martedì 31 agosto 2010

Quarantadue

15mOggi mi è venuta la febbre alta. E’ arrivata a 42 e temo di poter delirare. Per chi mi ha seguito fino ad ora nell’avventura che questo blog rappresenta, probabilmente non costituirà novità il fatto che io dica cose sottosopra. Beh, a maggior ragione oggi, dunque. Amici lettori, mi sia concesso oggi più che mai, mi sia consentito in questo giorno di fine estate (in cui arrivo a quarantadue primavere) dire di tutto e di più. E’, lo premetto, un compleanno sempre più simile ad altri; magari meno “carico” emotivamente per via del fatto che dopo i “18”, solo quelli a cifra tonda lasciano segni. Ed io, il quarantesimo l’ho già festeggiato ( a proposito, sono gia passati due anni…ma evito discorsi retorici sul tempo che avanza..). Dunque, un giorno molto simile ad altri: potrei renderlo diverso evitando di pensare, lasciando perdere le solite turbe e dandomi alla gioia e al divertimento più sfrenato. Perdonatemi, ma non mi riesce. Sono semplicemente consapevole che si tratti, io lo voglia o meno, di un giorno particolare, che sento mio. Ed è forse anche per questo che non ho mai voluto “celebrare” o farmi “celebrare” non amando io ritrovarmi al centro dell’attenzione, a recitare la parte del piccolo (è pur sempre un compleanno) protagonista. Che gioia tuttavia ricevere gli auguri, sentire trillare un cellulare spesso muto, ascoltare il calore di voci lontane. In questo giorno non mancano le piccole sorprese, quelle che ti fanno sentire un po’ importante. Andando indietro nel tempo come sono solito e mi piace fare, non riesco a trovare un 31 Agosto di quelli, come si dice, mitici. Colpa mia, probabilmente; come dicevo prima non ho mai fatto nulla affinchè questa data fosse un giorno da ricordare. E mentre scrivo questo articolo, mi sto rendendo conto del fatto che sto creando un motivo per avere memoria di questo compleanno. Un “quarantaduesimo” le cui emozioni sono tradotte in scritto, e comunicate alla rete, al mondo di amici, ed è la prima volta che accade. Me ne ricorderò eccome. Non ho comprato una torta, non ho brindato. Probabilmente tra qualche giorno, nel bel mezzo del mio viaggio a Firenze, ne troverò l’occasione. Sarà il momento opportuno per tornare su di me, per ricordarmi che ci sono e che prendermi ogni tanto alla leggera non guasta. Un grazie, anche attraverso questo blog, a tutti coloro che mi hanno manifestato il loro affetto attraverso gli auguri. Di cuore.

lunedì 30 agosto 2010

Capodanno

mezzanotteAchi fosse interessato comunico che domani qui, è Capodanno. Lo so, siamo sempre avanti, noi Alessandrini, sappiamo guardare oltre e prima di tutti gli altri. E così anticipiamo tempi e festeggiamenti. Siete dunque tutti invitati al “Capodanno Alessandrino”. Sono venuto a conoscenza di questo evento tramite le tivù locali e i manifesti sparsi un po’ per tutta la città. Mi sono chiesto quale importanza rivesta il 31 Agosto tanto da dover essere celebrato. Risulterei di parte se dessi la risposta dal mio punto di vista: domani è il mio compleanno e la città ha così inteso celebrarmi a modo suo. Pretenzioso, vero? Ho invece saputo che questo giorno che chiude Agosto , nella mentalità degli organizzatori è stato scelto come quello che simbolicamente meglio rappresenta il passaggio dall’estate ad un nuovo anno di lavoro ed impegni. E allora, cosa c’è di meglio di buttarsi tutto alle spalle e brindare alla nuova stagione che sta arrivando, all'insegna dell'energia e frivolezze varie? Io rimango piuttosto perplesso se non altro perché non ho mai capito nemmeno cosa significhi il Capodanno vero e proprio, quello che canonicamente celebriamo il 31 Dicembre. La maggior parte di noi è avvezza a festeggiare, ma cosa veramente? Che si tratti di un anno o semplicemente di una stagione, le celebrazioni che segnano un passaggio spesso lasciano fraintesi. Festeggiamo dunque: chi ha trascorso una stagione schifosa, potrà brindare ad un nuovo sfavillante inverno. Chi invece si è goduto l’estate berrà alla sua salute con malinconia. Questo Capodanno Alessandrino sarebbe a me passato del tutto inosservato se mia madre non avesse deciso di partorirmi proprio il 31 di Agosto. Ho smesso da tempo con i buoni propositi, le solite promesse mai mantenute che si è soliti fare in certi momenti. Il Capodanno vero è per me un giorno come gli altri, non un momento di passaggio. Ed ora ci mancava quello Alessandrino: mi tocca anticipare tutto di qualche mese: un anno in più e una stagione che finisce. Voi che dite: domani, meglio festeggiare il Capodanno o il Compleanno? O nessuno dei due? All’articolo che segue l’ardua sentenza. Ai miei concittadini che festeggeranno, auguro Buon Capodanno.

domenica 29 agosto 2010

Vatti a fidare

La serata di ieri è stata prolifica. Intimamente non ero al top; un po’ di stanchezza fisica e come sempre, qualche pensiero di troppo, temevo avrebbero minato il convivio. Non è stato così, mi sono perfettamente calato nella situazione e ne ho tratto beneficio. Mettimi seduto ad un tavolo, aggiungici uno degli ultimi cieli stellati a far da soffitto, condisci il tutto con un mix di ironia, semplicità e momenti di serio confronto ed il gioco è fatto. Una serata quasi ideale. Si è parlato anche di fiducia; pare sia normale ( quasi naturale direi ) diventare diffidenti con l’andar del tempo. Il percorso della vita è costellato di fregature, incontri sbagliati, errori di valutazione. Istintivamente reagiamo ad eventi di questo tipo promettendo a noi stessi di non fidarci più, di non essere più così sciocchi da ricaderci ancora. Io sono l’eccezione che conferma la regola. Mi rivedo giovane e già molto diffidente, deciso, incapace di vedere le sfumature per poi scoprirmi fin troppo ammorbidito con gli anni, istintivamente portato a concedere incondizionata fiducia. Ma allora che sta succedendo? Accade che, l’eccessiva diffidenza, in passato, non è servita a rendermi immune dai vampiri, e dalle sanguisughe di turno. E allora ho provato a smussare gli angoli, a dare un’ immagine più morbida, meno incline al giudizio e al preconcetto. Risultato? Ancora fregature. Le domanda che mi pongo è la seguente : “Sono un gambero che percorre il tragitto all’indietro, oppure sto semplicemente giungendo al termine di quel percorso che è la definizione della personalità? Devo dunque accettare di essere una persona che ispira e dà fiducia? Il fatto poi di ispirare fiducia può essere già un bel punto di partenza per nuove fregature? Domande, sempre domande, che spesso non trovano risposta o meglio, la trovano, quando ormai il gioco è fatto. Sono sempre l’ultimo a sapere le cose.

