sabato 31 marzo 2012

Seconda scelta

V
i è mai capitato di rappresentare la seconda scelta di qualcuno? O di rendervi conto che, dopo aver tanto cercato di dimostrare di essere persone fidate e piacevoli, dovete scansarvi per lasciare il passo ad altri, praticamente sconosciuti? Se avessi ancora avuto bisogno di conferme a sostegno della mia tesi ( meglio soli che accompagnati all’inutile mondo degli umani ), ora posso dire di essere giunto ad una conclusione. Io non sono la seconda scelta di nessuno. Come voi ben sapete, io non so chi sono, dove vado, cosa vado cercando. La mia propensione all’asocialità, il non amore verso la relazione, quando superficiale, sono arcinoti. Qui parlo solo di ulteriori piccole dimostrazioni, di come l’innata tendenza umana al privilegiare l’obiettivo giustificando il mezzo costituisca ormai regola di vita. C’è purtroppo, e mi dispiace riconoscerlo, ancora una consistente parte di persone incline al compromesso, tristemente disposta, pur di navigare in acque placide, a farsi condurre lungo una vita vuota ma piena di finte relazioni. Noto con molto piacere di non essere solo in questo mio volere a tutti i costi condannare un certo tipo di persone, e mi accorgo che coloro con i quali mi confido, avvertono le stesse sensazioni di rassegnazione e impotenza. Se è vero che nella vita contiamo innanzitutto noi ( a prescindere ) e che bisogna sempre lavorare sulla propria autostima, lasciate che io continui in questo percorso che mi sta portando verso la totale privazione di ogni velleità di vita materiale. Non agogno nulla che abbia i connotati della finzione, dell’apparire. Da tantissimo tempo non riesco a dare l’opportunità ad una persona di conoscermi per ciò che sono. Mi stanco prima, mi stufo prima ancora di capire che questa o quella persona potrebbero essere un’occasione. Colpa mia, lo so. Ma non ho sensi di colpa. Chi mi ha conosciuto in questi ultimi tempi, non mi ha più considerato perché giustamente gli/le si sono rivelato incostante ed inaffidabile. Ma si può immaginare che, coloro che di te sanno tutto, e di te hanno conosciuto aspetti positivi e negativi senza mai giudicarti, oggi ti mettano da parte? E la ragione? Non la conosco, ma so che quel maledetto fine che giustifica il mezzo, oggigiorno offusca le menti e i cuori. E mi faccio da parte non perché mi sento una seconda scelta, ma per non confondermi con la massa.
 
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giovedì 29 marzo 2012

Vederci chiaro

Non sono certo obbligato a scrivere cose tristi, a piegarmi nei soliti contorcimenti mentali per tenere vivo il blog. Da Lunedì non scrivo e la ragione è duplice: non ho nulla di interessante da raccontare, non ho problematiche interiori che mi assillano. E siccome gran parte delle mie paturnie nasce da una personalissima concezione del mondo esterno e delle sue relazioni, questo porta a credere seriamente che io abbia finalmente imparato la lezione. Bene, molto bene, credo davvero di non avere più argomenti in cantiere. Avevo già provato in passato a buttarla sulla semplice riproduzione del noioso e ripetitivo quotidiano, senza grandi risultati. Non parlo di riscontri, ma del giudizio che io stesso davo del blog. Rifuggo dal lavoro (e dall’ambiente infetto che lo caratterizza) al punto da evitare che esso costituisca argomento di successive trattazioni; sarebbe come dare importanza a qualcosa che in tutta onestà, non ne ha alcuna. Ho assorbito come una spugna le connotazioni indissolubilmente legate alla convivenza forzata; so che devono necessariamente entrare nella mia vita, ma devo opportunamente liberarmene non appena mi è consentito. Quindi via il lavoro, via il solito stillicidio fatto di pubblicità in random nelle stazioni, di gente maleducata, di “ci scusiamo per il disagio”: non ne parlerò, perché diventerei più monotono dei trailer in random sui monitor. Non riesco più neppure a parlare dei miei noiosi weekend, sono tutti uguali. Si è vero, è arrivata la primavera, la mente è aperta, mi sento in forma, ho toccato gli 81 kg e ( occhiaie a parte ) l’incarnato del volto è apprezzabile. Cosa mi manca? Ma niente, dai. Attenzione, ci sono momenti in cui parto per la tangente e comincio a tormentarmi con la solitudine, la totale assenza di stimoli, e roba varia. Ma perché riparlarne ancora? Perché parlarne pensando che questo possa aiutare a cambiarmi? Perché nascondersi dietro la verità più evidente che è quella di un soggetto maturato troppo tardi ,per certi versi anacronistico, e dotato di un’anima fin troppo fragile. E ditemi se sono o non sono un uomo che ha le idee chiare.
 
