giovedì 11 aprile 2013

Il flipper

D

esidero una sola cosa: prendere una bacinella piena d’acqua, farci scivolare dentro un quantitativo consistente di cubetti di ghiaccio e poi infilarci la testa. Almeno quel tanto che basta ad azzerare i pensieri. E’ un normale Giovedì di una solita, anonima settimana di lavoro. Ancora una volta (maledizione), sono costretto a mettere ai margini la retorica di circostanza, evitando di parlare di ciò che potrebbe inevitabilmente scatenarla. Non è facile, perché alla fine sono sempre gli occhi a parlare, quegli sguardi sbigottiti e mettiamoci il tanto che basta d’ipocrisia e falsità. Sono loro, rivelatori della bestialità umana. Ci sono giornate che sono bastonate tra capo e collo; sono quelle che si dirà “the show must go on”, il lavoro deve proseguire. La vita anche. Sono le giornate in cui vorresti dire ma non puoi, vorresti fare ma non ce la fai. Sono le giornate in cui muore qualcuno a quarantaquattro anni e il giorno prima eri lì a scherzarci insieme. Ecco, il mio articolo dovrebbe finire qui perché si sa, il silenzio è la massima forma di rispetto verso i vivi, figuriamoci per chi muore. E vagando qua e là tra gli uffici oggi mi chiedevo cosa fosse più giusto fare, dire, pensare. Mi domandavo se dovevo fare ancora ammenda e frustarmi per essermi arrabbiato ( anche solo per un attimo ) qualche giorno fa. Se fosse poi il caso di smetterla una volta per tutte di sentirmi indifeso. Storie. Torneremo sempre al nostro vivere ( o sopravvivere ) perché il dolore è diffuso, latente, colpisce in modo casuale ma mai ci abbandona. La vita è un grande flipper dove la pallina impazzita siamo noi; abbiamo giusto il tempo per fare più punti possibili prima di finire mestamente nel buco. Basta Enzo, ora la retorica è in agguato. Di questa giornata voglio egoisticamente ricordare le mie sensazioni, i miei momenti di riflessione mentre mangio faticosamente una brioche e guardo fuori dalla finestra. E’ un’impresa fissarle qui, forse basterebbe (come sto per fare) mettere un punto finale a questo articolo. L’ultima volta che ho pianto è stato qualche mese fa. Ho pianto per me, solo per me. Non riesco più a farlo quando non ne sento il bisogno. Lo so, è preoccupante oppure semplicemente un segno inequivocabile di egoismo. Ecco, ho pensato anche a questo e probabilmente non è una bella conclusione quella cui sono giunto. Mi basta aver pensato, aver sentito, aver cercato ancora una volta di capirci qualcosa. Senza esito.

 
ico 9

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