sabato 28 agosto 2010

Il passeggero

Mi capita raramente di essere “trasportato” e mi riferisco al più comune dei mezzi di trasporto ovvero, l’auto. Guidare è tra le cose che più mi indispone contribuendo ad innalzare in modo esponenziale i miei livelli di ansia ed insofferenza. Sono lontani i tempi in cui, appena presa la patente, credevo di poter conquistare l’Everest; eppure, mio malgrado, mi ritrovo sempre seduto al posto del guidatore.Durante questi ultimi due giorni trascorsi a Milano ho finalmente potuto godere della gioia di essere trasportato, di fare il “passeggero”. Stare seduti sul sellino posteriore di uno scooter facendosi beffe degli automobilisti esasperati in coda al semaforo, non ha prezzo.Ho apprezzato moltissimo questi momenti, il piacere dell’aria sulla faccia, poter alzare la testa per ammirare ( parola grossa ) le strutture dei palazzi e dei nuovi impressionanti grattacieli in costruzione, soffermarsi sui balconi fioriti e su quelli con vista sui cavalcavia, anneriti dallo smog. Nel mentre, i pensieri vanno e vengono, di tutto e di più, mentre vieni trasportato tra auto impazzite e tratti in pavè che ti fanno sobbalzare. Nell’esatto momento in cui scrivo questo articolo mi trovo ad essere nuovamente passeggero. La disgraziata linea ferroviaria che da Milano mi porta a casa oggi pare quasi degna di nota. Le campagne della Lomellina baciate dagli ultimi raggi di un’estate tardiva scorrono veloci al di là del finestrino; veloci come i miei pensieri di passeggero. Penso alla bella stagione che se ne sta andando e piano piano mi trasporta verso l’ennesimo lungo inverno. Attingendo da una famosa canzone scritta da Enrico Ruggeri, potrei affermare con certezza che l’inverno è un concetto che il pensiero ( il mio, ovvio ) non considera. Dunque continuo a rimanere su questo treno senza fermate, continuo a guardare cosa accade al di là del finestrino. Il mio biglietto ha su scritto una precisa destinazione : serenità. Spero di non dover essere costretto a guidare, mi piace così tanto fare il passeggero. E voi, vi sentite più passeggeri o guidatori?

mercoledì 25 agosto 2010

La spugna

Otto giorni alla partenza e ci risiamo. Sta gradatamente cominciando a “montare” l’ansia, il timore di non saper staccare completamente la spina ed il rischio di dover portare con me una valigia più pesante del dovuto è piuttosto alto. Da anni nella nostra casa vive un ospite indesiderato che non si riesce a sfrattare, quest’ospite si chiama appunto, ansia. Due componenti della mia famiglia ( madre e sorella ) ne sono portatori sani, io e mio padre le vittime inconsapevoli. Spesso all’interno di queste quattro mura tutto viene incredibilmente ingigantito, anche le situazioni più banali vengono interpretate nel modo più sbagliato. I toni dei dialoghi ( quando si riesce a dialogare ) crescono rapidamente in decibel e finiscono in discussioni esagerate, frastornanti. Invidio mio padre perché lui, a differenza del sottoscritto è, senza dubbio capace di farsi scivolare addosso le cose. Io invece sono una spugna; assorbo tutto poi devo pur strizzarmi ed ecco spiegata l’impulsività che spesso nasce da sciocchezze, comodi pretesti per liberarsi di ciò che è stato accumulato. Quando la prospettiva è quella di vivere qualche giorno lontano da questi muri, lontano da questo frastuono, inspiegabilmente, anziché esserne felice divento preoccupato. Ovviamente l’idea di viaggiare mi trasmette anche un’ansia positiva, c’è un’attesa, ci sono i preparativi e questo non può che rendermi felice. Ho imparato negli ultimi anni a gestire l’ansia peggiore, quella che ti blocca, quella che ti rende timoroso di fronte a situazioni serie nelle quali devi fornire una prestazione (chissa’ come mai, dopo venti esami passati all’Università avevo deciso di fermarmi….. ). Potrei parlare di tantissime situazioni in cui la paura, l’agitazione, hanno avuto la meglio. Si può imparare a gestire l’ansia, anche vivendo in un ambiente ormai infettato. Non è facile perché solitamente ciò che carichi negativamente stando al suo interno non riesci a non trasmetterlo agli altri. E allora l’unico modo è scervellarsi alla ricerca di continue soluzioni che ti facciano apparire una persona equilibrata, che sa gestirsi ed è altrettanto gestibile. Dedico questo post a coloro che spesso mi vedono umorale, lunatico, a quelli che mi dicono ( e giustamente ) che c’è una misura per tutte le cose, che ad esse va dato il giusto peso. Lo so, io ci provo a cambiare. E a volte dovrei essere capace di non provare nulla, lo ripeto spesso. Allora, Firenze, io mi sto preparando, mi sto impegnando, lo prometto. Mi assento per due giorni: non dite poi che non ho cura della vostra salute.

martedì 24 agosto 2010

Sui pedali

Forse mosso a compassione per quel ciclista sempre solitario, oggi ha deciso di farmi compagnia, il vento. E’ stato amico e crudele al tempo stesso regalandomi un ritorno con le ali a fronte di un cammino iniziale ove l’unica immagine che mi tornava alla mente era quella del ragioniere Ugo Fantozzi durante la mitica Coppa Cobram: occhi a palla e lingua chilometrica rasente il suolo. Sto colorando un po’, mi sia concesso. Oggi stavo decisamente meglio d’umore e le gambe ne hanno risentito positivamente. Ancora una volta, un cielo incerto, minaccioso a tratti ha influito non poco sulla prestazione. Ho puntato tutto sulla velocità, alla faccia del vento contrario: sicuramente, in fase di andata si è trattato di un test attendibile considerando appunto le condizioni climatiche sfavorevoli. Al ritorno ho spinto decisamente sui pedali tuttavia aiutato non poco dal vento a favore. Sono stati sicuramente notevoli i progressi rispetto all’ultima uscita. “Corpus sanus in mente sana”: mi permetto di scomodare i grandi Latini e di capovolgere la locuzione; credo non faccia una grinza affermare che laddove l’anima viaggia su alti livelli, il fisico ne risente positivamente. Peccato, davvero peccato che probabilmente questa sia stata la mia ultima uscita della stagione; il contachilometri segna circa 600, ma solo ora mi sento di poter dare ulteriormente un ulteriore colpo di coda. Il desiderio più grande è quello di acquistare per la prossima estate una bicicletta da corsa; non per giustificarmi ma, cavalcare una mountain-bike ( per quanto leggera nel suo telaio ) comporta fatica maggiore. Sarebbe ora di dare una svolta e di puntare su un mezzo più agile che mi consenta di affrontare percorsi più eterogenei e tentare salite più impegnative. Coltivo in me la speranza di un’ultima uscita e decido di lasciare le emozioni legate a questa stagione sui pedali ad un altro articolo. Lo dico piano, quasi sottovoce, ma sono orgoglioso di me.