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lunedì 26 marzo 2012

Cose che aprono la mente

Cose che aprono la mente. Di certo, il ritorno dell’ora legale (nonostante l’inevitabile effetto “jet lag”), è uno degli aspetti che più di ogni altro spinge la mia mente a pensare positivo. Ne è una riprova il primo viaggio di ritorno da Torino illuminato dalla luce del sole. Destino ha voluto che mi accomodassi in treno e, dopo aver poggiato il portatile sulle gambe, mi accorgessi che era completamente scarico. Via, vorrà dire che ( vicini casinisti e maleducati permettendo ) passerò la prossima ora e mezza in totale relax, mi sono ripetuto autoconvincendomi che fosse l’alternativa migliore. Ma la cattiva sorte era in agguato assumendo le sembianza di due studentelli di Medicina. Alla fine della fiera mi sono fatto una vera cultura in tema di batteri, funghi e altre schifezze varie. Promettendo a me stesso di non cadere nella tentazione di trastullare il cellulare mi sono dedicato all’osservazione delle solite case, dei soliti campi, delle solite stazioni che fanno parte del solito percorso. Siamo solo all’inizio, e come sempre, quando sai che ti si para innanzi un periodo climaticamente favorevole, pensi a tutto quello che potresti fare. Ti pervade persino la convinzione che si tratterà di qualcosa di talmente lungo e piacevole da non finire mai. Sappiamo bene che non è così e che il segreto è di godere di tutto il possibile, nel miglior modo possibile. Una ragione di più per vivere intensamente i prossimi giorni, i prossimi mesi. Il mio pensiero va ( lo dico perché è così ), alla mia bici. Credo che comincerò tra un paio di settimane. Non posso proprio dire di essere completamente uscito dallo stato di ibernazione mentale in cui sono precipitato. Né posso affermare di essere tornato a vestire i panni dell’animale sociale. Anzi, continuo a sentirmi bene nel mio piccolo mondo. Ma, avendo io, estremo bisogno di gratificare me stesso, niente più dell’attività fisica per ricominciare a vivere. Cose che aprono la mente. Ah, oggi era Lunedì, quasi quasi non me ne sono nemmeno accorto.
 
