domenica 6 gennaio 2013

Lettera aperta

M

ettiamo in chiaro alcune cose una volta per tutte e a buon intenditor poche parole, no? Io non sono “testa”. Ho gettato nel cestino tutte quelle mirabolanti teorie sulla ragione e la sua presunta capacità di gestire ciò che riguarda gli umani e le relazioni. Non si può vivere di testa, è una forzatura; il cervello portato all’esasperazione prima o poi scoppia. Usare la ragione per confinare i rapporti a qualcosa di gestibile è pura utopia. Non sono “cuore” perché non mi affeziono o meglio, sono contento che gli altri si leghino a me ma io non so fare altrettanto. Non vi dedico tempo, passione, non sono costante non so pronunciare fatidiche parole come “ti voglio bene”. Figuriamoci “ti amo”: mai fatto in vita mia. Non posso continuamente essere costretto a ripetere che voglio bene a modo mio; il “mio modo” non prevede quasi mai la ricerca dell’altro, l’opera di semina e coltivazione della pianticella dell’amicizia. Non sono dunque “azione”. Non agisco perché non mi sento stimolato a farlo, perché fino a che sono gli altri a cercarmi va bene, altrimenti io mi dissolvo come la nebbia al sole caldo. Non agisco perché ho troppi pensieri che mi riguardano, perché i miei problemi sono sempre più importanti di quelli degli altri; non sono bravo a tenere a mente tutte le storie, a preoccuparmi di tutti, faccio già fatica a farlo con me. Io sono puro “istinto”. Sono quello che scrivo ovvero sono tutto e niente, sono vittimismo esasperato e boria improvvisa. Io sono “reazione”. Sempre piedi a terra, sempre aderente alle mie più radicate convinzioni, inserisco la quarta se stimolato, se colpito nei miei pregiudizi verso gli altri, nel mio piccolo mondo fatto di personali sicurezze. Sono “rabbia”. Represso e oppresso; il genere umano è il centro del bersaglio dei momenti in cui ho bisogno di scaricare le mie preoccupazioni. Sono “passione”. Amo fare le cose che mi piacciono, e sono pochissime. Vivo ciò che mi rende felice in totale solitudine, convinto che nessuno potrebbe viverle come le vivo io, nessuno potrebbe essere in grado di sentirle e condividerle con la mia stessa intensità. Sono “umiltà ed egocentrismo”, “ modestia e presunzione”. Sono mio malgrado, “sincerità”. Condannatemi per ciò che sono, per ciò che scrivo, ma ci vogliono le palle per vivere nella totale apertura di pensiero e nel farne lettera aperta. Si sa che al giorno d’oggi nulla paga più della artefatta costruzione di cuore e testa. Io non sono né l’uno né l’altra. Non seguitemi se pensate di cambiarmi.

 
strillone

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