domenica 21 ottobre 2012

Un puntino

L

a vera solitudine non è quella delle sere infinite, delle luci soffuse per attenuare il riverbero dello schermo. Non è neppure quella dei viaggi eterni alla ricerca di quello che non ho e non voglio avere. La solitudine non è fisica e non ha nulla a che vedere con il mondo che mi circonda. Nessuno sa e probabilmente potrà mai sapere cosa provo quando fermo il tempo. Si lui, il tempo; quello che quotidianamente mi spinge fino a travolgermi , come un’onda anomala risucchia la nave ormai abbandonata a se stessa. Nessuno lo sa perché nessuno è Enzo, nessuno lo può capire perché Enzo stesso non lo capisce. Le sensazioni e i sentimenti, a volte, durano attimi, frazioni di secondo , esprimendosi nella totale immobilità del corpo e della mente. Uno sguardo fisso nel vuoto, un gesto meccanico delle dita che schiacciano in sequenza gli stessi tasti. Non ci sono palliativi per un’anima malata. Non esistono rimedi per un cuore che da tempo ha smesso di appassionarsi. Eppure, incredibile a dirsi, io mi ritengo fortunato. Riempire questi fogli di paturnie, non lo nego, significa spesso avere molto tempo a disposizione: per pensarle e per scriverle. Lo stesso tempo che, secondo molti, potrebbe essere sfruttato in maniera migliore. Come dar loro torto. Come contraddire il pensiero di chi si limita a vedere e non a guardare, a sentire e non ascoltare. Loro che possono fare di più? Loro. Non è vero che sono stanco di tutto, altrimenti avrei già mollato tutto. A partire da questa farsa della necessità di qualcosa che non esiste, che non so nemmeno io cosa sia; avrei chiuso con il mondo parallelo, con la perenne ricerca di conferme per colmare un vuoto esistenziale. E allora, statene certi, avrei cominciato a vivere. Si, vivere. Questo mondo parallelo non ha colpe, ne lui tantomeno i suoi protagonisti. Questo mondo parallelo è imperfetto, è monco. Ecco cosa accade quando fermo il tempo, o meglio, quando il tempo ferma me e mi spinge a queste considerazioni. E’ come se tutto ritornasse ad avere un suo perché, una sua dimensione che sfugge ed è invisibile quando le giornate sono piene di lavoro. Quando i sentimenti si fermano e dettano gesti ripetitivi delle dita sui tasti, movimenti impercettibili degli occhi che guardano il soffitto, ecco allora che riscopro me stesso nella condizione di un misero puntino in mezzo ad altri ignobili puntini. Non cerco più conferme, non ho bisogno di questo. Ho bisogno di capire che ci sto a fare qui.

 
solitudine

2 commenti:

  1. "Come contraddire chi si limita a vedere e non a guardare, a sentire e non ascoltare" : in queste poche parole è racchiuso anche il mio pensiero, il mio vivere, o meglio sopravvivere,perché ormai non riesco piú a trovare persone che riescono a guardare e soprattutto ad ascoltare e mi domando: "Ma il problema sarò io o sono davvero cosí trasparente?" Virginia

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  2. Ciao Virginia, grazie innanzitutto per essere passata da qui e per il tuo commento.
    La domanda che ti poni è quella che io mi faccio
    quotidianamente.Probabilmente se fossi riuscito a darmi una risposta, non avrei più materiale per il blog. Di sicuro sono cambiate moltissimo le dinamiche nei rapporti interpersonali, dove, molto frequentemente assumono rilevanza finalità bene diverse dall'amicizia.Per non parlare della fretta, che governa il mondo...Tutto è fugace. Un abbraccio.

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