giovedì 28 giugno 2012

E la barca va

E

adesso ci prendo anche gusto a scrivere di nuovo su questo diario. E dire che in questi mesi di latitanza, l’ispirazione c’era tutta. Al termine delle otto ore di lavoro gli argomenti da trattare c’erano, ci sono sempre stati, per non parlare poi dei casini a casa, delle discussioni. Credete forse che riuscissi ad evitare di fare il lamentino? L’ho fatto a voce alta, esordendo all’entrata in ufficio con il quotidiano “Che stress!”, oppure tornando a casa con il classico rituale del “ Che palle anche oggi!”. Ho dunque solo dimenticato di mettere tutto per iscritto, ma di fatto sono tornato e sono quello di sempre. Come dicevo ieri, mi sono isolato dal mondo, e, diciamola tutta, per alcuni ho rappresentato una meteora. Da questi “alcuni” ho ricevuto in risposta al mio silenzio, altrettanti silenzi. Non ho mai giudicato queste reazioni come un segnale di menefreghismo, semplicemente ho dedotto si fossero ( giustamente) stancati di me. Potrei stilare una lunga lista di nomi da cui mi sono progressivamente allontanato; non è stata sempre una scelta consapevole diciamo...sono stato negligente. Si tratta di colpa, non di dolo. Sono condannabile ma magari anche riabilitabile. Detto questo mi ritrovo al punto di partenza, ovvero sempre immerso nello stagno di una solitudine perenne, ma per nulla legittimato a lamentarmene. Di una cosa sono certo: anche per una questione di credibilità e di orgoglio non cercherò più queste persone cui ho dato un’immagine del sottoscritto piuttosto “ballerina”. Ah, e dire che sono sempre stato il primo a lamentarmi dell’altrui superficialità, della inaffidabilità. Basta, ho la netta impressione che non ne parlerò più. L’ultimo viaggio in solitaria ha aperto (ed era prevedibile) delle voragini in quelle che erano le mie convinzioni più radicate. Non esiste motivo di giudicare, non esiste ragione di prendersela . Durante il viaggio ho messo in fila i miei limiti, le mie mancanze, le fragilità, le debolezze. Ed è partendo da questa ennesima consapevolezza che tutto mi appare più leggero. Affrontare gli altri non è più una battaglia, non significa dover dimostrare qualcosa a tutti i costi. Mi aspetta un viaggio in acque placide, a bordo della solita nave incerta ma fiera del suo progredire. Nonostante tutto.

 
lunaC

mercoledì 27 giugno 2012

Una certa predisposizione

I
l percorso involutivo di cui sono stato protagonista negli ultimi mesi ha raggiunto il suo apice nella giornata di Domenica. A questo punto si prospetta uno scenario di eventi già visto: rientrerò nel pieno possesso delle mie facoltà mentali e verrò rimbalzato al punto di partenza, pronto a ricominciare. Si tratta di fasi cicliche, sempre più frequenti negli ultimi tempi della mia vita. Partendo dal presupposto che mi costa fatica ( anzi, mi è impossibile ) riuscire ad apprezzare i momenti di vera serenità che la vita mi offre, di recente è come avessi scelto consapevolmente di non vivere, escludendo me stesso e gli altri da ogni possibilità di interazione. Di questa ennesima fase “down” non conosco le reali ragioni che l’hanno provocata. E questo mi riporta alla mente le parole scritte di un vecchio amico di penna che ho perduto negli anni; era il 1993, vivevo il pieno dei miei 25 anni eppure, evidentemente qualcosa già non andava. Non ho più la possibilità materiale di leggere gli scritti, ma, tenendo conto che il mio interlocutore era persona sensibile e profonda, il giudizio che ne usciva risultava perentorio, quanto attendibile. Ricordo perfettamente che ad un certo punto egli mi fece notare questo mio frequente cambiamento di direzione sul fronte dell’umore, quegli altrettanto ripetitivi momenti di totale abbandono. Non aveva avuto remore nel dirmi che a suo parere io avevo una latente predisposizione alla depressione. Ed è la prima volta che menziono questa parola all’interno del mio blog. Sono pienamente convinto di aver vissuto quegli anni in totale serenità, avevo amici, numerosissime interazioni sociali (attenzione, REALI, NON VIRTUALI). Ma tutto era sintetico. Forse proprio quell’ iperattività andava a mascherare un malessere interiore già presente; e non fu l’unico a farmelo notare. Più di un indizio. A questo punto mi viene da dire che non è questione di età, non è questione di un amico o centomila. E’ questione di “una certa predisposizione”. Detto così, mi troverei di fronte ad una diagnosi ferale, cui non è possibile opporre alcun trattamento. Come vedete mentre scrivo cerco di capire. E di fare luce su questo Enzo che sembra non riesca ad uscire dal tunnel. Non è che non sono io, è che vorrei essere un altro, libero da questo peso che potrebbe rivelarsi sempre più pesante con l’andar del tempo. Eccomi dunque rimbalzato ancora al punto di partenza. Chissà, magari qualcosa è destinato a cambiare.
 
