martedì 15 gennaio 2013

Quando la coscienza dorme

Q

uando si dice perdere tempo. Porto assai di rado il pc con me. Spesso me ne pento perché il tratto che percorro a piedi da Porta Susa al lavoro non è poi così breve. Ma penso ai miei tricipiti e faccio solo che passare la valigetta da una mano all’altra per esercitarli adeguatamente entrambi; il mio corpo lo amo (almeno quello) dunque guardiamo il bicchiere mezzo pieno. Sono seduto sul 17.20 e da un’ora circa sto perdendo il mio tempo cercando di far lavorare la chiavetta internet che non utilizzo da mesi, risultato: non funziona. Che disdetta, la batteria è ora ai limiti e nel frattempo avrei potuto scrivere qualcosa. Provo a giocare contro il tempo, sapendo che ne uscirà un articolo così, una sveltina. Il post di ieri ha colto nel segno: il mio naturalmente. Sto cercando di dimostrare a me stesso di apparire normale nonostante sappia di non esserlo. Ci sto riuscendo nella misura in cui non faccio fatica ad accettare le mie involuzioni. E se parto da questo presupposto finisco con il legittimare tutto ciò che di più assurdo, strano, incomprensibile ai più, Enzo è capace. Il miglioramento, l’evoluzione raggiunge livelli di consapevolezza definitiva quando la reazione alla solita osservazione “Ma come sei bravo a piangerti addosso”, è quella tipica del cadavere a cui viene fatto il solletico. Enzo è davvero lontanissimo parente del vittimista piagnone di un tempo. Enzo non piange di sé, non piange della sua condizione, Enzo è consapevole di essere questo; piano piano il passo si fa spedito e va verso la definitiva accettazione del giudizio altrui come semplice punto di vista e non come sentenza inoppugnabile. Sono ancora molto limitato nelle mie facoltà mentali quando si tratta di fare scelte, di decidere cosa è meglio per me, di lanciarmi. Ma sono lontani i tempi in cui lavoro e “vita” facevano a cazzotti per liberarsi l’uno dell’altra, per difendere il proprio territorio senza mai arrivare ad una tregua. Ecco servito un altro traguardo. Ora immagino il mondo a compartimenti stagni: io, il lavoro, le passioni, le persone. Sto provando a mescolare gli ingredienti ma con molta delicatezza, lasciando come unica ed imprescindibile priorità me stesso. Non è egoismo, non è presunzione. E’ solo voglia di emergere, perché chi non conosce l’Enzo di qualche anno fa probabilmente non può nemmeno pensare che ne sia esistito uno ancora peggiore di questo. Sono orgoglioso nella misura in cui evolvo. Continuo, la coscienza al momento non bussa.

 
blog-2007-06-12-22-09-27


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