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giovedì 22 marzo 2012

Secondo atto

E
rano le sei e mentre mi avviavo in stazione pensavo all’articolo che avrei scritto. Mi sarebbe piaciuto esordire così: “ C’è qualcosa di magico in queste chiare mattine di Marzo, nel sole delle sette che ti batte in faccia”. Magico al punto da invogliarti ( nonostante l’ora ) a spararti la musica nelle orecchie battendo ritmicamente le gambe e le mani. Avrei voluto iniziare così. E’ vero, una giornata storta capita a tutti, ma dedico questo post al mio passato da disoccupato e da ragazzo pieno di problemi. Ho un bisogno assoluto di tornare ad assaporare quei momenti, quella fase della mia vita dove, nonostante tutto, io ero in grado di apprezzarla con le sue manchevolezze. Pieno di problematiche personali e caratteriali ma in fondo, fortunato. Adesso io devo considerarmi fortunato per forza: chi lo dice? Chi lo dice che aver trovato un lavoro fisso significhi essere fortunati? Innanzitutto mi sono fatto un culo tanto per vincerlo, il concorso, nonostante ciò non mi considero un eletto. Anzi. Toglimi lo spazio ed il tempo vitale, aggiungi la certezza di arrivare ad un ormai prossimo esaurimento nervoso in men che non si dica. Io non sono fortunato e credetemi, non mi annoio sul posto di lavoro. C’è qualcosa che desidero con tutto il cuore. Tornare indietro ai miei tempi bui, perché solo allora io vivevo in una dimensione più consona al mio essere. Si perché, non pretendevo, non desideravo, non avevo diritti ma tutto finiva lì. Avevo i miei limiti, mi arrabbiavo, ma non potevo cambiare più di tanto la mia situazione. Ora che recito il secondo atto della mia vita, mi rendo conto che la scenografia nella quale mi muovo non mi piace affatto. E sto seriamente pensando di abbatterla. Mi conosco, sono un impulsivo e temo che potrei fare più danni di quanto non immagini. Non mi piace, non mi piace e non mi piace. Non voglio lavorare e ritrovarmi sempre a dover fare i conti con una vita squallida ed inutile. Ho bisogno di avere gratificazioni ( fossero esse solo qualcuno che ti dice “andiamo a fare una vacanza” con il piacere di dirtelo ). Ho bisogno di vivere. Se non ho niente di tutto questo, delle due l’una: me ne frego totalmente di un lavoro inutile oppure mi tuffo anima e corpo nel mio recente passato. Solo così potrò tornare ad apprezzare la vita, le sue rinunce e i suoi limiti. Torno indietro, e molto volentieri.

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martedì 20 marzo 2012

“Semestre caldo”

I
l “semestre freddo” non era iniziato sotto i migliori auspici. La scomparsa di mio zio, il viaggio verso Sud, la tristezza nel cuore alimentata ancor più dal pensiero rivolto alla chemio di mio padre. Era ancora estate, lo ricordo bene. Tardiva, ma estate. Il fatto di trovarmi in quel luogo pieno di bei ricordi d’infanzia, quello di rivedere dopo tanto tempo il mare avevano uno strano sapore aspro, assai in contrasto con i sentimenti di angoscia che mi pervadevano. In quei giorni di sosta ero pienamente consapevole di essere al top. Strano a dirsi, ma tutto ciò che mi circondava (nonostante avesse un aspetto tetro e malinconico) mi vedeva protagonista assoluto di un momento di grande forza e resistenza. Sapevo di stare affrontando una fase della mia vita con grande grinta e determinazione. Sembra ieri, ma sono passati sei mesi. Cosa è accaduto nel frattempo? Che la mia vita è scivolata via come sempre, secondo una apparente e monotona normalità. Dico apparente perché non sempre ciò che sembra scontato si rivela poi tale. Dicevo, sembra ieri…..In buona sostanza c’è un tempo che scorre via, veloce, divoratore di vita, quel tempo che schiaccia ogni tua velleità di vita normale. Quello che indossa le vesti di un nemico apparente è comunque, lo stesso che ti consola. E’ lui, con il suo scorrere a regalarti consapevolezze e prese di coscienza di chi sei e cosa stai diventando. Ma? Ecco il rovescio della medaglia, quella immobilità, quella stanchezza, quel senso opprimente di tempo che non passa mai che è il tempo del mio universo personale. Il mio è un tempo morto, che ristagna, che non scorre mentre tutto là fuori va alla velocità della luce. E così ti accorgi che cambi, ti evolvi, che hai ancora ulteriori margini di sviluppo personale ma…Ma? Vivi un mondo inerte, e niente sembra modificarsi. Il “semestre caldo” porterà sicuri e certi cambiamenti. Mi riferisco all’approccio alla vita. Ne ho bisogno perché comincia a rappresentare un problema questo mio non farcela a legarmi a cose, persone, situazioni. Ho preso la forma del mio tempo. Mi fermo a queste riflessioni che non significano il solito buon proposito di primavera. Attesto sempre situazioni di fatto. Ed il fatto è che domani inizia la primavera. Buona stagione a tutti.