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domenica 24 giugno 2012

Tempo perso?

C
osa ci faccio davanti a questo foglio nel bel mezzo di una caldissima Domenica d’estate? Ma deducetelo voi. La risposta non è poi così del tutto scontata, perché verrebbe naturale dire che non ho altro da fare. Mentirei, perché d’estate, nonostante il caldo soffocante, qualcosa di bello da fare c’è sempre, persino dormire. Ricorderò questa Domenica a lungo ed è questo uno dei motivi che mi ha spinto a trasformare tutto in lettera scritta. Ultimamente dimentico le cose con molta facilità e mi rendo conto di non aver più sentito da tempo, quell’esigenza di mettere nero su bianco. Chissà perché, poi. Non parlerò di quello che è accaduto oggi e che renderà questa prima domenica d’estate come qualcosa da ricordare. Mi piacerebbe soffermarmi sul totale abbandono in cui verso negli ultimi mesi, su come io mi sia lasciato trascinare dagli eventi. Qualche ora fa, ho fatto una passeggiata all’ombra dei giardinetti in cui giocavo da piccolo e mi sono tornati alla mente gli eventi della scorsa estate, primo fra tutti, la malattia di mio padre. Ricordo di quanto io fossi perfettamente in grado di dare ad ogni singolo giorno che vivevo, un preciso e significativo valore. Insomma, questo ora non accade, forse perché ho dimenticato l’importanza di molte cose e mi sto nuovamente abbandonando a ciò che è privo di senso. Quando torno a preoccuparmi, ad arrabbiarmi anche solo per il problema delle vacanze, vuol dire che ho perso la trebisonda, che ho bisogno di nuovo della mia bussola per rimettermi nella giusta carreggiata. Le difese si sono abbassate, e quando questo accade, non riesco a trarre beneficio nemmeno da ciò che invece, riesce a darmene in quantità esagerate, vedi ad esempio la bici. Ecco, sono finito nel solito mulinello e ora tutto mi sembra di nuovo confuso, senza un preciso valore, senza un chiaro scopo. Giunge a puntino a questo punto il periodo delle vacanze. Ci ho provato anche quest’anno a pormi un obiettivo che fosse un breve viaggio ma non c’è stato niente da fare, e ancora non mi sento pronto ad affrontarne uno in totale solitudine. Non è un problema. Le vacanze ora servono per cercare di rimettere i problemi a posto dando loro un preciso ordine d’importanza. E’ una calda domenica d’estate, e pensate che questa mattina, dopo i sessanta chilometri di ieri, ne ho fatti altrettanti cinquanta. Il fatto che io ne parli così, furtivamente al termine del post non è un buon segno.
 
