domenica 23 giugno 2013

La testa sul comò

N

on è sempre così. Anzi, non è mai cosi. E’ come se un potente getto di acqua cristallina avesse d’un tratto rimosso la patina di sporco che ricopriva il mio viso. Seppur per poco ( troppo poco) tempo ho aperto gli occhi, tutto era nitido, la testa messa lì a riposare sul comodino. Ed io lì a dispensare sorrisi compiaciuti, a non vergognarmi di farlo, a non preoccuparmi che non sarebbe stato per molto. Perché mai avrei dovuto pensarci? Sono passati quasi otto mesi da quell’ultima occasione di vita, dall’illusione che avrebbe potuto rappresentare un nuovo inizio; ebbene non è stato così per cui , perché perdersi in fantasticherie o facili entusiasmi. Era del tutto giusto godersi l’attimo. E così ho fatto. Ho la straordinaria capacità ( o terribile difetto ) di dimenticarmi di tutto e tutti, nemmeno scrivere mi è mancato anche se solo per due giorni. Un difetto si, non una dote. Probabilmente se conducessi una vita soddisfacente, se questo privilegio mi fosse stato concesso da tempo, non avrei avuto bisogno né di cose né di persone. Ma la mia non è strafottenza od utilitarismo. Sono semplicemente convinto assertore della presenza come imprescindibile condizione per il mio ( anche estemporaneo) benessere. Dunque io sto con chi mi guarda, mi sorride, mi abbraccia. Poi magari se ne va, ma la soddisfazione è impagabile. E’ tutto merito mio se sono riuscito a dileguarmi dalla virtualità senza proclami di qualsiasi tipo, in silenzio, lasciando che fossero gli eventi (e non io) a determinare il percorso. Lasciando soprattutto che fossero “quelli” ad accorgersi della mia assenza e non io a ricordarglielo. E sto bene per questo motivo, perché so di non avere sbagliato, di non avere tradito nessuno. Non sono felice, e forse nemmeno sereno. Ho aperto e chiuso una nuova esperienza, giusto per ricordarmi di essere quel burlone, logorroico casinista che nessuno conosce a meno di pestarmi i piedi o versarmi da bere tanta è la vicinanza. Cose che già so, cose che ho provato a dimostrare nel modo più assurdo e stupido, attraverso uno schermo per poi finire a piangermi addosso. Si dirà che è evidente, sono uno sfigato. Mi capita così raramente di vivere che, quando lo faccio, attacco manifesti ovunque. Non sono qui a celebrare necessariamente un incontro, una persona, un momento, una giornata d’estate. Sono venuto qui stasera per ricordarmi che vivere è ben altro. Io mi accontento ma così mi piaccio. E comunque grazie a chi sa.

 
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