domenica 7 aprile 2013

Il falò

O

ra le maschere non servono più. Ora è bene tirare fuori la mia vera natura, l’identità spesso nascosta tra le righe del compromesso per piacere, per piacersi. E’ necessario tirare fuori la testa dalla sabbia perché non voglio morire di ipocrisia, di perbenismo, di falsa accondiscendenza. Le maschere hanno fatto il loro tempo e non chiedono più di essere indossate per regalare sorrisi morti, sguardi che il solo sforzo rischia di rendere vuoti come quelli di un cadavere. Ora basta, non c’è appiglio, non c’è parola, non c’è confronto. Odio con tutte le mie forze chi in modo becero, superficiale, quasi ridicolo ancora vuol far credere a se stesso che la vita è bella perché…Perché c’è chi sta peggio. Annulliamoci allora, facciamo come i kamikaze no? Facciamoci esplodere. Così almeno smetteremo di compiangere tutti. Non è più il caso di indossare maschere per far finta di non aver letto o sentito. Perché questo maledetto mondo di plastica, fatto di gente di plastica ancora parla, ancora giudica, ancora sentenzia. Raggiungo l’orgasmo quando scrivo perché non invio messaggi, non voglio che vengano letti, semplicemente ribadisco e mi autoconvinco di essere non il migliore ma…diverso. La maledizione del virtuale sta nelle vostre maledette maschere di ipocrisia, luoghi comuni, retorica spicciola. Tenetevele per voi, ma chi vi ha chiesto nulla. Siamo un popolo di benefattori. Se tutti veramente pensassero ciò che dicono e si mettessero in moto per fare qualcosa, saremmo un popolo di crocerossini. Andate in Africa allora. Ed invece gli umani non si mettono in testa che pensare a se stessi non è sempre egoismo, non è sempre mania di grandezza. Pensare al proprio malessere è provare a sopravvivere altrimenti basta poco e fai …puff! Pensare a me stesso è capire fino a dove posso arrivare e non fregarmene degli altri che stanno peggio. Vedete, è di gran lunga meglio fare un falò di tutte le maschere che avevo raccolto, e mostrare il mio odio, la mia invidia. In un certo senso è un gioco a scoprire chi è più ipocrita di chi. Come faccio a far capire alla gente che non ho bisogno di commiserazione, che voglio essere spudoratamente me stesso e che la mia solitudine ha raggiunto punti pericolosissimi di sopportazione. Signori, cali il silenzio laddove una parola potrebbe far cadere definitivamente la vostra credibilità. Odio si, invidio anche, ma vi prego lasciate che mi lasci andare. La fame nel mondo non tocca a noi combatterla.

 
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2 commenti:

  1. caro Enzo, tu sai che anche se non commento, ti seguo sempre...non mi piace quello che stai scrivendo nei tuoi ultimi post....troppa rabbia repressa, rancore, direi persino cattiveria, tutti sentimenti che non ti appartengono.
    Fermati un momento..prova a guardare meglio dentro di te...non guardare quello che gli altri fanno o dicono, guarda quello che fai a te stesso. Così facendo, stai percorrendo la strada per l'autodistruzione, non potrai vedere nessuna mano tesa se prima non sarai tu stesso a tendertela. Guarda con occhi diversi, con cuore leggero chi sei, davvero vedi dentro di te la persona che descrivi? non ci credo. Tu sai chi sei! ed è di quella persona che devi fidarti, che devi considerare amica, che devi amare oltre ogni cosa. Solo se riuscirai a vedere oltre il passato e a staccartene (te lo dice una che nel passato ha visto solo cose negative..e che un giorno ti racconterò) potrai guardare il presente (non il futuro) con un sorriso. Ti voglio bene Enzo e mi spiace sentirti così.

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  2. Non ce la faccio Laila, non ce la faccio. Forse il punto di partenza dovrebbe essere staccarsi quasi definitivamente dal mondo virtuale. Ciò comporta troppo confronto, troppa invidia verso gli altri. E soprattutto moltissime aspettative deluse. Devo isolarmi da questo finto mondo, forse potrei cominciare da qui. L'odio c'è, la rabbia anche. Maledico la sensibilità. Grazie ancora e un abbraccio a te.

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