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mercoledì 20 giugno 2012

Cose della vita

Raggiunti i "quaranta" si presume uno abbia imparato a dare il giusto peso alle cose. In quasi mezzo secolo accadono eventi di svariato tipo e quelli di un certo peso emotivo dovrebbero aiutare a capire come agire. Si tratta di riconoscere il vero senso della vita nelle cose che accadono e non dimenticarlo. Ecco, non dimenticare. Sono un uomo straordinariamente fortunato perche' giunto a questo punto del cammino posso dire che nulla mi e' mai mancato di cio' di cui ho avuto bisogno: sto parlando della famiglia. E di questo mi sono spesso dimenticato. Cosi' come ho spesso scordato di quando quelle fondamenta che credevo indistruttibili hanno cominciato a vacillare sotto il peso dell'eta'. I genitori invecchiano e non si puo' di certo pensare che siano sempre loro a ricordarti per cosa ci si deve struggere e per cosa no. Mi sono dimenticato pure di cosa ho provato e di quanta paura mi ha attanagliato quando il timore di perderli sembrava tanto reale da rendermi totalmente in balia della mia fragilita'. Il luogo comune recita che non si diventa vecchi, bensi' saggi. E allora perche', spesso mi arrovello in faccende e struggimenti di poco conto? Forse perche' ho ancora un'anima e probabilmente un cuore. Lo sto negando a me stesso ultimamente, mi vanto del fatto che niente e nessuno possa piu' darmi motivo per un gesto di rabbia, per un'ora di sofferenza. Non e' propriamente cosi', probabilmente ci sto male ma riesco a non farlo vedere, odio piangermi addosso. C'e' un totale senso di sfiducia verso il prossimo che il piu' delle volte si ritrova a pagare un prezzo non dovuto. Ma io ora sono questo, e sicuramente sto sempre piu' scavando una voragine tra me e il mondo. Non so odiare e non so provare totale indifferenza, credetemi. Ho un'anima ed un cuore. Non so piu' amare, questo e' il punto, o forse non ne ho voglia. Con questo post sto convincendo me stesso di non essere quel mostro freddo ed insensibile che talvolta mi vanto di essere. Peccherei tuttavia di scarsa autostima se escludessi responsabilita' altrui; ce ne sono, ma fanno parte del gioco e vanno tenute in considerazione. A questo punto concludo dicendo che posso ancora permettermi di arrabbiarmi, di farmi sentire, di parlare a sproposito, di voler passare per cio' che non sono; in fondo , futili o no, sono sempre cose della vita. Mi si conceda ancora comportamenti al limite della credibilita', mi si permetta una certa umoralita'. Pazienza, perdero' qualcuno nel frattempo. Sono nel bel mezzo di una tempesta dove utile e futile si mescolano in un'unica massa informe. Vediamo come ne esco.
 