 
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sabato 17 marzo 2012

Un concentrato di problemi

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on sono ancora del tutto pronto all’arrivo della primavera. Moralmente, spiritualmente e mentalmente vivo in un inverno che più rigido non si può. Sono freddo, incostante, svogliato e umorale. L’avevo già detto questo vero? Mi spiace ripetermi, ma l’intenzione è quella di riempire il foglio bianco, l’unico con il quale mi trovo perfettamente a mio agio. Il mio blog non è più un rifugio dove rintanarmi, in fuga dal mondo ostile. Non è più necessariamente la mia principale valvola di sfogo. E’ semplicemente uno spazio nel quale parlo con me stesso, cosa che non posso fare nella vita di tutti i giorni se non correndo il rischio di esser preso per pazzo. Insomma, stare lontano dal mondo e dal potenziale pericolo che esso rappresenta per un’anima fragile come la mia, non mi sta pesando. La ragione probabilmente va ricercata nel fatto che, (dopo alcuni giorni di isolamento quasi totale) sono giunto alla conclusione secondo cui il mondo non ha colpe. Io stesso ne faccio parte ed io, in primis, sono un umano inaffidabile. Ma quale alieno, ma quale mondo ostile. Come si fa a giungere alla conclusione per cui da soli si sta bene? C’è una parola che torna spesso nei miei articoli più introspettivi, quelli pesanti come il piombo; questa parola è: motivazione. E ne aggiungerei un’altra: stimoli. Oggi pensavo a cosa ci vorrebbe per svegliarmi dal torpore nel quale sono ormai caduto da tempo. Anche abbandonando ogni preconcetto e pregiudizio nei confronti del prossimo, chi e cosa dovrebbe e potrebbe mai svegliarmi? Devo avere stimoli e motivazione. Sono tuttavia affetto da una sorta di congelamento dei sensi e delle emozioni che mi porta a non sbilanciarmi oltre il lecito, a non voler vedere cosa mi può offrire un’occasione, a non guardare mai al di là di me stesso. Sono egocentrico e convinto di rappresentare la più bella e divertente compagnia che io possa avere. Dunque sono anche presuntuoso. Ultimamente noto in me un’accentuata umoralità ed incostanza. Sono tratti essenziali del mio carattere ma capisco di essere stato per alcune persone, una meteora. Me ne rendo conto, compaio sparisco, ricompaio e risparisco troppo frequentemente. Tutto questo non mi fa onore. Ma mi tranquilizza al pensiero che questo sono e sforzarmi di essere un altro non mi riesce. Come sempre vale il detto: “Chi mi ama, mi segua”. Ma si può amare un tale concentrato di problemi?
 
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martedì 13 marzo 2012

Un fallibile perfezionista

Mi chiedo perché io debba arrivare in stazione quando l’orologio segna le 6.00 ed il mio treno parte alle 6.30. Stiamo parlando di me, ecco pronta la spiegazione. Sono sempre arrivato in anticipo agli appuntamenti, non ho mai perso un treno. Mi spiego meglio, una volta un treno l’ho perduto pur arrivando in anticipo di quasi trenta minuti al binario; peccato però, l’amico che doveva partire con me si era addormentato. Gli epiteti allora si sprecarono. Di treni in senso metaforico invece ne ho persi molti, ma riflettendoci bene devo dire che non sono stato molto attento che passassero. Ero distratto, dai, diciamo così. Tutte le sacrosante mattine so che il treno arriva e so che aspetto molto prima di salirci. Passeggio talvolta nervosamente incrociando gli abitanti della stazione: i reduci della notte e quelli dalle occhiaie e dai volti tumefatti dal sonno. E in quel mentre, cerco di distinguermi dalla massa: mica afferro dalla tasca il cellulare e comincio ad allenare le dita. Figuriamoci. Passeggio si, e di tanto in tanto mi sorge il solito pensiero, il solito input al prossimo articolo. Stamane mi si è parata innanzi al cervello la seguente parola: fallibilità. Cercavo di capire come ne avrei parlato qui, come ne avrei reso il più possibile comprensibile e sopportabile la trattazione. La sostanza è questa: agognare la perfezione è il primo sintomo di fallibilità. Più la cerco, ben sapendo che non esiste, più mi riconosco uomo ed umano. Quale deve essere l’elemento che mi fa sentire, e che dovrebbe far sentire un uomo diverso dalla massa? Se ci penso, e lo avevo già detto, non sono mai stato un alieno come ritenevo di essere. Sono semplicemente qualcuno che ha provato incessantemente ad affinare la propria ricerca, pur rimanendo questa, fine a sé stessa. Ognuno di noi dovrebbe ambire alla propria personale perfezione; fatta di piccoli obiettivi ed accurate selezioni. Sentirsi fallibili non ci rende per ciò solo, parte della massa. E allora non è stato e non è un lavoro inutile il mio. Cerco una perfezione che non esiste, ma mi posso definire un fallibile perfezionista.
 