lunedì 23 agosto 2010

Il corso delle cose

Quel 23 Agosto di sette anni fa, a Roma, è cambiato il corso delle cose. Nello specifico, è cambiato il corso di un’amicizia. Nata sulla carta da lettera era poi diventata “reale” in un freddo pomeriggio Milanese di circa sedici anni fa. Sono numeri che danno i brividi al pensiero di quanto labili siano oggi le amicizie. La calda estate del 2003 segnava ormai l’undicesimo anno di un rapporto basato sulla semplicità, sull’ironia, sulla battuta sempre pronta, sul sorriso a far da sottofondo ad ogni incontro. Credo che non ci sia piazza, bar ( anche un po’ sfigato ) o pizzeria dove le nostre risate ancora non risuonino. Eppure quell’Agosto avrebbe completamente cambiato il corso di ogni cosa, avrebbe spezzato il tempo, facendoci inevitabilmente prendere strade differenti. Gli anni successivi a quel fine settimana caldo, caldissimo in tutti i sensi, non sono trascorsi invano. Ciò che successe nell’immediato fu qualcosa che non seppi gestire affatto, e dal punto di vista emotivo e da quello pratico. Ricordo che, da quando tornai a casa non seppi trovare modi, parole, gesti che fossero capaci di porre rimedio ad uno sbaglio. Quando ti accorgi di aver perso una persona, e cerchi di recuperare, spesso non sei lucido, dici o fai cose che il più delle volte sono sbagliate oppure si collocano nel momento meno opportuno. Non è facile rinunciare ad una persona con cui si sono condivisi momenti belli; io poi faccio molta fatica ad elaborare il tutto, a farmene, per così dire, una ragione. Il mio obiettivo è sempre stato quello di ( se non recuperare un’amicizia ormai persa ) dare un’immagine di me, matura, consapevole di tutto ciò che era successo. Intanto la vita va avanti, cambiano le situazioni personali e tutto scivola nella scatola dei ricordi. E, oggi, 23 Agosto 2010 io ho voluto tirare fuori da quella scatola un triste ricordo. Ora che sono sempre qui, attraverso questo blog, a lamentarmi delle pseudo amicizie, delle situazioni di comodo, delle realtà virtuali come specchietti per le allodole, rimpiango la sostanza di certi momenti, la genuinità delle parole che Internet non aveva ancora avuto modo di plasmare. Grazie ancora per quei momenti.

domenica 22 agosto 2010

Fatica

ciclismo

Per la prima volta, ieri, sono rimasto deluso dalla mia uscita in due ruote. La giornata era stupenda, sole e umidità, come si conviene alle giornate di Estate piena. L’intento era chiaro, scaricare le tensioni accumulate la sera precedente e tornare rinfrancato nell’umore e nello spirito. E’ stata proprio l’ansia esagerata di raggiungere l’obiettivo a rendermi le gambe pesanti, a farmi apparire anche la più semplice delle salite, una montagna. L’ostinazione poi mi ha portato a raggiungere il traguardo senza nemmeno fermarmi per la solita pausa rinfrescante. Non so che mi stava prendendo ma, ad un certo punto la mia salivazione era a zero, la testa ( forse anche complice quel maledetto casco ) pulsava a mille e casa, ancora lontana. “Ma che ci sto a fare qui?”, mi sono chiesto. Cominciava a montarmi su la rabbia unita alla fatica che ormai non mi consentiva di superare i venti chilometri orari. Odiavo il sole, odiavo il caldo, odiavo quella bellissima giornata che mi vedeva protagonista in negativo. Ho persino scaricato le colpe sul mio gioiello, sulla mia compagna fedele, e pensavo che l’anno prossimo avrebbe fatto una brutta fine, soppiantata da un ben più leggera bici da corsa. “Tutta colpa sua”, pensavo, ho le gomme molli, il cambio non è ben oliato…Giunto in garage, in un bagno di sudore appoggio al muro il mezzo senza nemmeno degnarlo dello sguardo compiaciuto con  cui sono solito salutarlo. Doccia e pastigliazzo per il mal di testa. Non riesco a riposare, la stanchezza eccessiva mi rende agitato, nervoso. La sera, piantato davanti a questo schermo comincio ad avere le farfalle nello stomaco. Induco il sonno leggendo ( ma ci avro’ capito qualcosa? ) e finalmente è mattina. Sono qui, sto meglio. E’ stato un incidente di percorso, per l’ultima uscita sarò in gran spolvero.

sabato 21 agosto 2010

Lezioni

All’indomani dell’ennesima lite per futili motivi, dell’ennesima serata tanto attesa e rovinata provo a trarre alcune conclusioni a mente fredda. Primo: devo assolutamente iscrivermi ad un corso accelerato allo scopo di imparare a contare fino a dieci. Le scuole elementari ti hanno insegnato ad usare i numeri per fare calcoli. Io ne ho bisogno per trattenere una maledetta impulsività che mi fa continuamente apparire come un soggetto delirante che, prima afferma una cosa poi, dopo un secondo un’altra e via dicendo. Quindi, respirazione, un bel “uno, due , tre ...” e via dicendo non guasterebbero. Secondo: ho constatato con sorpresa la mia capacità di essere sorridente e gioviale anche quando dentro sto da schifo. Pensavo seriamente di non essere in grado di mascherarmi dietro una battuta, persino un sorriso più che abbozzato. Sono bravo, lo riconosco. Fare “buon viso a cattivo gioco “ è probabilmente una tecnica che parte dalla grande capacità di azzerare l’emotività facendo trasparire solo la ragione e la freddezza ad essa legata. Bravo Enzo. Terzo: sto seriamente valutando l’idea di isolarmi ulteriormente dal mondo. Vorrei farlo non tanto attraverso stupidaggini del tipo : “ Spengo il cellulare e non sono reperibile per nessuno” in quanto la tentazione di accendere per vedere chi mi ha cercato sarebbe più forte. Anche decidessi di scrivere solo sul blog significherebbe comunque mantenere i contatti con la realtà. Dunque, essendo io di questo mondo e pensandomi essere sociale, potrei scegliere di stare con gli altri e al tempo stesso non stare con nessuno. Una sorta di entità, poi gli altri pensino ciò che vogliono, giusto? Quarto: mai parlare degli assenti. Non si deve, non mi piace, non è giusto, soprattutto quando si parla di “certi” assenti. Sfogare la propria rabbia, lanciando critiche deleterie verso chi continua comunque a farmi arrabbiare è la scelta meno “di carattere”. Quinto: oggi, più che mai, sessanta chilometri sui pedali non me li leva nessuno.

