lunedì 20 agosto 2012

Quarantaquattro

A

ncora una settimana di lontananza dal mio diario. Non è voluta, è che il periodo è pieno. Fa caldo, caldissimo. Le occasioni in cui mi è concesso prendermi una pausa sono poche e quasi sempre arrivo sul treno completamente sfiancato. Come ora, del resto. Ma probabilmente oggi ho qualcosa, una motivazione che mi spinge ad andare oltre il calore che mi opprime e mi rende debole e quasi inerte. Oggi ho compiuto 44 anni. Anzi no, li compirò tra qualche giorno. Ma qualcuno ha anticipato i tempi, regalandomi una bellissima sorpresa. Ed allora eccomi di nuovo lì, stordito, emozionato, impacciato come un bambino. Tengo a sottolineare che l'imbarazzo che provo ogni volta in cui vengo a trovarmi (mio malgrado) al centro dell'attenzione è del tutto autentico. Ed è espressione del mio più recondito animo bambino. Abbasso gli occhi, penso e dico che non merito questo, vorrei che tutto, anche un evento come il compleanno, scivolasse silenziosamente nel dimenticatoio. Credo che la ragione principale di ciò stia di casa nel modo in cui mi comporterei io in situazioni simili, verso gli altri. Discretamente, in punta di piedi. Ma ci sono persone che sanno stupire, che sanno cogliere l'essenza di qualcuno e capiscono perfettamente quella che è la mia reazione. Perchè vorrei dire che sono felice di tutto ciò ma non riesco a dimostrarlo. Non sono sicuro che questo dipenda dal mio progressivo inaridirmi, penso sia solo una questione caratteriale e basta. Stamane avevo progettato di scrivere un articolo, non fosse altro per dare acqua a questa pianticella. Avrei esordito dicendo che mai, come in questo periodo, mi era capitato di guardare un po' oltre il mio naso senza paura. Di farlo senza temere che poi, quella piccola aspettativa potesse infrangersi contro il muro delle illusioni. Pensavo anche di dire che mi voglio godere questo momento di leggerezza, e lo voglio fare in modo semplice, magari cullandomi un po' nella speranza che qualche cambiamento arriverà. Voglio ringraziare in particolar modo Laila, collega ma soprattutto amica. Penso, anzi sono convinto che impegnarsi per vivere la propria vita puntando sulla qualità porti sempre un grande beneficio. Parlo di qualità dell'animo, parlo di semplicità di gesti, di parole dette piano ma con il cuore. In fondo la vita è questa. Saper scegliere, saper conoscere, individuare tutto ciò che ci rende felici e ci fa sentire a nostro agio. Persone, cose. Grazie anche a chi mi ha fatto sentire importante e che non cito qui. Ma loro lo sanno.

 
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lunedì 13 agosto 2012

Una pagina alla volta.

I

l rientro è stato morbido, più di quanto potessi immaginare. E pure con qualche sorpresa attinente al mio futuro lavorativo. Ne parlerò a tempo debito. Ci ho messo del mio, e ne sono felice, perchè come tutti sappiamo non sono solo gli eventi a renderci felici o tristi, conta moltissimo la nostra predisposizione. E dopo quei quindici giorni di riposo io già qualcosa l'avevo imparata. Riesco a mettere nero su bianco un po' di pensieri sparsi dopo circa una settimana e questo non mi consente alcuna riflessione a caldo. Fidatevi però, sto bene. A volte “twitto” e facendolo, riesco ad esprimere concetti importanti in pochi caratteri (centoquaranta). Ieri, ad esempio, ne ho postato uno con riferimento alla mia fragilità emotiva nella fase iniziale di un rapporto. Ho scritto questo : “Ti offrirò di leggermi piano piano, come le pagine di un libro e se riuscirò a non farti conoscere la fine, probabilmente ti innamorerai di me”. Un chiaro richiamo alla tempesta emotiva di cui sono vittima consapevole, non appena sento di legarmi a qualcuno. Un turbine di emozioni che spesso mi fa dimenticare tutto, persino quei pochi scogli a cui so di potermi aggrappare. Uno stravolgimento che scopre tutte le carte e che è quasi sempre figlio della paura. Che poi, a sua volta è diretto discendente di un'altra ossessione: la solitudine. Ho pensato molto alle mie fobie, ai pianti che ne conseguono, alle carenze che spesso esasperano i toni di un legame, magari embrionale. Mi ci vuole una sorta di equilibratura. Quando sto bene, come ora, è perchè riesco perfettamente a gestirmi, a non lasciarmi trascinare troppo dal nuovo che entra nella mia vita. Che poi, cos'è e dov'è tutto questo nuovo? Parlo semplicemente della mia apertura al prossimo che tocca la mia vita, magari la sfiora soltanto e che per me è sempre motivo di attenzione. Ritornare al lavoro sta indubbiamente agevolando l'opera di dosaggio emotivo senza però farmi dimenticare che sono un uomo ancora pieno di carenze. Devo fare alcuni progressi fondamentali: imparare a scegliere, agire dopo averlo fatto, e possibilmente capire che non è il caso di focalizzare eccessivamente l'attenzione sull'altro. Va bene, bando alle ciance. Ho ancora un po' di giorni di lavoro prima di un'altra settimana di ferie che trascorrerò in Umbria. L'obiettivo è vivere bene questi giorni, non preoccupandosi di ciò che accade ed accadrà. La predisposizione è essenziale. I cambiamenti, a volte necessari, a volte determinanti per fare il grande salto; e allora non sarò solo spettatore ma piena parte in causa. Magari mi diverto anche.

