mercoledì 15 maggio 2013

Silenzio, per favore!

D

a quando lavoro a Torino ho un solo desiderio: andare a vivere in campagna. Le ragioni sono due: preferisco gli animali alle persone e, cosa ancor più importante, vorrei sposare il silenzio. Con tutto il cuore, davvero. Non è solo la scenografia delle mie dodici ore di lavoro, il rumore è nella provocazione, nei silenzi distruttivi, nelle frasi ad effetto. E credetemi, io non sono mai esente da colpe. Di tutto ciò di cui amo lamentarmi io sono quasi sempre responsabile a mio modo. Ogni volta in cui rispondo alla provocazione, mi lamento di qualcosa, urlo la mia solitudine io, faccio rumore. A questo punto delle due l’una: la smetto di sovrappormi al frastuono che arriva da fuori, oppure rischio l’esaurimento nervoso. Sta progressivamente diventando rumoroso persino scrivere, parlare attraverso semplici strumenti di messaggistica, mandare sms. Quando piazzo il mio sederino sul sedile blu della prima declassata mi guardo intorno e calcolo il tempo che mi sarà concesso per non pensare. Poco. Tornerà il rumore a breve, ed il rumore torna. Mi capisco e mi giustifico quando, una volta arrivato a casa sono nervosissimo, me la prendo con un ferro che di tanto in tanto mi brucia una camicia, con la doccia che spruzza. Voi direte: “Ehi Enzo, guarda che è tutto normale, tutti lavoriamo, tutti torniamo a casa stanchi”. E allora si vede che non sono un uomo, che non ho il fisico, e soprattutto che non ho testa. Il cervello c’è, è la forza mentale che manca. Perché vergognarsi di dire che sono vicino all’esaurimento nervoso e che sto provando a capire cosa mi può risolvere il problema. Ieri sera , dopo il solito “ahhhhhhh” appena distese le membra sul letto, ho pensato a questo: “ Enzo, prova a fare un paragone con lo scorso anno. Com’erano le cose? “. Beh, ho concluso che sul lavoro nulla era diverso da oggi e la mia vita sociale aveva sempre la solita riga: elettroencefalogramma piatto. Dunque? Perché ora mi sento così abbattuto, sempre con un’espressione di scazzo disegnata sul volto e, soprattutto stanco mentalmente. Semplice. Non ho valvole di sfogo, ma quante volte devo ripeterlo? Ormai ogni articolo di questo blog è la fotocopia riveduta e corretta del precedente. Ci tengo solo a sottolineare che sono confuso, che la mia lontananza dal virtuale sta significando menefreghismo. Non conosco mezze misure. Sono io. Siamo alle solite. 


 
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