venerdì 20 agosto 2010

Mare

Come tutto ciò che si ha sempre a portata di mano e che per questo talvolta crea assuefazione, anche il mare della Liguria non riesce più ad impressionarmi. Sono figlio del Sud, ho trascorso le mie estati di bambino e adolescente laggiù ragion per cui il mare per me è quello delle case bianche, delle spiagge infinite, degli scogli che rendono l’acqua cristallina. Da un paio d’anni vedo il mare una volta sola all’anno e per un giorno, non di più, dunque si fa di necessità, virtù. Tempo addietro la linea Torino-Genova era di gran lunga meglio servita in termini di quantità di treni che percorrevano la tratta; oggi ( al di là degli ordinari disservizi Trenitalia) la situazione è cambiata. Io, prediligo il Levante Ligure. E’ vero, le spiagge sono pressochè inesistenti, ma vi sono luoghi che ancora riescono ad incantarmi per la bellezza del paesaggio. L’estate scorsa scelsi di visitare Monterosso, una delle meravigliose Cinque Terre, quest’anno ho optato per Portofino. Arriviamo a Santa Margherita Ligure dopo quasi due ore trascorse all’interno di un treno regionale sporco e superaffollato. La piccola cittadina offre poco, se non la solita fili di ristoranti per signori, uno attaccato all’altro sul lungomare ed un delizioso centro storico con la bellissima Chiesa dedicata a Santa Margherita il cui interno merita una visita. Dopo un’ora ci imbarchiamo per raggiungere Portofino che “tocchiamo” dopo circa quindici minuti. Il mare agitato ci priverà del piacere di visitare l’Abbazia di San Fruttuoso. Portofino è una piccola perla; un porticciolo dove fanno bella mostra di sé quattro o cinque tragh…yachts, un piccolo centro dove ovviamente è consigliato fare tutto meno sedersi ad un tavolo per consumare, e un bellissimo percorso “natura”: tutto qui. Consiglio vivamente proprio quest’ultima attrattiva che muovendo dal porto sale fino al Castello Brown ( che domina la baia ) lungo un sentiero immerso tra piccoli olivi. Da qui si godono scenari mozzafiato; peccato che il tempo l’abbia fatta ancora da padrone coprendo di grigio il cielo d’Agosto e regalandoci solo saltuariamente qualche squarcio di sole. Il viaggio di ritorno sull’interregionale La Spezia-Torino ( unico treno a “servire” la tratta ) si preannuncia lungo. Arrivederci, mare. L’anno prossimo sarà tutta un’altra storia.




mercoledì 18 agosto 2010

Il mio “Nord”

Sono totalmente privo di senso dell’orientamento. Riuscirei a perdermi all’interno di una casa di più di 100 metri quadrati. Beh, forse esagero ma chi mi conosce sa che faccio molta fatica a ritrovare la strada ogni volta che mi reco in un luogo nuovo. Avrei dunque bisogno di una piccola bussola che mi faccia uscire dal solito impasse; a volte persino il navigatore in auto riesce a confondermi. Dunque, non ho speranze. Come sempre è importante che al mio fianco qualcuno mi venga in soccorso, mi indichi la direzione, mi riporti se non altro a ritrovare l’auto all’interno di quei grandi parcheggi dei centri  commerciali di oggi. Ho bisogno di punti di riferimento come il pane, devo sapere che qualcuno esiste ad indicarmi la via, a darmi il giusto indirizzo verso il quale sto faticosamente camminando. La stabilità emotiva, la mia, tempo fa passava anche per questo, per quel “Nord” al quale si guarda per continuare il cammino e ritrovare la strada. Nel corso degli anni i miei punti di riferimento sono stati tanti, persone di cui mi sono fidato e che una volta dissolte mi hanno lasciato non poco disorientato. Avete presente il gioco della mosca cieca? Ecco, spesso mi sono sentito come colui al quale vengono bendati gli occhi per poi farlo roteare su stesso. Riconosco di aver avuto spesso l’occhio clinico nella scelta dei miei punti di appoggio, agivo da uomo bendato. I miei scogli si sono sempre rivelati scivolosi e poco adatti ad appogiarvisi. Quindi , altro giro su me stesso, altra ricerca e….altra fregatura. Ultimamente mi lascio andare a considerazioni poco clementi sul genere umano, in particolare sugli esemplari che sono passati da qui, per la mia strada. Non appena sono stato in grado di liberarmi della benda, ho trovato, da solo, il mio Nord. Ci voleva tanto? Anni e anni per capire che si può stare in equilibrio da soli? E allora, ben venga il passante pronto a dirmi quale strada devo percorrere per raggiungere la Via o la Piazza di turno. Sia benedetto l’amico che si ricorda al mio posto la fila dell’immenso parcheggio ove ho lasciato l’auto. Per il resto, sono sbendato ora, dunque, faccio strada io.

martedì 17 agosto 2010

Insensibile ed egoista…Sarà vero?

Stato di calma: non apparente, aggiungerei. Da quando i fantasmi se ne sono andati, come del resto avevo previsto, i pensieri sono tornati lentamente al loro posto; ora hanno finalmente una direzione precisa. Quello che caratterizza questi stati di calma è probabilmente un ordine così preciso dei pensieri tale da darmi la sensazione di non pensare affatto. Mi chiedo se è questo a rendermi sereno oppure l’esatto contrario. Nella sostanza mi sento bene ma, non ne esiste motivo. E’ strano tutto ciò? No, non è la prima volta che riesco a prendere emotivamente le distanze dalla realtà e dall’insoddisfazione, isolando la mente. Ne ho incredibili benefìci, tanto da sentirmi quasi…sereno. Si tratta più o meno di quello “stand by” emotivo che talvolta vorrei addirittura indurre allo scopo di evitare sofferenze ed altri stati d’animo poco piacevoli. Invece il mio stare sereno è in questi giorni del tutto naturale. La difesa è dunque alta, appaio meno vulnerabile, mi sento propositivo. Come dicevo, non esiste un motivo a tutto ciò. Ce ne vuole prima di affermare che sia qualcuno a farmi sentire così. A volte penso che quella serenità che tanto desidero, per la quale spesso e volentieri combatto inutilmente prescinda dai rapporti e dalle persone che mi circondano. So che solo con le mie forze, solo raggiungendo quegli obiettivi che possono aumentare la mia autostima posso realmente stare bene. Viene naturale pensare che la mia concezione di serenità sia molto vicina all’idea di riuscire a non dipendere da niente e da nessuno e per certi versi è così. Sono cambiato negli anni, mi ritengo ancora una persona estroversa che ama socializzare e condividere i momenti più belli con le persone che più ama. Ma, la mia soddisfazione personale, la mia tranquillità, vanno al di là dei rapporti interpersonali, dei sentimenti per questa o quella persona. E’ crudo dire questo, appaio egoista e insensibile, lo so. Ma se non riuscissi a pensarla in questi termini almeno una volta nella vita, certi (anche i più piccoli ) traguardi me li sognerei. Per molto tempo i sentimenti, gli affetti, le amicizie hanno avuto nella mia vita un ruolo tanto importante da finire con il distogliermi dagli obiettivi concreti, quelli che ti fanno diventare un uomo maturo e responsabile. E ancora oggi sto qui a rincorrere..Coloro ai quali sono realmente affezionato non mi fraintendano, loro per me hanno un’importanza enorme. Ciò che voglio dire è che non sempre sono le persone e gli affetti a darti tutto ciò di cui hai bisogno. Parlo sempre da uomo ferito, questo è chiaro.Ora scatenerò un putiferio..

lunedì 16 agosto 2010

La volta buona?

