo. Cosa è successo ieri? Mi sono fiondato nel letto e…..ho cominciato a rigirarmici dentro, mi sono appoggiato alla testiera, a prendere le più svariate posizioni. Niente. Poi, dopo aver indotto il sonno sono stato catapultato all’interno di un incubo i cui attori e lo scenario erano assai ben definiti. E’ del tutto probabile che l’eccessivo rilassamento mi abbia reso più sensibile all’insonnia. Mi piace dedurre una personale conclusione: E’ ora di darmi da fare, ed è soprattutto ora di stancarmi non solo di lavoro. Chiaro, devo smetterla di trascorrere i fine settimana guardando per aria, limitandomi ad una sana attività fisica ( che per altro impegna solo una parte della mattina ) e niente altro. Diciamo che l’insonnia può anche generare incubi, ma davvero non so spiegarmi esattamente come mai, tutto questo è capitato in un momento di reale serenità. Non mi pongo più domande, del resto si tratta solo di un sogno. Oppure nel mio inconscio c’è ancora qualcosa di non chiaro, qualche timore reverenziale nei confronti della vita cui devo porre rimedio. Mi diverte anche interpretare il tutto cercando di collocarlo nel momento che sto vivendo. E mi piace ancor di più voler estrapolare anche da una serie di immagini orribili uno sprone a continuare. Se i sogni dicono qualcosa del nostro substrato, allora ho ancora del lavoro da fare. Ma per fortuna non mi sono mai considerato arrivato.

 

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domenica 19 febbraio 2012

La ciliegina sulla torta

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robabilmente non ci sono ancora abituato. E dire che il cambiamento sta avvenendo in maniera del tutto graduale, senza traumi o altro. Ad ammortizzare il passaggio il mio tappeto personale, il mio blog. E’ attraverso questi scritti che alleggerisco ulteriormente il salto di qualità, il quasi definitivo passaggio allo stato di maturazione effettiva. Faccio però ancora molta a fatica a riconoscermi in questa nuova veste di uomo completo. Sicuramente sopravvive in me un retaggio masochistico appartenente al passato più buio, quello nel quale rifiutavo di vedere ciò che agli altri risultava ben chiaro. Ma vedo bene, vedo distintamente la mia nuova immagine, ed il timore è solo quello di bearmi davanti a lei. Timore di risultare narciso? Ma quando mai.. Temo che anche per la settimana a venire non avrò molte occasioni di passare dal blog. Mi sto abituando bene alla mia borsa in tessuto, così pratica, così informale, così poco capiente. Ci metto l’essenziale alla sopravvivenza ma di certo non posso infilarci dentro un pc. E’ una stupidaggine ma mi trovo davanti ad un altro segno di cambiamento: se davvero per qualche settimana sarò in grado di lasciare da parte il mio portatile vuol dire aver compiuto un altro grande passo verso la condizione umana. L’abitudinarietà ed il metodo le lascio in un cassetto. Pur non disdegnando affatto né le pagine del mio diario tantomeno il pazzo mondo del web , credo che un po’ di sana realtà non guasti. Ricordo che solo fino a poco tempo fa mi preoccupavo di essere presente, temevo che il mio silenzio potesse essere frainteso, avevo necessità di seguire tempi e modi di partecipazione al mondo virtuale. Poi, la graduale presa di coscienza, la triste accettazione del “non sei mica al centro dei miei pensieri, chi ti credi di essere?”. E come conseguenza una nuova leggerezza nel vivere i rapporti, ormai sempre più difficili da coltivare anche nel mondo reale. A questo punto ho bisogno di una piccola ciliegina sulla torta, qualcosa che mi manca davvero: vedere luoghi nuovi, scattare mille foto, piazzare il mio treppiedi e dare spazio alla fantasia. E guai a chi mi ostacola, non accetto imprevisti di sorta.

