venerdì 4 gennaio 2013

Non mi basto mai

D

evo ringraziare alcuni lettori ( ancor prima amici ) che mi stanno fornendo alcuni ottimi spunti per scrivere e trattare qualcosa di serio. Questo diario ha attraversato fasi alterne dettate innanzitutto dall’umore e dalle motivazioni di chi scrive. I contenuti ne hanno risentito ma quasi sempre i fogli sono stati la fedele riproduzione del momento particolare. Il tema dell’amicizia è stato predominante in un momento della mia vita dove, alla solitudine quotidiana si accompagnava la tragedia della mancanza di un lavoro fisso. Le mie riflessioni di allora erano istintive, rabbiose, colpevolizzanti verso l’esterno, vittimistiche. Su di me poco lavoro, se non il solito esercizio di fustigazione. L’inizio dell’avventura Torinese aveva poi innescato il timore di cambiare radicalmente, di diventare uno dei tanti, di non aver più motivo di lavorare su me stesso. Mancanza di tempo, stanchezza, e chi più ne ha più ne metta. Macché. Sono stato bravo con il tempo ad isolare lavoro e vita. E le mie turbe sono tornate. Ho cominciato così a lavorare di più interiormente prendendo coscienza di quanto le mie difficoltà di relazione non fossero di certo legate alla mancanza di un lavoro e al livello di autostima sotto i tacchi. Il problema ero e sono io. Negli ultimi mesi l’argomento è stato trito e ritrito. Cosa cerco? Dove vado? Perché sono diventato così razionale e mi sono isolato dal mondo? Di una cosa sono certo: mi muovo in direzione di un apparente obiettivo, poi quasi raggiunta la meta, mi tiro indietro. Qualcuno è a perfetta conoscenza del mio standard di comportamento non appena si fa largo la netta sensazione che stia entrando nella mia vita qualcuno di importante. Cosa faccio? Per paura di perderlo, faccio di tutto per allontanarlo. Ma la sostanza è che se lo faccio, è per paura di star male. Leggo….”Mi devo bastare”. Domanda: “Quanto basto a me stesso?”. “Quanto realmente ho bisogno di qualcuno”? “Posso lasciare che gli altri mi vogliano bene e al tempo stesso rimanere me stesso?”. Intendo, razionale, un po’ insensibile, insomma… Enzo? Forse si. Riassumendo, io rimango me stesso, gli altri mi vogliono bene, io rispetto le distanze. Ma come faccio confessare che c’è qualcosa più importante degli altri? E’ la mia assurda ma innata voglia di qualcosa che non è percepibile ai più e che prescinde dalle relazioni. Sono pervaso dalla ragione, lo so. Mi domando: “A cosa mi servi, cuore?”. Usare la testa mi fa soffrire ma mi fa sentire vivo; usare il cuore, non mi regala la stessa soddisfazione. Sono sereno, si. A mio modo, come sempre. Abbiate pazienza.

 
traguardo

2 commenti:

  1. per la serie, quanto è vero Enzo!! se leggi i due post (venerdì 4 e giovedì 3) di seguito...sono uno l'opposto dell'altro, ma sono veri entrambi e su entrambi hai ragione. Prova a mescolarli...e guarda il risultato. Su quello di giovedì avrei molto da obiettare (anzi! non sono assolutamente d'accordo!!!), ma questo ha riportato il cuore di Enzo in superficie e mi piace, perchè che tu lo voglia o no, non sei quello del post di giovedì. Buon fine settimana.

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  2. Ciao Laila, ormai lo sai vero? Ormai mi sto lasciando andare, preoccupandomi sempre meno di essere incoerente e contraddittorio. Ogni post è sempre più aderente alla realtà!!!!! Buon fine settimana a te!!!!

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