treno Dopo due tentativi andati a vuoto, forse ci siamo. Con l’acquisto dei biglietti ferroviari si può dire sia ufficialmente iniziata l’attesa in vista della partenza, destinazione Firenze. Per ben due volte, quest’anno e quello scorso ci avevamo provato, prenotando albergo e viaggio poi, per diverse ragioni è saltato tutto. Scaramanzia imporrebbe che dunque non fossi qui a scriverne e a parlarne ma ho deciso di sfidare tutte le superstizioni del caso e buttare giù un po’ di emozioni . Mancano diciassette ( a proposito di scaramanzia..) giorni alla partenza poi finalmente sarà Toscana. Non ho mai nascosto il mio affetto per questa regione, la mia preferita, senza dubbio. Ho visitato diversi capoluoghi di provincia ( Lucca, Pisa, Siena ), ho trascorso una settimana da favola in un Agriturismo nelle vicinanze di Arezzo, insomma, mi piace. Ha inizio ora la fase che io prediligo in assoluto, quella dei preparativi. Programmare la visita di una città d’arte è secondo me essenziale, non si può arrivare sul posto e…chiedersi “Da dove si comincia?” Ho quindi trovato alcuni itinerari che “coprono” il nostro periodo di soggiorno ( 3 giorni ) e sicuramente ne faremo tesoro. Abbiamo altresì riservato una giornata piena per visitare Siena, una delle più belle città toscane, un piccolo gioiello. Le emozioni sono quelle di chi ormai, da tempo, si concede un piccolo regalo in prossimità del compleanno, un modo per esorcizzare l’età che avanza paurosamente. Firenze, Roma, Parigi, Monaco di Baviera: da circa quattro anni ogni prima settimana di Settembre vado a zonzo. Voglio, devo, vincere la mia fobia del volo: credo di essere quasi pronto, l’anno prossimo si farà. Tante, troppe le città che vorrei visitare, prima fra tutte Londra. Sto fantasticando, la prospettiva di un viaggio è una di quelle sensazioni che più riesce a rendermi sereno. E allora..meno diciassette..

domenica 15 agosto 2010

Andar per castelli..

Il Castello di Racconigi, in provincia di Cuneo, è stata la meta del mio Ferragosto. Il cielo grigio e la pioggia intermittente non mi hanno fatto desistere dal proposito di visitare la residenza estiva dei Savoia. Racconigi è raggiungibile in circa un’ora e un quarto (da Alessandria) con un percorso misto tra autostrada e provinciali varie. Il Castello, come già notato a Venaria ( sede di un’altra residenza reale da poco restaurata ) si erge in pieno centro cittadino e alle sue spalle si estende un immenso parco della lunghezza di circa tre chilometri. Confesso che ad attrarmi inizialmente era proprio la possibilità di visitare quest’oasi verde, definita il parco più bello d’Italia per il 2010. Nuvole e cielo grigio hanno smorzato in modo deciso i colori rendendo a noi visitatori scorci e paesaggi dai toni bianco e nero. Fortuna (?) ha voluto che fossimo risparmiati dalla pioggia così da poter passeggiare con sufficiente tranquillità. L’estremità del parco opposta al Castello è occupata dalla Margaria, una sorta di imponente complesso agricolo raggiungibile percorrendo a piedi ( per i romanticoni, in carrozza …) l’intero percorso. Al centro, un piccolo lago spezza l’uniformità delle grandi distese verdi ( lasciate purtroppo piuttosto incolte). Ho apprezzato molto la visita alle sale della Residenza; Marisa è la nostra guida. Un paio di occhi azzurrissimi, secca secca e perfettamente impostata, ci ha deliziato della sua spiegazione per un’oretta abbondante. Le stanze, le grandi sale di rappresentanza hanno un non so che di vissuto: Marisa ha confermato essere intenzione della Soprintendenza quella di trasmettere al visitatore l’idea di trovarsi in un luogo abitato piuttosto che all’interno di un museo. Terminata la visita, scappiamo via. Il cielo minaccia pioggia, è ora di tornare. Il mio Ferragosto fuori porta è andato , tutto sommato, bene. E intanto, continua a diluviare: ho fame di sole e luce, non può finire così!

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venerdì 13 agosto 2010

Solleone…(?)

ferragostoFino a quando l’età mi fu complice, il 15 Agosto poteva avere un certo qual significato. Spesso coincideva con il momento culminante di un periodo di vacanza atteso da mesi. E allora, vai con i gavettoni in spiaggia, vai con le vigilie in qualche discoteca della riviera, con il mondo ai piedi e la testa ben più che tre metri sopra il cielo. Roba d’altri tempi. Con il sopraggiungere dell’età della ragione le cose sono gradatamente cambiate. Ferragosto, così come altre feste comandate ha sempre più assunto i connotati di un giorno qualunque. La scomparsa delle mezze stagioni mi ha addirittura portato ad individuare in questo giorno l’epilogo della stagione estiva; si sa, nel grande mondo dei luoghi comuni, da quando non esistono più le mezze stagioni, dopo il 15 Agosto, con il primo temporale l’Estate ci saluta. Ma avete dato un’occhiata fuori? Sembra Ferragosto? Dov’è il solleone? Gli sconquassi causati dai mutamenti climatici avallano la mia posizione, ragion per cui, a me, di Ferragosto non frega proprio nulla. Le bizze atmosferiche di questi giorni mi rendono intrattabile, ben poco disposto a dover a tutti i costi “onorare” questa ordinaria Domenica di metà Agosto. Ricordo che l’anno scorso ebbi un’illuminazione e decisi di visitare la Reggia di Venaria Reale in provincia di Torino e non rimasi deluso. Manco nutrissi una simpatia particolare verso casa Savoia sono ora tentato di raggiungere Racconigi ( provincia di Cuneo ) per trascorrere un altro Ferragosto al castello. E’ evidente l’intenzione di andare contro corrente lasciando code, frastuono, e stress ad altri sicuramente più motivati e vivi di me. Ma che ci posso fare. Buon Ferragosto a tutti.

giovedì 12 agosto 2010

Solo….destino?

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C’è un’altra forma di silenzio tanto lontana da quella che solitamente amo ricordare nei mei articoli, portatrice di così miracolosi effetti a livello interiore. Mi sto riferendo all’omertà fatta di frasi mai dette, di opinioni mai espresse, di quella mancata onestà che, al momento opportuno avrebbe (forse) dato un corso diverso alle cose, avrebbe salvato un’amicizia, perché no, anche un amore. Non è facile relazionarsi, spesso finiscono con l’incontrarsi realtà diverse, personalità opposte, differenti modi di vivere e affrontare la vita. Ma il destino, il banco, a volte vince e noi, giocatori d’azzardo nostro malgrado, all’interno di quel casinò ( ma andrebbe bene anche casino… ) che è la vita, ne prendiamo atto. Le combinazioni sono tante, troppe. Guai però lasciare che tutto venga affidato al caso, sarebbe un peccato accettare a priori ciò che il fato sembra averci riservato. Non tutti i rapporti iniziano e ( soprattutto ) finiscono perché “così doveva andare”. Io, personalmente cerco di farmi ogni giorno paladino del dialogo, della schiettezza, della ( anche se cruda) verità. Ancora una volta faccio considerazioni che muovono da esperienze vissute sulla propria pelle, situazioni in cui ( e ne sono anche responsabile ), il coraggio di parlare, anche un semplice “scusa”, avrebbe potuto cambiare ogni cosa. Quel silenzio che in certi frangenti ci pare la soluzione migliore è solo il punto di partenza dal quale ha origine tutta una serie di situazioni, equivoci, cui facciamo fronte con ulteriore, necessario silenzio. Come una miccia accesa che piano piano si avvicina all’esplosivo, tutto in un attimo salterà in aria, tutto finirà per essere detto, con l’acredine di chi lo ha conservato dentro per molto, troppo tempo. Perché arrivare a questo punto? Un’amica recentemente ha pubblicato un pensiero su Facebook in cui invocava alla comunicazione, quale ancora di salvezza. Non mi piace pensare che così doveva andare. Ma quanta fatica facciamo a stare in silenzio? Tantissima. Ma proviamo a riflettere: prepararsi consapevolmente una strada fatta di rimorsi, rimpianti e dolore non è ancor peggio? Meglio poter dire : “Ci ho provato, non era destino”. Ne guadagneremmo in salute e forse, saremmo orgogliosi di aver sfidato il fato.