 
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venerdì 17 febbraio 2012

Nella vasca

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guardarlo, il panorama non lascia troppo spazio alla speranza. Eppure quella uniforme distesa bianca che si staglia lungo il percorso del mio viaggio oggi risplendeva di una luce diversa. E’ Venerdì, giorno nel quale mi è concesso di salire sul 15.20 e godere finalmente dei benefici effetti della luce su ciò che scorre al di là del finestrino. Mano a mano che mi avvicino a casa riconosco perfettamente i luoghi delle mie escursioni: fa un certo effetto vedere la strada ed ai lati, solo un immenso tappeto bianco. Pensavo che ci vorrà ancora molto prima di riprendere le due ruote. Siamo tornati a respirare, non dobbiamo più contrarre tutti i muscoli del corpo per il tempo necessario a raggiungere il posto di lavoro. Siamo tornati in Italia. La Siberia, può stare dove sta. Sono questi i temi della natura che mi rendono felice oggi, è un ottimo passo avanti. Giornate convulse. Sempre più netta la linea di demarcazione tra ciò che accade al lavoro ed il mio mondo. Quando varco quella porta per iniziare la mia giornata, la sensazione che mi avvolge è sempre la stessa: è come se io mi trovassi lì e da un momento all’altro dovessi poi andarmene. Non so come spiegarlo, può essere che si tratti del solito meccanismo di autodifesa che va ad innescarsi di fronte ad una situazione necessaria, cui non si può sfuggire. Ho dunque, senza volerlo, elaborato la tecnica di sopravvivenza nel posto di lavoro. Quando mi lascio dietro la porta a spinta invece, raggiungo la mia isola felice fatta di famiglia, di amici virtuali, di pensieri su carta, di piccole cose. Poichè ho dedicato centinaia di post a parlare delle mie difficoltà, del mio pessimo carattere, della mia strana concezione dell’amicizia, mi sia concessa di questi tempi, un’inversione di tendenza. Non voluta, non programmata, ma nata con questo blog, con questi stessi pensieri e che mi vede recuperato come uomo e come amico. Sì perché, sto cercando di esserlo, un amico vero. Cosa che ho sempre preteso dagli altri. Oggi le mie riflessioni sono nate in vasca. Un bagno ristoratore che mi portava a sorridere; pensavo che alla fine non ci sarebbe voluto nulla a capire che bisogna dare per ricevere, che c’è grande soddisfazione nel non pensare agli altrui gesti e nel non analizzare il prossimo. Fare una cernita è d’obbligo, ma per il proprio benessere. Vivere la vita in modo semplice, liberandosi di un’impalcatura mentale che non lascia respirare. Ora sono così. Traspongo esattamente cosa provo. A costo di passare per ottimista.
 
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giovedì 16 febbraio 2012

Il miglior amico possibile

Non lasciatevi ingannare dalla solita, ibrida apparenza; questo articolo costituisce anonima trasposizione di inchiostro su carta. Faccio molta fatica a riprendere confidenza con il mezzo, più che altro manifesto grande difficoltà nel sincronizzare pensieri e penna stilografica. Probabile che risenta ancora di un certo “congelamento” emotivo e che la colpa sia dunque della mente, non del braccio. Cosa scrivo a fare allora? Bella domanda. “Io ho tantissimi amici e sono stimatissimo” : ecco probabilmente questo articolo è frutto di un attacco di ego esagerato. Scherzi a parte, il virgolettato non è altro che l’opinione che di me ha, un amico conosciuto sul più famoso social network. Per non farmi mancare la solita dose di modestia, continuo a non voler vedere e sentire. Da cosa nasce l’autostima? Dal rispetto per sé stessi, innanzitutto. Cosa contribuisce ad accrescerla? Spesso il rinforzo esterno. Trattasi di considerazioni, osservazioni, sottolineature di una realtà ai più evidente. Ma lo vedo anche io. Temo il fatto di essere definito una persona “completa”, temo che agli occhi altrui io risulti “finito”. So di aver percorso parecchia strada e so che spesso, alcune osservazioni denotano superficialità perché, loro malgrado, mediate attraverso le piazze virtuali. La realtà però parla, e dice bene. Cosa fare dunque? Appunto, occorre fare. Mi guardo intorno e vedo positività, altro che piangermi addosso, altro che lamentarmi. Esiste sempre quello stridente contrasto tra evoluzione interiore e mondo inerte. La sensazione è quella di muovermi all’interno di uno scenario monocromatico. E’ tempo di nuove esperienze. Un altro obiettivo raggiunto: sono capace di essere il miglior amico di me stesso. Niente male vero? Sono ormai lettera morta tutte le dissertazioni sull’amicizia, sull’importanza della condivisione. Non ho bisogno di interagire e, qualora lo facessi, non darei alcun peso alle parole. Non esiste il rapporto perfetto, non esiste l’esclusiva. Ho finalmente trovato il migliore amico possibile.