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domenica 11 marzo 2012

Ridere di me

Ora, ho persino stancato me stesso a furia di ribadire la mia voglia di isolamento. Mi sono alienato, la mia campana di vetro sembra anche piuttosto comoda, è inutile stare qui a raccontare sempre le solite storie. Di tanto in tanto, tuttavia, avverto brividi di vita. La tentazione spesso è forte, ma di che tentazione si tratta? Di quella di comunicare al mondo virtuale che ci sono, che non sono sparito. Ma può esistere tentazione più stupida? Pensate che qualcuno se ne sia accorto? Pensate che io abbia ricevuto domande e curiosità sul perché della mia lontananza? Che ridere. Se io in un attimo cancellassi tutti gli account cambierebbe qualcosa? Qualcuno sentirebbe la mia mancanza? Rido ancora. Dunque, a prescindere dal fatto che non frega a nessuno se ci sei o non ci sei ( salvo debite eccezioni che ormai trascendono il virtuale) la questione è un’altra. C’era un tempo in cui, non avendo un lavoro fisso ed essendo affetto da sindrome da scarsa autostima, rifuggivo i rapporti; la ragione era semplice, psicologicamente rappresentava una mazzata la classica sequenza di domande : “Che lavoro fai?, “Sei sposato?” ecc.. Cosa rispondere, cosa raccontare per giustificare l’anacronismo tra età anagrafica e realizzazione personale. Pugni nello stomaco che riportavano a galla, puntualmente, gli errori del passato, i sensi di colpa. A quel tempo ripetevo a me stesso che, se fosse passato l’autobus giusto, tutto sarebbe cambiato. In fondo io sapevo di non essere quello, di amare la gente, di voler vivere. Ed ora che l’autobus è passato e ci sono saltato sopra in tempo? Perché, nonostante tutto continuo a chiudermi in me stesso? Cosa mi preoccupa? Mi fa così tanta paura la gente? Timidezza? Timore di delusioni? Incostanza? Scarsa convinzione nelle potenzialità del rapporto? Insomma sapete che non lo so? E se fosse semplicemente astenia? E se fosse semplicemente che, lavorando per otto ore e viaggiando per altrettante quattro incrociando gente, io non voglia vedere altro che l’ombra di me stesso? No perché una spiegazione devo darmela. Oppure, ma chi me lo fa fare a cercare una spiegazione? Pormi delle domande è lecito, trovare risposte quasi impossibile. Sarebbe opportuno io ridessi un po’ di me. In fondo sono anche divertente.
 
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sabato 10 marzo 2012

Condividere. E perchè mai?