mercoledì 11 agosto 2010

Toccata e fuga

Strana uscita quella di oggi in compagnia della mia due ruote. Avevo un obiettivo chiaro, ritornare presso quel magico luogo che ormai io definisco “il luogo del silenzio”. Ventitrè chilometri in tutto, per le mie gambe supersoniche (!) una piccola sciocchezza. L’afa, tornata prepotentemente, non avrebbe condizionato più di tanto la resa, di questo ero certo. Alzando gli occhi al cielo però, man mano che mi dirigevo a passo spedito verso la meta, cresceva in me il timore. Nuvoloni bianchi all’apparenza innocui, seppur  lentamente cominciavano ad appoggiarsi ad altri raggiungendo in alcuni punti pericolose tonalità grigiastre. A consolarmi l’altra metà del cielo ancora splendidamente azzurra. Giocando sulla velocità arrivo a destinazione in men che non si dica. Via il casco, via la musica di sottofondo e improvvisamente…..sono avvolto dal silenzio, mi guardo intorno, mi siedo. Ah, pensieri miei, poteste voi godere di questa pace, di questa irreale dimora di luce e silenzio,sempre. Niente, gli occhi vanno sempre al cielo, ed ecco ancora quel grigiore: dovevo ritornare. Dov’è finito intanto quel timore di non farcela, quella paura che le gambe non reggano l’urto…L’allenamento, serve a questo. E’ una metafora della vita no? Tutto ciò che prova la nostra mente in termini di esperienze rinforza la nostra corazza, e le paure pian piano scompaiono. Risalgo sui pedali; ciao, luogo incantato, ciao, rifugio di un minuto, di un lunghissimo minuto di serenità. Sono un fulmine, me ne rendo conto, percorro la strada del ritorno in troppo poco tempo per gustarmi i colori, i nuovi colori che l’estate avanzata regala al paesaggio. Arrivo in città e mi accorgo di riuscire a fare strane gimkane persino lungo le direttrici più pericolose. Vuoi vedere che qualcuno se n’è andato? Vuoi vedere che la città si è finalmente svuotata? Per un attimo mi passa per la testa un pensiero: “Ma che bella la mia città!”. Torno in me, metto il mezzo in garage. Alla prossima, forse ultima, avventura.

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martedì 10 agosto 2010

Quiete

Così come sono venuti se ne sono andati. Sapevo che non avrebbero avuto vita facile con me. La quiete dopo la tempesta porta con sè un non so che di amaro, lasciando sull’asfalto i segni del passaggio, quelli più difficili da rimuovere. Rimangono così nel cuore e nell’anima le parole dette e mai pensate, le accuse ignobili, la voglia di trovare in chi mi sta intorno la causa del mio male. La quiete è quel momento in cui, i miei pensieri tornano ordinatamente al loro posto, riprendono ad avere un senso e tutto sembra diverso, ai miei occhi, nel mio cuore. Il silenzio che pervade questa fase è assai costruttivo, necessario. Anche la voce si fa più flebile, anche i gesti e gli sguardi più lenti e compassionevoli. Quante tempeste attraversiamo, quanti mari calmi poi ritroviamo, e a quel punto viene da chiedersi quanti compagni delle nostre tempeste ritroveremo poi in acque calme? Si dice che quando la barca attraversa mari tranquilli, tutti sono pronti a salirci e a dare aiuto al capitano. Poi, non appena la navigazione si fa dura, le cose cambiano. Io, mi sento fortunato e ancora faccio fatica a rendermene conto. Ci sono persone intorno a me, poche, pochissime che conoscono le tempeste del mio animo e che non mi hanno mai abbandonato. Sono salite sulla mia barca e sebbene questa, faccia acqua e le falle da tappare siano sempre più numerose, non hanno mai voluto abbandonare il mare. Che contraddizione, io non amo il rischio eppure, ogniqualvolta i fantasmi tornano a trovarmi, corro il rischio più grande, quello di perdere le persone che più mi vogliono bene. Istinto, fragilità e quell’orgoglio che non c’è sono gli ingredienti per renderti agli occhi degli altri un uomo debole, senza carattere. Sono sempre stato ipercritico nei miei confronti, non faccio sconti quando si tratta di tirare fuori le mie debolezze. Non appaio forte e deciso come vorrei, spesso ad emergere sono proprio le mancanze. Io lo so, ne sono convinto, la strada che sto percorrendo è quella giusta, forse faccio fatica ad accettare il fatto di essere umano e che i momenti “down” fanno parte del gioco. E allora ancora una volta rieccomi qui, in piedi, in cammino verso quell’obiettivo che poi è il desiderio di tutti: serenità.

lunedì 9 agosto 2010

Fantasmi

A volte ritornano. E sono tornati. Le paure, i fantasmi, quel senso di insoddisfazione che ti prende quando i tuoi pensieri non hanno una direzione precisa. Capita di trascorrere un intero weekend guardando un maledetto schermo, quello stesso maledetto schermo che, molte volte ha il grande potere di isolarti, di alienarti, di spingere su, tutto quel senso di frustrazione che con grande fatica spingi nel profondo allo scopo di sopravvivere, di farti apparire come in realtà non sei, sereno. Le quattro mura di casa finiscono con il diventare blocchi impenetrabili dove le urla di rabbia, la voglia di gridare al mondo la tua situazione si infrangono per ritornarti addosso ancor più forti, più intense fino a stordirti. Odio l’estate. Ma come, è la mia stagione preferita…e allora? Odio la solitudine, odio dover accettare orribili compromessi pur di avere una compagnia di cui non mi può fregare nulla perché io certe persone le disprezzo per quanto sono superficiali. E allora niente compromessi, proviamo ad accettare tutto come viene. Ma ecco che, i fantasmi piano piano salgono, e a bassa voce ti ricordano che tutto ciò che sei adesso non è altro che tutto ciò che hai seminato. Dunque, devi solo raccogliere le scartoffie che hai fatto crescere, l’erba grama, e stare zitto. Le difese si abbassano, e mi gioco tutto sull’attacco, la mia unica arma di difesa in questi momenti. E attacco tutto e tutti, faccio sentire la mia voce, dico che io non sono poi quello che siete abituati a vedere. Lo stato di calma apparente che mi avvolge è l’unica sottile maschera che riesco ad indossare. Sotto quella maschera c’è un uomo fragile, a volte impotente, spesso inerme e inerte. Ma allora perché, chi sa e chi vede riesce solo a dirti “: Ma tu ieri eri così e oggi sei così!”. Lunatico? Ah, mi viene da ridere. Chi mi conosce bene non si stupirà di leggere questo articolo, non penserà che Enzo fino a questo momento non era questo. Semplicemente si renderà conto del fatto che quando le nostre più recondite paure, le nostre più ridondanti frustrazioni salgono su fino all’anima, bisogna farsi sentire. Attenzione, si può fraintendere tutto e pensare che stia usando questo blog per attirare l’attenzione di qualcuno. Niente di più errato. Questo blog nasce per far sentire la mia voce e stop. Chi lo trova interessante magari si riconoscerà in certi discorsi, magari lo troverà terribilmente noioso e pessimista. Ma non potrà essere in grado di aiutarmi perché ho sempre pensato e ho sempre constatato sulla mia pelle che, in questi momenti, tutta la rabbia che ho dentro è sufficiente a spingere via i fantasmi. E già mi sento meglio. Spero che nessuno di voi, cari lettori, si trovi a combattere con qualsiasi tipo di fantasma. E se ciò accade, ascoltate solo la vostra voce, solo voi sapete come venirne fuori.