 
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sabato 4 agosto 2012

Si ritorna

E

ccoci qui, il tempo ci prende per il culo alla grande. Lunedì torno al lavoro e ricordo bene la mia frase prima di varcare la porta un paio di Venerdi fa: “In men che non si dica sarò di nuovo qui, il tempo ci fotte sempre”. Ricordo i crampi allo stomaco, la paura di non saper completamente disattivare il cervello, temevo seriamente non me la sarei goduta. Vorrei fare con voi, come se stessi parlando ad un amico ( quanto ne avrei bisogno in questo momento, Dio solo lo sa ), alcune riflessioni. Non so cosa mi aspetterà dal punto di vista professionale. Di sicuro troverò lo stesso inferno che ho lasciato quindici giorni orsono, ma le novità arriveranno probabilmente da Settembre per cui mi sembra piuttosto prematuro parlarne. In questi quindici giorni la mia mente non si è presa una vera vacanza, concentrandosi su quelli che sono i limiti della personalità e del carattere. Ho capito quanta strada c’è ancora da fare per poter costruire un Enzo pienamente capace di resistere agli urti. C’è una parola che mi ritorna in testa di continuo e che ben si addice a molti aspetti della mia esistenza e quella parola è : paura. Ho paura di volare, ho paura di iniziare, ho paura di finire, ho paura di rischiare. Prendetemi per matto: ieri pomeriggio tornando dalla piscina parlavo da solo in auto. Come se avessi qualcuno accanto, tiravo fuori questo discorso sulla paura. Mi ripetevo che niente può cambiare, meno che mai io, se non mi metto in testa che non posso sempre iniziare qualcosa senza finirla. Smettila Enzo di camminare in punta di piedi se poi, al momento di fare il salto, torni con i piedi a terra. Paura. La ricerca a livello virtuale, sebbene dettata da uno stato di necessità, può travolgerti e affossarti se affrontata anch’essa con paura. Non avere paura di fare nuove conoscenze, affronta tutto con la giusta leggerezza. Me lo ripetevo ieri, in auto. Devo sgombrare il campo. Non posso avere paura di me stesso, nemmeno del futuro, ancor più grave averne del presente. Se il presente non mi piace, posso agire, ma devo andare sempre e comunque fino in fondo. Mi devo giocare le carte. Con questa determinazione, tutto andrà bene.

 
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venerdì 3 agosto 2012

Saggezza mattutina (?)