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domenica 12 febbraio 2012

Leggendo una lettera

Ho appena letto una piacevole mail di un amico perduto e fortunatamente ritrovato. Tanta positività in quelle righe, tanta energia, tanta forza interiore. E’ vero, tutto è relativo e, quel che può essere una grande conquista per te, per altri sembra normalità. Ieri mi sentivo un leone, oggi semplicemente un agnello. Ho fatto molta fatica a raggiungere l’obiettivo che in certi momenti temevo non avrei mai ottenuto. Stare bene con sé stessi, ditemi che è poco. Ma non è abbastanza, lo so. Leggere questa lettera mi ha portato a riflettere sulla conclusione del mio articolo di ieri. Ho superato brillantemente le mie prove tecniche di sopravvivenza, ma a questo punto è arrivato il momento di vivere. Mi fa piacere sentirmi dire che finalmente, ho imparato a sorridere un po’. E’ vero, lo faccio con più frequenza e riesco a trasmetterlo a parole scritte. Ma, ripeto, non è abbastanza. Mi assalgono un po’ di farfalle allo stomaco ogni volta che mi accorgo di non avere poi compiuto grandi passi. Ci sono persone che sono decisamente più avanti di me, nel percorso. Mi riferisco alla capacità di godere la vita, non solo attraverso la consapevolezza delle proprie possibilità, ma facendo qualcosa in più. Non parlo della disponibilità di mezzi materiali, quali soldi o altro, bensì alla predisposizione a vivere. La linea che separa la capacità di vivere a quella di godere della vita è nel mio caso ancora troppo alta da superare. Stimoli. Non c’è storia. Ecco, solo ieri ribadivo con fierezza che da quel 20 Dicembre 2010 il cambiamento è stato grande. La maturazione, tanto rapida quanto consapevole. Lo scenario nel quale mi muovo è tuttavia immobile. Per dirla in poche parole, ad un lavoro interiore decisamente produttivo ed in continuo mutamento, corrisponde una perenne stasi di eventi e di persone. Sono assai felice di sentirmi bene, mi impaurisce la mia quasi totale inattività. Leggere una lettera può apparire un’attività banale ed ordinaria. Niente affatto: ancora una volta ho la precisa convinzione che nulla accade per caso e che da quelle parole io non devo essere terrorizzato ma stimolato. Grazie allora al mio amico ritrovato che affronta la vita con costante ottimismo. Sono ancora indietro e ho il fiatone, ma la svolta vera forse deve ancora arrivare.
 
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sabato 11 febbraio 2012

Prove tecniche di sopravvivenza

M
i si sono letteralmente gelati i pensieri. Diciamolo pure, stare lontano dal mio diario per un’intera settimana costituisce evento eccezionale. Ma altrettanto fuori dal comune sono state le temperature degli ultimi giorni. Certo, il freddo glaciale dovrebbe stimolare non poco la voglia di raccoglimento e favorire lo scioglimento delle sensazioni. A me non è capitato. La spiegazione ve la lascio qui: scrivo, leggo, ascolto musica, tutto rigorosamente in treno. Qualsiasi tipo di attività io decida di riservarmi per occupare il tempo “libero” avviene su di un dannatissimo treno. Non si può certo dire si tratti del più romantico dei luoghi, soprattutto per lasciarsi andare ai propri pensieri. Eppure mi sono adattato a tutto questo. Almeno fino ad una decina di giorni fa, prima che la Siberia si trasferisse nel basso Piemonte orientale. Ho persino abbandonato il mio rigoroso metodo di determinazione delle attività giornaliere: oggi musica, domani blog, poi libro ecc.. Ho deciso di lasciare a casa il pc, e tutto il resto optando per la funzionalità. Mi sono riciclato una vecchia borsa in tessuto, di quelle che si possono incrociare da spalla a spalla e via: risultato, mani libere e tanta agilità in più. Sapevo che sarebbe stata una di quelle settimane in cui le componenti necessarie a creare una miscela esplosiva c’erano tutte: viaggio, utenti inferociti e, buon’ultima, la cara Trenitalia. Disagi su disagi, mio Dio, sapevo, ma non immaginavo un tale caos. Pazienza, veniamo a ciò che più interessa: cosa mi ha portato questa settimana in termini di forza interiore? Tantissimo. Il peso della neve caduta è direttamente proporzionale al mio essere ancora una volta una roccia in fase di ulteriore consolidamento. Ci pensavo sul binario, (avvolto dal mio cappuccione di pelliccia mentre i piedi tacchettavano nervosamente sul terreno )  quando non riuscivo a scorgere le luci del treno in lontananza ed il termometro segnava meno 12. Ci pensavo alla fine di ogni giornata, ci pensavo mentre da un treno trasbordavo all’altro senza che nessuno ci avesse avvisato. Ci pensavo ed ero sicuro nel mio profondo ( ma molto profondo ) che tutto questo avrebbe avuto un senso, come sempre. Sono lontano mille miglia da quel 20 Dicembre 2010. Sono lontano anni luce da ciò che ero fino a prima di quella data. Sono un uomo. Che poi, non è ancora finita. Ho un sacco vuoto da riempire con un po’ di vita, vita vera, da vivere. Fino ad ora ho solo fatto prove tecniche di sopravvivenza: e le ho brillantemente superate.
 