venerdì 6 agosto 2010

Prevedibile…

Il confine tra disponibilità (empatia, altruismo…) e stupidità a volte è assai sottile. Saper ascoltare, riuscire a calarsi nei panni altrui sono qualità rare, in generale assai apprezzate. Ma, che dire quando quello che viene naturale oltrepassa i confini del rispetto per se stessi? Credo che ciò che per carattere siamo portati a fare con semplicità possa risultare controproducente nel momento in cui calarsi nelle altrui vesti fa perdere il contatto con la propria realtà. Mi convinco sempre più del fatto che una persona dotata di certe qualità, agli occhi di soggetti opportunisti, bisognosi di un aiuto anche solo momentaneo, diventi quanto meno “prevedibile”. Generalmente quando regali l’opportunità di capire di che pasta sei fatto, ecco, a quel punto devi aspettarti l’inevitabile, qualcuno probabilmente, approfitterà di te; studierà i tuoi comportamenti, le tue reazioni, il tuo “modus agendi” generale e ti scatterà una foto: ora, per lui o per lei tu sei quello e basta. Mi impaurisce il fatto di essere più volte “passato” attraverso individui ( ed uso un eufemismo ) che mi hanno scattato una foto. Da quel momento Enzo era quello, non poteva essere diverso: allora ti fermi e ti chiedi se, saper dire no, fare un passo indietro, dare per una volta precedenza a se stessi significhi sbagliare. Guai pensare che avere una botta di dignità di tanto in tanto debba essere per forza errato; probabile che lo sarà agli occhi di chi ormai ti vuole così come ti aveva inquadrato. Che fare allora? Negare a priori un aiuto mi sembra eccessivo, usare la ragione, quanto meno essenziale. Non mi piace essere prevedibile, non mi piace dare l’idea di essere quello e basta. La riflessione nasce nei momenti in cui ti viene d’istinto fare un bilancio (e a 41 anni e 340 giorni se ne fanno!): quanto deve passare ancora perché il mio orgoglio si possa fare largo dandomi così la parvenza di un uomo che sa anche mettersi in primo piano? Di quanto sarò ancora disposto a privarmi in nome di autentici approfittatori di passaggio? Di promesse a me stesso ne ho fatte tante, ora forse è il momento di passare ai fatti: che si presenti dunque il prossimo vampiro, un po’ d’aglio per iniziare non guasterà! Buon fine settimana, ci “rileggiamo” Lunedì.

giovedì 5 agosto 2010

Certe notti

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Questa notte è arrivato il temporale. Così almeno mi è stato riferito perché io mi trovavo calato in un sonno profondo e non ho sentito nulla. Già da qualche tempo le mie notti sono meno agitate, mi sembra quasi di cadere in una sorta di catalessi. Solitamente il sonno è il termometro della mia serenità interiore per cui tutto farebbe pensare ad uno stato di grazia che in realtà è ben lontano dall’essere tale. Traggo sicuramente enormi benefici dalle notti tranquille e capisco quanto tutto sia cambiato negli ultimi anni. Mi riferisco ai periodi d’oro in cui resistere al sonno era così bello, e una delle cose che più mi piaceva fare era chiacchierare in auto con gli amici sotto casa. Ma chi non l’ha mai fatto? Chi non ha un po’ di nostalgia delle serate concluse a raccontarsi di tutto e di più senza accorgersi del passare delle ore? La notte rallenta i pensieri, li rende più comprensibili a chi li ascolta, lascia che tutto scorra senza fretta. Bella dunque la notte. Chi di noi non ne ha una che ricorda in modo particolare? Nella mia mente, rimane impressa quella tra il 5 ed il 6 Novembre 1994. Per i miei concittadini, lettori di questo blog, questa data riconduce immediatamente ad un evento tragico, l’alluvione del fiume Tanaro. Quella notte io ed alcuni amici, rimanemmo bloccati con l’auto, di ritorno da una serata in discoteca. La macchina, impantanatasi in una grande pozzanghera formatasi a causa della pioggia, non ne volle sapere di partire. Non esistevano i cellulari e l’unica soluzione possibile fu quella di recarsi a piedi alla ricerca del primo telefono disponibile. Fummo raggiunti dal primo carro-attrezzi tre ore dopo. Una notte lunga, una delle tante da ricordare, per fortuna risoltasi nel migliore dei modi. Quello che accadde i giorni seguenti noi Alessandrini lo ricordiamo bene, purtroppo.

mercoledì 4 agosto 2010

Qualcuno c’è

Il periodo non era dei migliori, la conclusione dell’ennesima mortificante esperienza di lavoro la goccia che fece traboccare il vaso. Fu essenzialmente una scelta istintiva quella di recarmi in visita al Santuario di Padre Pio in terra di Puglia. Sebbene da vent’anni e più mi recassi in visita ai parenti nelle vicinanze mai mi era passato per la testa di andarci, anche solo per curiosità. Era tuttavia cresciuta in me lentamente la necessità di vivere un’esperienza innanzitutto nuova che mi servisse a dimostrare quanto io poi potessi definirmi un buon Cristiano. Fino ad allora le mie presenze in Chiesa si riducevano ai soliti tradizionali appuntamenti con le festività comandate poi, nulla. Quel viaggio lo feci con un amico che in quel periodo capì la mia situazione ed essendo lui, uomo di fede, provò ad aiutarmi. Giunto a San Giovanni Rotondo, il luogo mi parve subito familiare e accogliente. Decisi, prima di entrare all’interno della Chiesa, di compiere il percorso annesso che attraverso le immagini del Santo, ripercorre le tappe fondamentali della sua vita. Non c’erano molti turisti “ingombranti”, fortuna volle che incontrai solo fedeli silenziosi. All’uscita avvertii distintamente un forte aroma di vaniglia e lo confessai subito all’amico che era con me: mi rispose che il frate pare si “rivelasse” anche in questo modo. Ricordo tutto come se fosse accaduto ieri, invece sono passati 8 anni. Mi commossi, decisi di rimanere lì tutta la giornata. Parlai molto di questa esperienza che segnò il mio percorso di fede. Non ne uscii trasformato, non divenni d’un tratto quello che non ero stato per trent’anni. Semplicemente crebbe in me il senso di vicinanza a qualcuno che continuo a sentire accanto a me, dentro me. Vivo la fede in modo del tutto intimo. Non sono un praticante, non credo nei ministri della Chiesa, credo nell’energia e nella forza del credere. Sto affrontando questo argomento su suggerimento di un’amica lettrice e so perfettamente che, sviscerarlo non è del tutto semplice. Ci ho provato.