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asterebbe fermarsi un momento per capire tutto. Basterebbe poco. Se solo per un attimo ci rendessimo conto che la felicità dipende da noi e solo da noi, tutto sarebbe più semplice. Se pensate che “felicità” sia esagerato, “serenità” va bene? Il segreto siamo noi. Non c’è necessità di condividere per stare bene, non è obbligatorio vedere le stesse cose con quattro occhi oppure provare le stesse emozioni con due cuori. Perché mai? Tutte le sante volte che proviamo e ci sforziamo di far partecipe qualcuno delle nostre vite, ne usciamo con le ossa rotte. Perché mai? Ne vale la pena? Non ho problemi a definirmi un animale asociale, uno di quelli che ne ha una per tutti, che spacca il capello in quattro, che è sempre pronto a muoverti una critica. Non ho forse il diritto di farlo? Soprattutto mi piace perché l’osservazione non nasce solo dalla semplice curiosità, ma muove comunque da un interesse. Dunque se io ti faccio notare qualcosa, ti lancio un messaggio subliminale non è perché sono un rompiballe cronico, è perché tu mi interessi. I messaggi, le critiche, le osservazioni spesso però non raggiungono i destinatari; questi ultimi, la maggior parte delle volte, non le ricevono o non vogliono riceverle. Mi riferisco sempre all’unico mondo in cui è quasi impossibile dire le cose in faccia: quello virtuale. Qui, tutto è esasperatamente ambiguo, di difficile comprensione; questo è il luogo principe dei fraintendimenti, delle amicizie mordi e fuggi. Io stesso divento di ancor più difficile comprensione e lettura. Ad ogni buon conto, continuo il mio isolamento dalla piazza e più passa il tempo meno sento la tentazione di condividere. Tutto ciò che è internet nasce con l’unico scopo di rendere tutti partecipi di tutto. Io sono la contraddizione fatta a persona: ho sfruttato internet per cercare di riempire i vuoti, per colmare voragini di ignoranza che mi circondano. Non posso negare di aver trovato persone capaci, intelligenti. Poi mi stanco, perché non ne ho più voglia. Sono matto? No, sono volubile, umorale, e pretendo qualcosa che non si può avere, la perfezione e l’esclusiva. L’unico gesto coerente degli ultimi anni si è rivelata la presa di coscienza di essere così, tremendamente complicato, strano, con tante pretese ma senza gli stimoli giusti per realizzarle. E nella mia solitudine ho trovato finalmente la risposta alle mie domande. E’ questo ciò che voglio.
 

mercoledì 7 marzo 2012

Closed

S
tamattina, scoprendo il parabrezza dell’auto coperto da una consistente lastra di ghiaccio ho pensato che, se il buongiorno si vede dal mattino, questo si sarebbe rivelato un mercoledì da leoni. E quando, mentre grattavo, la paletta mi è scivolata sotto l’auto, ho ripensato che più che da leoni, si stava preannunciando un mercoledì di cacca. La notte è stata tormentata; mi sono svegliato che erano le 4.19 e mi sono reso conto di avere difficoltà di respirazione, come se qualcuno mi stesse schiacciando lo stomaco. Girati che ti rigiri alle 5.19 ho messo i piedi per terra e come d’incanto ho ricominciato a respirare. Entrato in bagno, immaginavo il Mercoledì da affrontare e lo stomaco si dilatava al pensiero che non me ne sarebbe importato più di tanto di quanto fondoschiena mi sarei dovuto fare. Il lavoro, il mio , quello a contatto con facce sempre nuove che ti si parano innanzi al suono del “dindon”, ha comunque un potere terapeutico. Sai di non poter sfogare su gente comune le tue frustrazioni per cui la gente devi riuscire ad amarla, anche se a te non frega nulla di ciò che essa ti chiede. Lo fai, e basta. E così il mercoledì da leoni passa e con lui i pensieri; ed è qui, sui sedili blu della prima declassata che riprendono forma. Non ho tempo per ricamarci sopra, giusto quello sufficiente per scrivere qui e poi di nuovo daccapo. Questa è in fondo la mia vita, questo è quanto ho al momento e quanto posso dare. In questo contesto si colloca la mia decisione di utilizzare un’immagine con scritto “closed” a significare il mio distacco dalle piazze virtuali. Non è con questi gesti che si cambia la propria vita, non è con questi gesti che si attira l’attenzione, ma è con questi gesti che si prova a dare un taglio simbolico ad un mondo che non mi dà niente perché io niente so dare a lui. Negli ultimi giorni ho avuto la riprova che ancor di più di quello virtuale, è il mondo reale che può darti mazzate terribili. Persone che conosci e che piano piano ti accorgi non gradiscono la tua compagnia, preferendo una meta al piacere di condividere. Già successo lo scorso anno, ora si ripete. E’ cosmica la mia delusione, è integralista la mia visione negativa del mondo. Ma non mi sento affatto pessimista, anzi. Mi sento una persona il cui obiettivo ora è prendere decisioni che possano realmente cambiare la vita. Tutto ciò che può migliorarmi l’esistenza è legato a scelte che, fortunatamente non devono tenere conto di persone e affetti. E parto già favorito.
 
