giovedì 1 agosto 2013

La misura è colma

S

ono al traguardo. E’ finito un altro anno di lavoro. Si, per me le vacanze segnano il confine tra prigionia e libertà e diciamolo pure, sebbene ne faccia sempre volentieri a meno, questa volta mi spronano ad alcune considerazioni. Tutto va peggiorando, non ci sono margini di stabilizzazione di questo progressivo decadimento di parole e contenuti. La mia figura ha con il tempo rappresentato un’ignobile marionetta alla mercé di chi comanda. Fino a qui tutto potrebbe avere un senso. Sono stato preso per il culo dalla gran parte di coloro che hanno potuto approfittare di me, cioè l’intero plotone. Continuo ad esserlo, nonostante qualcuno voglia farmi credere che sono nell’ordine: disponibile, competente, affabile, paziente. Ma, avete capito che non sto parlando della mia vita vero? Perché, fortunatamente e per merito mio, sono riuscito a mantenere, almeno fuori dall’ufficio, un discreto ( e sempre crescente ) amore per me stesso. Non ho potuto impedire al lavoro di intrufolarsi nella mia vita privata: la responsabilità, lo sapete, è del tempo. Ma, alla faccia di un’esistenza annullata, di un mondo dei sensi completamente inibito, io sto crescendo alla grande e ne sono molto orgoglioso. Là, è tutta un’altra cosa. Ora, cosa potrebbe accadere una volta varcato il confine? Ho sentito una marea di stronzate e sono giunto alla conclusione che la distinzione di fondo non è tra persone capaci e inette. Qui si parla di furbi e coglioni. Il lavoro è uno di quei luoghi ove purtroppo la mia misantropia ha raggiunto livelli di guardia perché per quanto possa sforzarmi, non riesco a trovare persone degne di rispetto. Ciò che ancora riesce a farmi bruciare di rabbia è la connivenza, il sapere e far finta di nulla. Dai Enzo, in fondo è il lavoro. Sto dicendo cose scontate. Ma non posso certo dimenticare che questo è pur sempre il mio angolo di sfogo ed è piuttosto improbabile che io riesca a trarne un beneficio che vada oltre il piacere di esprimere il mio disagio. Ora me ne vado in vacanza, pienamente soddisfatto del mio lavoro, quello vero, quello di cui io sono il reale protagonista. Continuo ad essere misantropo, non sarà certo il lavoro ad abbattere i progressi fatti fino a qui. Poi c’è quella strana sensazione che mi accompagna da tre anni a questa parte: “E’ tutto un gioco, prima o poi finirà”. Chissà cosa significa.

 
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