venerdì 11 novembre 2011

Brancolando

P
rendetelo come uno sfogo. Non vedevo l’ora di sedermi davanti a questo foglio; a volte scrivere ciò che penso mi aiuta a fare chiarezza, a capire se certe reazioni e considerazioni siano frutto dell’istinto oppure no. Se mentre scrivo mi accorgo di “ragionare” vuol dire che la mia iniziale presa di posizione non era corretta. Settimana allucinante, per condizioni ed intensità di lavoro. Venerdì: non riesco a fare quell’operazione di architettura mentale che consiste nel vedere il Venerdì non come “coda” della settimana ma come portone verso il weekend. Normale che si arrivi a questo giorno stanchi. Ma è la prospettiva a dover avere la meglio. Non ce la faccio. Venerdì per me è il risultato finale, il conto a fine pasto quando, a pancia piena, non hai molta voglia di alzarti. Eccolo lì, è sempre un problema di predisposizione mentale. E me le tiro poi. Arrivo a Porta Nuova; chissà perché vado contro “norma” e decido di prendere il 52. Non passa. Prendo la metro, ci salgo su e....Guasta! Non aspetto, ritorno su, poi ecco l’annuncio, la metro riparte. Arrivo in ritardo. Una strana angoscia mi pervadeva oggi. Il primo utente ha pagato dazio, suo malgrado. Ci sono cose che mi fanno incazzare di brutto: ma di brutto brutto. Mi indispone il fatto che accadono ( o si permette accadano ) situazioni che hanno dell’assurdo, che rappresentano l’archetipo dell’illogicità. Situazioni che mai e poi mai ti saresti immaginato in un certo tipo di luogo. Mi fanno incazzare a tal punto che mi esce persino una flebile voce con cui provo a farmi una ragione. Si perché prima che io alzi i toni ne passa.. Eppure oggi ho imparato una cosa. Esiste una bella libertà: quella di sbagliare. Sbaglio, continuo a farlo, e quasi quasi me ne vanto. Perché è pur vero che chiedere rappresenta sempre un bel gesto di umiltà ma, ad un certo punto devi avere il coraggio anche di sbagliare da solo. Non tollero l’idea di essere messo nella condizione di commettere errori. Se da un lato sono severissimo con me stesso quando sbaglio, non voglio assolutamente raddoppiare la dose qualora io non c’entrassi niente. Continuerò a sbagliare, tanto gli errori tornano. Ma c’è un errore ancora più madornale e sta sempre in colui che insegna, che dovrebbe illuminarci onde evitare di cadere. Non c’è maestro laddove io sto, non c’è bacchetta ( forse sarebbe esagerato ), non c’è nulla. E in quel nulla io brancolo, a volte avvolto dalla netta sensazione di non avere appreso alcunché di quel poco che mi è stato trasmesso. Brancolo. Ciò mortifica, e legittima una sorta di menefreghismo e superficialità che non sono mie. Mi devo adattare al contesto?
 
brancolando-nel-buio

5 commenti:

  1. caro Enzo colui che insegna è il primo a dover imparare. Siamo noi davanti a chi insegna che dovremmo sentirci liberi di scegliere di fare i nostri errori, ma se in quell'insegnamento una parola ci può aprire una "porta" cogliamola e prendiamoci la responsabilità dell'azione che ne consegue. Per quanto mi riguarda ogni volta che credevo di insegnare qualcosa, imparavo invece qualcos'altro. Il resto è esperienza di vita. "Ora che ho imparato a vivere ora devo morire" diceva Da Vinci.Buon fine settimana.

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  2. Se contassi le volte che ho sbagliato nella mia vita, beh...sarebbe un elenco davvero lungo, ma da questi sbagli ho imparato tante cose.
    Anche a me scrivere aiuta a fare chiarezza!

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  3. Capisco il tuo sfogo, ma non condivido la tua amarezza. Purtroppo gli errori esistono, si può sbagliare per mille ragioni, ma solo facendo o vivendo quell'esperienza puoi sbagliare e sbagliare non è una scelta è una conseguenza di un comportamento. Gli errori nel nostro lavoro...milioni!!! e molte volte non è nemmeno colpa di chi insegna, perchè a sua volta non ha avuto una buona base. Ma io sono convinta che nel nostro lavoro, gli errori sono dovuti alla mancanza di " interesse" per il lavoro stesso. Tu stesso hai descritto che invasione di tartarughe abbiamo...e con la stessa lentezza che procedono...imparano, ma il guaio è che si sentono in diritto di insegnare agli altri. Fidati, non sei tu che sbagli, sono gli altri che non ti danno la possibilità di crescere professionalmente.Ma attento! Se cresci professionalmente, non sarai più solo una gazzella ma una gazzella con le ali!!!! Buon fine settimana. Laila

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  4. Galadriel: siamo qui per imparare, e non finiremo mai di farlo. I ruoli si tramandano. Tu che impari, poi potrai insegnare sempre qualcosa. E' come lo insegni. Insegnare è un'arte. Un abbraccio.

    Alice: E' vero Alice! Scrivere è come fissare le proprie emozioni, così facendo le fermiamo e magari capiamo quanto sono vere.

    Laila: come sempre le tue parole mi tranquillizzano molto Laila.Le esperienze sono necessarie. Il cattivo maestro tarpa le ali al discepolo, secondo me. Si è fortunati se si ha la possibilità di apprendere da un buon maestro. Una gazzella con le ali?? AH AH, beh non sarebbe male. Chi vuole il tuo bene vuole anche la tua crescita. Ma come si fa ad immaginare un luogo di lavoro dove esiste qualcuno che vuole realmente il tuo bene? Un abbraccio!!

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  5. Purtroppo nel nostro ambiente di lavoro è più importante apparire che non essere. Io non voglio apparire, non ho mai voluto, e in tutta la mia carriera, ma anche nel quotidiano, ho sempre cercato di essere. Tutto quello che ho imparato, l'ho sempre condiviso con gli altri, perchè se gli altri crescono io continuerò ad imparare. Non importa se a crescere sarà uno o centomila. Avrò comunque contribuito a rendere migliore me stessa.Ciao.

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