S

orrido. Per una volta mi sforzo di lavorare sulle rughe del mio viso, quelle zampe di gallina che non ho e che sono inoppugnabile testimonianza di occhi che non ridono. Sorrido se penso che basterebbe un nonnulla per essere felici e dimenticare noia e malinconia. Basterebbe impegnarsi a fondo nel vivere in modo superficiale quelle relazioni umane che, negli ultimi anni, hanno perso ogni connotato di verità per far spazio a maschere con il volto di schermi e tastiere. Eppure io ancora piango, e devo passare a volte attraverso una lacrima facile, occhi che si gonfiano, movimenti della gola a buttare giù il cosiddetto “groppone”. Ma si può piangere in un’era superficiale e sintetica come quella di Internet? La domanda che mi pongo in realtà è un’altra? Si può piangere per così poco? I luoghi comuni e i detti in questo caso si sprecano; il primo a suggerirmi la saggezza popolare è : “Chi di spada ferisce, di spada perisce”. E allora piango sul latte versato (ops, un altro detto… ) perché pure io ferisco ed ora tocca a me. Non è un gioco di compensazioni, la vita, questo lo so. Ma nell’affrontare il percorso che conduce alla serenità, è un dovere non dimenticare. Chi siamo stati , cosa abbiamo fatto, e cosa potevamo evitare di fare. Le lezioni vanno imparate in fretta, la vita non ti dà tempo. Ma spesso quando finisce un’amicizia, seppur virtuale, seppur fugace, c’è modo e modo di reagire. Ed io in questi frangenti mi trasformo. E divento talmente paladino della mia anima e del mio corpo da passare per egoista. Sono un’anima fragile, che non accetta la fine. Ma è triste pensare che non sono cambiato di una virgola, che sono sempre il solito insicuro, il solito debole che si aggancia a chi passa, sperando di poter essere tenuto su, quasi questo mi liberasse di ogni peso. In realtà quello che mi manca sono io. Innanzitutto. Mi manco in maniera esponenziale. Non è che non voglio più piangere, ma non voglio più passare attraverso tutto questo per rendermi conto di quanto sia facile vivere. E in questo timore sta tutta la mia grande fobia di arare il terreno, di prepararlo a nuovi frutti, perché è più forte il terrore di una grandinata che spazzi via tutto. E poi, per chi vale piangere? Per me, si. Perché dopo aver pianto è come se la mia anima si fosse liberata di cento chili di grasso. E poi? Dunque sono stato punito. Ora è toccato a me. La porta mi è stata sbattuta in faccia. Siamo pari? Ricomincio da dov’ero rimasto allora, continuando a fare assaggiare la mia colazione e poi, via. Chi si accontenta gode ( e baccati un altro detto.. )

 
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mercoledì 1 agosto 2012

Cerchi concentrici

L

a vita compie giri immensi nel corso del suo rapido scorrere ed al suo interno le nostre piccole vite, fatte di esperienze e persone, ne fanno altri più piccoli ma sicuramente più vorticosi. Mentre questi cerchi concentrici roteano ad una velocità folle, sembra che tutto ci colpisca, ci riguardi e che qualcosa nella nostra vita potrebbe essere destinato a cambiare. Per poco. Non appena la macchina infernale si ferma, tutto ritorna come prima, forse meglio di prima. La sostanza è la seguente: non abbiamo una grande percezione della vita “esterna”, nel senso che i giorni passano, i mesi pure, figuriamoci gli anni ma noi niente, non ci pensiamo. Possediamo invece una sostanziale consapevolezza delle piccole vite che si muovono all’interno del grande contenitore. E questa consapevolezza ci regala l’illusione che la vita abbia un non so che di meraviglioso, che vada sempre la pena essere vissuta. Ma i cerchi concentrici girando formano di nuovo un grande cerchio e alla fine tutto è di nuovo vita. Quella più superficiale. Potrà essere vero che io non voglia cambiare nulla ma ho anche, spesso e volentieri, la dimostrazione che tutto quello che può entrare nella tua vita per modificarla, è destinato inesorabilmente ad estinguersi con una velocità impressionante. Nel mentre, cadi pure nell’errore di perdere di vista quel “sicuro”, quell’”abitudinario” che è ormai il tuo mondo. In questi giorni di totale fancazzismo la mia complicatissima macchina cerebrale ha cercato di muoversi con maggiore scioltezza e disinvoltura. Pur oliando gli ingranaggi per effetto del riposo mentale, non sono riuscito a farla rimanere inerte. Ora che sto scendendo la scaletta che mi porterà alla porta dell’inferno Lunedì, posso affermare con certezza di essermi riposato, sì. Di avere avuto tempo per pensare a ciò che entra e ciò che esce dalla vita e sono giusto a questa conclusione: le persone entrano cariche di entusiasmo, per un attimo io stesso mi esalto. Provo a capire se è veramente questo che voglio ma non ho il tempo, perché chi è entrato, mi ha già deluso. Non è solo che non voglio io, è che diciamolo dai, la qualità non è affatto eccelsa. Vabbè, in questo momento la mia vita dentro la vita è tornata statica, al punto di partenza. Quindi riprenderò a godermi la vita che sta ai bordi, quella che scorre per giorni mesi anni e di cui si ha una percezione davvero limitata. Alla prossima.

 
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