sabato 13 aprile 2013

Una mano di nero

C

i sono modi diversi di arrivare al fine settimana. Non per me che da troppo tempo ormai, giungo al tanto atteso weekend con le pile completamente scariche. Salvo poi riprendere vigore grazie alla ormai tradizionale crociata contro il mondo; dunque il copione lo conoscete anche voi: solitudine, piagnisteo, individuazione del capro espiatorio, sentenza. Me ne sono fatto una ragione, o almeno così spero, dunque non tornerò più in questa sede a gridare aiuto, a cercare comprensione, a mandare messaggi subliminali. Scommetto che nessuno di voi è pronto a metterci una mano sul fuoco. Neppure io ma non importa. Sono arrivato a questo fine settimana spompato come sempre, ma il lavoro non c’entra, anzi semmai è uno di quei periodi in cui non me ne può fregare di meno. Lo so che è agghiacciante il solo pensarlo ma gli eventi luttuosi sono maledettamente utili a capire tutto o quasi. E’ come se una mano gigantesca ed un pennello enorme attraversassero il cielo e coprissero di un tetro nero il nostro personale disegno di vita. A colorare il mio, fino ad ora sono bastati pochi pennarelli. Per giunta neanche tanto vivaci, semplicemente abbozzati, dai toni spenti; il mio disegno ha una gamma cromatica piuttosto ibrida. Ma qual è il problema, la mano gigantesca ci ha dato una bella pennellata di nero sopra così ora mi toccherà ricominciare a disegnare. Gli eventi tragici e maledettamente bastardi nella loro ineluttabilità producono in ognuno di noi un personale senso di colpa. Quando per nostra fortuna non colpiscono persone a noi vicine(in linea di sangue intendo) ci stanno ricordando che siamo stati fortunati. Dunque, un indiretto avvertimento a continuare a colorare la vita. Guardatela come volete ma in questi giorni non mi sento paladino di nulla, non mi va di andare contro il solito mondo, sono restio a cadere nella tentazione dei messaggi subliminali. Del mondo, però, a maggior ragione, mi frega sempre meno perché la non accettazione dell’ineluttabile, non fa che accrescere il senso di rabbia. Ma forse è questa la strada giusta da intraprendere: nessuna crociata e, al tempo stesso, nessuna mano tesa. Nessun rancore e solo quieto vivere. Quando scrivo queste cose, la prima cosa che mi passa per la mente è che non manterrò le promesse. A cosa scrivo da fare allora? Mica lo faccio per insegnarmi a vivere, semplicemente, come sempre, per avere la prova che respiro.

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