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martedì 6 marzo 2012

Ilarità

Ci sono due categorie di soggetti che ultimamente suscitano la mia ilarità: trattasi degli inetti e degli ipocriti. Quando poi ( e accade spesso ) le due connotazioni si identificano nella stessa persona, il divertimento è assicurato. Definisco inetto colui che è talmente stupido da pensare di prenderti per i fondelli non accorgendosi che è lui, la vittima di turno. Solitamente però un inetto certificato non si fa mancare una buona dose di ipocrisia. Ed eccola qui, la mia reazione. Ilarità. Qualche lettore Romano potrebbe commentare dicendo “Stai a rosicà”. Eh si perché spesso la reazione divertita ad una presa per il sedere può nascondere comunque un sentimento di fastidio. Un po’ rosico. O meglio, un po’ ho rosicato. Ma la rassegnazione e l’accettazione dell’altro, unito ad un meccanismo di autodifesa producono la reazione divertita. E’ nel mio interesse non concentrarmi affatto sul comportamento altrui, quello che ormai presenta tempi e modi da catena di montaggio. Il mio scopo è quello di autovalutarmi proprio attraverso le reazioni agli stimoli esterni. Continuo dunque a mantenermi su accettabili livelli di autostima nonostante, il fatto di vivere a contatto con gli umani, imponga reazioni anche negative. Non posso dunque ritenermi felice di prendermi delle fregature o di rimanere sempre con un pugno di mosche in mano. Sono sereno. Ultimamente sono umorale. Gli sbalzi rappresentano il sintomo di un malessere che spesso riemerge e che produce in me reazioni  ai più, incomprensibili. Dietro la mia corazza da orso asociale, irriverente e presuntuoso continua a celarsi una persona che richiede attenzioni. Ma che questa volta, non vuole utilizzare stupidi strumenti per sentirsi importante: non ho messaggi subliminali da mandare, non ho da tirare in ballo le “pene” private. Ho da essere me stesso, senza per forza di cose volere il confronto. Sintesi della situazione: rosico, ma mi faccio un baffo di tutto. Non mi lamento, non potrei, perché volutamente non cerco alternative. Sempre più orso, sempre più irriverente, ed anche un po’ presuntuoso.
 