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martedì 12 giugno 2012

Tiro acqua al mio mulino

L
a vita è un terribile contratto; lo stipuli quando sei totalmente incapace di intendere e di volere ed è pieno di clausole vessatorie. Ad un certo punto della tua esistenza ti illudi di poter sfuggire a quelle che sono norme e regole già scritte, ovvero provi ad amare, sperimenti cosa sia una grande delusione, ti illudi di avere un cuore. Poi, fortunatamente rientri nei ranghi. A quarant’anni e spingi ti rendi conto che la vita è un negozio tra due parti palesemente sproporzionato quanto al peso specifico dei contraenti. La vita è una partita persa sin dall’inizio, ma solo per chi pensa di ammorbidirne i tratti “giuridici”. A quarant’anni e spingi, quando hai finito di illuderti, capisci che per essere un contraente di un certo peso, è necessario fare il gioco dell’altra parte ovvero, stare alle regole. Della mia razionalità ho pensato di tutto; inizialmente credevo si trattasse di un grande limite alla capacità di amare, poi ne ho apprezzato il valore fino a considerarla un elemento connaturato alla mia persona, dunque imprescindibile. Non sono più capace di garantire stabilità nei rapporti. Quante volte lo devo ripetere? Perché risulta inaccettabile questo fatto? Fare un esame di coscienza non è da pochi. Ma l’altro/a non sarà mai soddisfatto. Se scegli di essere ipocrita o se ti manifesti in tutta la tua onestà, avranno sempre qualcosa da osservarti. E allora non si conviene che è meglio stare da soli? E poi, non vi sembra strano che coloro i quali affermano di saper amare, sono gli stessi che ti impongono razionalissimi aut-aut? Questo per dire che in fondo, raggiunta una certa età pare più dignitoso ammettere le proprie debolezze piuttosto che ergersi a maestri di vita e di amore. Può darsi che io stia tirando acqua al mio mulino, può darsi che testardamente non voglia accettare la possibilità che si possa ancora provare qualcosa, nonostante tutto. Può darsi. C’è un aspetto della vita che la rende comunque gradevole e quasi divertente, seppur “chiusa” all’interno del suo recinto fatto di ragione. Ipocrisia: ce n’è a bizzeffe. Quanti sentimenti esternati con facilità, parole lasciate volare senza comprenderne il significato. Il mondo delle relazioni oggi è questo. Non è meglio il silenzio in questi casi? Ma non dite che tiro acqua al mio mulino.
 
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sabato 9 giugno 2012

Puff ! Ricompaio.

Non me ne vogliano gli amici o pseudo tali, i miei lettori e tutto ciò che mi ronza intorno. A me, è mancato solo il blog. Nell’ultimo mese e mezzo sono stato letteralmente inghiottito dal tempo e mi sono sentito prigioniero di esso come Pinocchio all’interno della balena. Ho aspettato che quel maledetto animale che credevo amico facesse un grande rutto e mi sputasse fuori, finalmente libero. So che non ha molto senso dire : “Da domani ricomincio” perché con il tempo non si scherza. Sono stato in parte incapace di gestirmi gli spazi ( e lo sono tuttora ), sono stato letteralmente travolto dal lavoro, dalle novità che stanno caratterizzando la mia sfera occupazionale, ho lasciato che tutto mi travolgesse. E il blog? Mentirei se dicessi che ho fatto di tutto per scrivere. Un tempo ci stavo male, ora no. Questo mi preoccupa. Ho trascurato alcuni amici, o almeno ne ho avuto la netta sensazione. E dalle reazioni di alcuni di essi ho potuto anche capire il loro valore, il ruolo che essi hanno nella mia vita. Con grande stupore e rammarico mi è capitato di ricevere alcune rimostranze da persone che credevo capissero la mia situazione. Mi è dispiaciuto sentirle dispiaciute; ma nello stesso tempo ho avuto la conferma che basta poco per perdere gli amici. La regola per tenere a galla i rapporti non è la quantità, ma la qualità. Poche righe, anche saltuarie, ma sufficienti a dire che ci sei, che esisti ancora. Perché il virtuale, se sottovalutato si ribella e ti dice che al di là dello schermo esistono anche persone. Vero, verissimo. Sono fatto così, lascio che gli eventi trascinino me e tutto ciò che a me è legato. Non posso fare altro che dire : “Mi dispiace”, ma non sono tenuto a dimostrare niente, meno che mai a giustificarmi. Sono troppo recenti le esperienze che mi vedono attendere con ansia un segno dalle persone che mi vogliono bene e invece…niente. Come sempre, sceglierò chi merita e mi ci dedicherò, qualitativamente. In questo ultimo mese e mezzo ho dato tutto il meglio di me stesso al lavoro, e sono finalmente giunto al punto di massima autostima per quanto concerne le mie capacità. Ho continuato a pedalare, ma non come vorrei. Sto provando a programmarmi le vacanze. La vita non è solo lavoro, non è solo amici virtuali, è anche vita vera. Che non ho. Ma provo sempre a dare il meglio di me, e continuerò a farlo a prescindere dal giudizio altrui.

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