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sabato 4 febbraio 2012

Sul trampolino

M
i sia concessa una pigrizia cronica da temperature polari. Tutto gioca a favore di camicioni di flanella, piumoni, e tanta voglia di casa. Siamo alle solite: provo a giustificare l’assenza di una vera vita sociale ma non è poi tanto la presenza fisica di qualcuno a mancarmi. Diciamo che siamo in una fase dell’anno in cui mi sembra di imitare il nuotatore che sta per tuffarsi dal trampolino. Saltella, saltella e poi prende lo slancio finale. Sto saltellando anch’io nell’attesa che il mondo si apra a me con tutte le opportunità che esso offre. Parlo dell’avvento ( ora lo desidero ardentemente ) della nuova stagione. Come sempre si annidano nella mia mente, fino a contorcersi, le idee ed i propositi più disparati. So bene che metterli in pratica come vorrei dipende in gran parte non dalla mia volontà, ma dagli strani giochi del destino. Nonostante ciò fantastico, mentre fuori stiamo andando sotto, ancora. Parlo dello zero. Ballonzolo sul trampolino e riconosco di non aspettarmi un tuffo di quelli che alzano una minuscola goccia d’acqua e scatenano l’applauso del pubblico. Ma in questo 2012 io mi ci voglio tuffare anche di pancia. Ma io la pancia non ce l’ho….vabbè, fa niente. I propositi ci sono, sono sempre gli stessi, ma dovrei provare comunque a metterli un po’ in ordine, a capire come gestirli. Accipicchia, sto cadendo nel solito errore di applicare metodologie e criteri quasi matematici a semplici desideri, a minuscoli piaceri che la vita ci offre. Ed il piacere, la vita in generale fanno a cazzotti con numeri e tecniche di programmazione. Tornando però allo stato di fatto attuale, il camicione di flanella mi cade a pennello. Mi si sta per parare innanzi una settimana abbastanza tosta. E’ come quando una squadra di calcio infila un bel filotto di vittorie e poi tac, per colpa della neve è costretta a non giocare. Alla ripresa quella carica emotiva e fisica accumulata sembrerà essersi dissolta. Idem per il sottoscritto. Ero in fase ascendente. Poi tac, la neve. Ho perso confidenza con il freddo delle 5.30, con le facce da treno, con gli utenti incazzati. Giocoforza mi attendo una settimana più difficile solo perché dovrò ricarburare. Ma cavoli,stare a casa piace a tutti! E io sono quasi contento di tornare a lavorare. Bel matto che sono.
 