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domenica 4 marzo 2012

Picchi e vuoti

Questo articolo farà storcere il naso a coloro i quali ( ammesso che lo leggeranno ) credevano di aver trovato in me un amico. Sgombriamo dunque il campo da ogni dubbio: non sono e non sarò mai in grado di essere ciò che voi pensavate io fossi. Mi riferisco al grande mondo virtuale in quanto è là che gira vorticosamente la mia presunta vita sociale. I rapporti virtuali ( per come li vivo io ) sono nient’altro che un grande filo sospeso nel vuoto ai cui capi ci sono da un lato quelli che chiamo “picchi di interesse” e dall’altro “ i grandi vuoti da delusione”. Posso dire che le colpe siano equamente divise. Io non sono in grado di ( e a questo punto non voglio ) essere un amico, per una semplice ragione: manifesto paurosamente picchi d’interesse per qualcuno a cui faccio seguire grandi momenti di vuoto e di indifferenza. E’ un mio problema, caratteriale in parte, in parte anche determinato da precedenti delusioni e da situazioni contingenti. Queste ultime giocano un ruolo quasi determinante. Il tempo è praticamente inesistente, e, sinceramente parlando non ho voglia di dedicarne altro in modo sconclusionato ai rapporti virtuali. Io, che sono un perfezionista. Un po’ per costrizione, un po’ per innata natura dunque, non sono un essere che ama le relazioni. Lo dico e lo ribadisco. Non sono giustificazioni per spiegare comportamenti spesso ambigui. Si tratta di constatazioni ed ammissioni che fanno un po’ il pari con le mie perenni e continue accuse di scarsa capacità di coltivare i rapporti, mosse verso più persone. Dico tutto ciò perché a molti ho promesso incontri, mangiate, ed altro ben sapendo che non ce la farei a sostenerle. Perché, se è pur vero che tutti lavorano, è anche vero che ognuno metabolizza in modo soggettivo e, che, il bioritmo di uno non è uguale a quello dell’altro. Per togliere il problema alla radice la soluzione più semplice sarebbe quella di scomparire dal mondo virtuale ma, anziché farlo, prediligo di gran lunga fermarmi alle scuse e ributtarmi a capofitto nelle passioni reali e più strettamente soddisfacenti la mia persona. Non scherzo quando affermo di essere diventato un orso, intrattabile, asociale e presuntuoso. Un po’ per costrizione, un po’ per innata natura. Non posso dare e non pretendo di ricevere. Ma non voglio neanche soffrire perché qualcuno poi, si comporta anche male. E non mi va di ritornare su questi discorsi. Ecco, ho detto tutto. Continuerò ad essere qui. E a non pretendere nulla. 
 
 
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giovedì 1 marzo 2012

Ritorno alle origini ( Le calende )

Avverto il bisogno di tornare alle origini. Non so come spiegarlo ma ci sono abitudini a cui è meglio non abituarsi. Chiaro il concetto, no? Parliamo della quantità di tempo che vado a sprecare quotidianamente; mi riferisco al totale di circa quattro ore che regalo ai viaggi, alle scarpinate da Porta Susa oppure inalando l’acre odore del primo 52 di primavera. Trenitalia, nonostante l’odio atavico nei suoi confronti, rappresenta pur sempre un’isola felice. Sono fortunato: sia in direzione Torino, sia sulla via del ritorno io, un posto sul treno lo trovo sempre. Nell’ultimo mese e mezzo, complici le temperature Siberiane e l’esigenza di non appesantire ancor più la mia schiena, ho messo il portatile in soffitta. E con esso anche tutta una serie di abitudini ed appuntamenti ( quasi ) fissi. Me ne sono beato per un po’, ritenendo di essermi finalmente liberato di quegli orridi schemi mentali di cui sono appassionato collezionista. Ora tutto questo mi manca e la ragione è semplice: ne sento il bisogno. La qualità di cui vado parlando da un po’ deve essere pur sempre coltivata, tenuta viva. E per farlo a volte, occorre aggrapparsi a piccoli schemi, a piccole abitudini che guai, ripeto guai, si perdessero. Occasione per questo ritorno alle origini, le calende di Marzo. Ci pensavo uscendo dalla metro, quando gli occhi vanno al cielo per forza di cose e tu lo vedi chiaro, azzurro, e sono le 8 del mattino. Come puoi non essere felice di questo? Ed ecco, tra i pensieri mattutini quello, piacevolmente ossessivo della data di inizio. Ma di cosa? Ma della stagione sui pedali. E se fossero le calende di Aprile? Inizierei un mese prima rispetto allo scorso anno e due rispetto ad un paio di anni fa. Ne ho proprio bisogno. Ritorno alle origini significa tornare alle più belle abitudini che un abitudinario forzato possa avere. Trovate romantico e piacevole vedere sempre le stesse facce cadaveriche, i soliti maleducati da pullman, le stronzette urlanti raccontarsi le loro esperienze amorose sul treno? E allora torno ai miei schemi. Mi sono mancati, e con loro la mia valigetta nera tanto capiente. Non peserà più di tanto, dato che con il tempo avrò il grande piacere di non portare addosso il grande fardello del guardaroba invernale.
 
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