Provo un senso di grande nostalgia nel leggere gli articoli di alcuni amici blogger che frequentano l’Università. Anch’io sono stato Universitario, ho vissuto le emozioni che ogni esame nel bene o nel male regalava: le farfalle nello stomaco, l’ansia della prestazione, l’ineguagliabile senso di leggerezza quando il professore si accingeva a firmare il libretto. Tutto è sempre sembrato normale, la paura, il timore costante di non farcela. Succede però che ad un certo punto del cammino qualcosa si bloccò e, improvvisamente, quello che fino a prima rappresentava la normalità divenne impossibile. Cominciai, forse anche per una serie di situazioni contingenti, a sentirmi sempre meno pronto ad affrontare un esame. D’un tratto la data dell’appello acquistava ( nei giorni immediatamente precedenti ) un tetro significato: sembrava cioè dovessi apprestarmi ad affrontare il patibolo. La paura portava insicurezza e l’insicurezza ancora maggiore paura. Come era possibile che una persona la quale aveva sostenuto venti esami con successo, d’improvviso cominciasse a sentirsi incapace di affrontarne altri? Prese dunque il via quella fase di stallo in cui cerchi di capire dove sta il problema; e spesso, se la mente non è lucida giungi alla conclusione sbagliata, ovvero: “Non sono più in grado”. Ad errori di valutazione seguirono ulteriori prese di coscienza errate; io e l’Università finimmo con il diventare anacronistici. “Che ci sto a fare io lì? “ “Non ho più l’età ormai”. La precarietà lavorativa che tutto questo ha prodotto mi ha portato a vivere momenti di grande difficoltà. Tensioni familiari, momenti di sconforto ai quali però non ho mai permesso di sconfiggermi. Piangersi addosso, stare immobili in attesa che qualcosa cambi, è la soluzione peggiore possibile. Quando ho intrapreso la strada dei Concorsi pubblici, ho riscoperto (nonostante si sappia quanto è difficile raggiungere l’obiettivo ) il gusto di rimettermi in gioco. Studiare, soprattutto riconoscermi ancora in possesso di dialettica e nozioni costituisce una piacevole scoperta. Ritrovarmi ora, (nonostante la costante precarietà), lì, presente in molte graduatorie, riscoprirmi capace di superare il timore della prova, in poche parole, riscoprirmi capace, restituisce quel senso di rispetto e di autostima che ritenevo ormai perduto. Gli esami dunque, non finiscono mai. Spesso mi chiedo quando avrò il piacere di leggere qualcosa per puro diletto che non sia perciò finalizzato all’apprendimento. E chissà che un giorno io non mi ritrovi in quell’aula universitaria esclamando a testa alta: “Ce l’ho fatta”. A tutti i miei amici blogger Universitari, auguro il meglio.
E io auguro il meglio a te Enzo...
RispondiEliminaUn abbraccio
Riesci a rendere bene l'idea delle sensazioni pre-esame (: e hai ragione quando dici che gli esami non finiscono mai e che non bisogna mai abbattersi. Ma se c'è una cosa che credo di aver imparato fino ad ora, è che un esame non c'entra niente con una persona per quello che è davvero. Già negli anni del liceo la politica non dichiarata ma ben evidente di alcuni docenti (ma soprattutto di alcuni studenti) era: il voto valuta lo studente, e anche le sue conoscenze: se non ce la faccio, non sono abbastanza, se ce la faccio sono davvero il migliore. Niente di più sbagliato. Motivo per cui non ho mai capito chi si faceva scudo di una media altissima per dimostrare quanto valeva e quanto era (a suo parere) degno di nota, di compagnia, di attenzione, di ammirazione. Numeri, numeri. Che poi una volta fuori da quelle quattro scolastiche mura non valgono nulla, se non si è stati capaci di viverli nel modo giusto: come un conoscere se stessi e i propri limiti, come un arricchimento personale culturale e intellettuale. Come dice il mio professore di teoretica: "gli esami sono solo epifenomeni del corso." Tappe obbligate ma spesso in sè sopravvalutate. :)
RispondiEliminaGrazie del commento Chiara. Ben detto: se ti capita, puoi andare a leggere un mio vecchio articolo dal titolo "Quattro". Lo avevo pubblicato all'interno del mio vecchio blog che trovi a questo indirizzo: www.tuttociochehodentro.blogspot.com"
RispondiEliminaScoprirai quanto alcuni docenti, e, nel mio caso, uno studente ingenuo, avessero fatto del voto, un etichetta da cui risultava difficile liberarsi..
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