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venerdì 3 febbraio 2012

Cieli tersi

C
i voleva questa ondata di freddo Siberiano. Ora, ancor più forte è il mio desiderio di primavera, la mia voglia di aria tiepida che ti accarezza il viso, di giubbotti aperti e camminate salutari. Sogno il momento in cui, quel tratto di viale che mi porta alla stazione comincerà a prendere vita grazie al canto mattutino degli uccelli. Mi sento un poeta da strapazzo. Sono gli effetti del gelo, tranquilli, passerà. Da qualche giorno sono rintanato in casa ed ho pensato bene di uscire un po’ nel pomeriggio ritenendo che sarebbe stato pure salutare abbandonarsi alla sensazione della lama pungente che ti percorre il viso e ti costringe a contrarre ogni muscolo del corpo. Lunedì probabilmente tornerò al lavoro e credo sia importante non perdere confidenza con mister Inverno. Cosa mi passa per la testa in questi giorni ? Niente. Non penso a nulla , e dire che sono a casa da tre giorni. Strano però, ma è pur sempre un segno di grande cambiamento. Il mio, passa attraverso la totale assenza di paturniose elucubrazioni mentali; è questo il segno del reale mutamento. Ci sono ombre, ci sono ancora minuscoli residui del passato da provetto masochista che tornano di tanto in tanto a far capolino. Ma trattasi quasi sempre di condizionamenti esterni inevitabili, vedi lavoro e soliti ambigui personaggi che parlano di amicizia. Sono sulla strada migliore possibile ( parlo in termini di approccio alla vita ) per dare alle persone che mi vivono intorno ( reali e virtuali ) valore e stima il più possibile precisi. E la cosa che mi rende più felice è proprio questa: averne individuate poche e dar loro tutto quanto è possibile. Qualche giorno fa ricordavo a me stesso di non zoomare troppo sugli eventi. Giusto. Ma in questo panorama di cui godo tutta la scintillante bellezza scorgo dettagli che fino a qualche tempo fa mi sarebbero completamente sfuggiti: noto una sempre maggiore propensione alla qualità, noto persino l’affiorare di veri sentimenti di affetto, noto il desiderio di lanciarmi in un abbraccio. Ho finalmente individuato chi vale e chi no. Adesso che ci penso: ma sapete da quanto tempo non mi arrabbio per qualcuno? Sapete da quanto tempo non mando più messaggi subliminali per manifestare un disagio? Sto facendo grandi progressi. Continuo a pensare che la serenità non è un traguardo e non necessariamente ha un aspetto definito. Ma c’è e ora è qui, chiara come il cielo terso d’inverno.
 
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mercoledì 1 febbraio 2012

Nell’armadio

La vacanza forzata di questi giorni mi rende strano. Non che ami così tanto andare al lavoro, soprattutto quando qualche collega mi riferisce di ciò che accade. Ci penso e dico che stare a casa ha il suo lato positivo. Ironia della sorte, non ho fatto in tempo a dire in giro ( vantandomene) di aver “vinto” lo sciopero dei treni senza utilizzare “ferie” che, eccoti il ben servito. Due giorni di “vacanza” per colpa di uno stramaledetto, pazzo e rognoso inverno. Non me li sto godendo come vorrei, semplicemente perché il tempo mi scappa via senza poter fare qualcosa per occuparlo nel modo migliore. Anche i pensieri sono rigorosamente congelati e le parole fuoriescono dalla bocca e dalla “penna” formando condense simili ai goccioloni che provano a scendere dai tetti immobilizzati dal gelo.Oggi avevo voglia di prendere la mia macchina fotografica ed andarmene in giro per questa città ibrida che la neve rende anche affascinante. E non esagero. Ma poi quella stazione barometrica lì, a fissarmi dicendo che fuori, zero gradi non me li levava nessuno. Ho optato per un anonimo pomeriggio fatto di musica. Stamattina però mia madre ha fatto una bella scoperta all’interno di un armadio: tra le mille cose ha fatto capolino la custodia nera di lei, quella vecchia Minolta regalatami dalla buon’anima di mio zio. Lui viaggiava per lavoro in tutto il mondo e di ritorno dal Giappone, portò con sé una sorta di reflex manuale anni 70. Dopo molti piagnistei da parte mia finì con il regalarmela circa 10 anni fa ed io cominciai a sperimentare e mi avvicinai sempre più alla fotografia. Ora che ho una reflex digitale mi rendo conto di quanto sia molto più facile imparare su di un apparecchio che controlli tu, pienamente. E ho deciso di riprenderla in mano, la vecchia Minolta, e di fare qualche scatto. Può essere dunque che domani me ne vada in giro armato di borsello e treppiede. Mi stava sfuggendo questo bel particolare in una giornata sempre e solo apparentemente anonima. Un ricordo che è riemerso. Una persona splendida, un oggetto bellissimo che me la fa tornare in mente. Non ci sono giorni inutili. La presenza di qualcuno li rende sempre unici.
 
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