martedì 3 agosto 2010

Hic et nunc

Qui ed ora”. Oggi ero deciso a fare ben più del solito compitino, ho scelto di osare, di andare oltre. Le gambe giravano con disinvoltura, le condizioni del clima ideali, dunque ho osato. Siamo agli sgoccioli, non credo di avere a disposizione più di altre tre o quattro uscite in compagnia della mia due ruote a pedali. Così, giunto al punto di arrivo prefissato ho scelto di proseguire per un’altra decina di chilometri ben sapendo che il ritorno era da farsi e a quel punto le gambe avrebbero potuto tradirmi. Non è stato così. Sono soddisfazioni, da nulla per alcuni, enormi per me. “Hic et nunc” è una locuzione latina che esprime il concetto del fare qualcosa senza alcuna esitazione e senza possibilità di proroghe o rinvii. Trovo che si tratti di una concezione molto vicina al “Carpe diem” e a quella dunque del vivere il giorno raccogliendo tutto ciò che si può. E ancora una volta ritorna il tema della serenità interiore, inevitabilmente legata al non avere aspettative di sorta, al porsi obiettivi quotidiani, all’essere vivi, vivissimi nel presente piuttosto che agire come entità immerse in un futuro incerto. Ci sono dunque fasi della mia vita ( questa è una di quelle ) in cui trovo grande beneficio in termini di equilibrio proprio dalla semplicità del quotidiano, delle situazioni apparentemente più insignificanti come pedalare. Non posso negare che l’estate, la luce del sole, i colori della campagna danno il loro essenziale contributo. E non posso sfuggire a tutto ciò, me lo devo vivere e godere anche in totale solitudine. “Qui ed ora” dico che il mio Agosto in città passa anche attraverso questi momenti miei, privati. Ecco quindi che acchiappo al volo la vita e non ho intenzione di lasciarmela sfuggire.


lunedì 2 agosto 2010

Il sistema

Metti una sera di mezza estate, aggiungi un contesto brioso fatto di locali all’aperto, musica e tanta gente che ha voglia di stare insieme, finalmente alla luce delle stelle. Sono contento, contentissimo di aver interrotto una sequenza di “uscite” la cui protagonista indiscussa era, la noia. E sono altrettanto felice di aver messo al bando ogni sorta di ritrosia, ogni tentennamento e la mia proverbiale tempistica nell’affrontare il nuovo, l’incerto. Mi sono deciso, volevo a tutti i costi dare un senso ad un’amicizia nata casualmente ma sviluppatasi in modo inaspettato e piacevole; quella sottile linea di confine che separa reale e virtuale ora ha un tratto ancor meno definito. Tante sono a volte le ragioni che spingono una persona a cimentarsi nell’avventura delle amicizie on-line; alcuni di questi motivi per lo più sono plausibili e condivisibili. Ciò che ci muove verso un mondo dove tutto sembra più facile ( anche e soprattutto nascondersi ), è essenzialmente il nostro desiderio di andare là dove spesso la realtà che viviamo non ci consente di andare, scavalcare i muri, oltrepassare le barriere del pudore. Senza tabù, senza limiti. La spinta dunque è piuttosto energica ma, sta poi a noi, dosare i primi entusiasmi, l’inevitabile eccitazione di essere catapultati in un mondo nuovo dove si può dire e fare senza essere poi neanche tanto giudicati. E così quella linea di confine che separa due mondi apparentemente diversi può assumere uno spessore maggiore o minore a seconda di quella che è la nostra personale situazione di partenza o della nostra capacità di saper dosare, di saper distinguere. Non sarebbe poi così sbagliato, avere anche un po’ paura di un meccanismo di cui non conosciamo spesso le conseguenze. Così facendo forse, si vive e si gode più serenamente di un sistema ( quale è il web) che offre comunque grandi opportunità. Si può dunque, e sono qui a ringraziare il “sistema” se, il mio ultimo Sabato è stato diverso da molti altri. Grazie a me, grazie al “sistema” e soprattutto grazie a te, mia cara amica di una sera di mezza estate.

domenica 1 agosto 2010

Agosto in città

Il primo Agosto mio padre chiudeva il suo negozio di autofficina e affiggeva sul portone quel piccolo cartello rosa con disegnata una spiaggia e su scritto “Chiuso per ferie”. Il momento tanto atteso era finalmente arrivato. Dopo un altro anno di scuola, la felicità era dietro l’angolo. La sera che precedeva la partenza era d’obbligo trascorrerla con gli amici della via, del cortile a raccontarsi le speranze, le gioie che da lì a poco avrei vissuto. Il mattino successivo, tutti svegli di buon’ora; la vecchia Audi di papà, dal colore opinabile e con un piccolo ventilatore sul cruscotto si apprestava ad affrontare l’ennesimo gravoso impegno, sudare 900 chilometri e portarci a destinazione. Emozioni senza tempo, di un’epoca ( i mitici anni ’80 ) indimenticabile. Di acqua ne è passata sotto i ponti. L’Agosto in città sta diventando un’abitudine ormai, neanche poi tanto voluta visti i tempi di crisi.. Io non amo la mia città, non ne ho mai fatto mistero, ma da qualche tempo ho scoperto di provare una certa attrazione per lei, seppur per solo quindici giorni l’anno. Niente auto dunque, niente maleducati ed irrispettosi guidatori, meno nevrosi, un po’ di aria respirabile. E’ il bicchiere mezzo pieno. Come si può vivere in città (in questa città!) un periodo dell’anno tradizionalmente vocato alla vacanza, alla spiaggia, ai bagni? Non lo so. Crisi a parte, mi preoccupa il fatto di non essere poi così dispiaciuto all’idea di trascorrere il mio Agosto in città. Vivo in un luogo perennemente addormentato che, d’inverno cade nel sonno più profondo per poi risvegliarsi sonnolento e apatico anche durante la bella stagione.Ma i tempi sono cambaiati e sono cambiato io, questo è certo. Tutti sentono sempre più il bisogno di sognare e magari vivere un’esperienza che li catapulti, per un breve lasso di tempo, in un mondo fatto di relax, coccole e tranquillità. Ma per quanti poi la vacanza si rivela realmente così? Quanti hanno la fortuna di vivere questo momento in tutta la sua essenza? Di storie “Fantozziane” si potrebbe scrivere un libro. Ma, come si dice, la vacanza è sacra, non ci si rinuncia. Anche a costo di portarsi dietro la tanto temuta “nuvoletta”. Agosto è qui: per chi resta e per chi va, buone vacanze allora. Mi prendo la città e me la inventerò così bella da innamorarmene. Forse ora sto esagerando..

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