martedì 16 ottobre 2012

Silenzio costruttivo

F

ino ad alcuni mesi fa portavo sempre con me il pc durante i miei viaggi in direzione di Torino e ritorno. Ogni giorno riuscivo a trovare l’ispirazione per scrivere qualcosa, si trattasse del solito contorcimento mentale o degli aneddoti legati alla vita quotidiana. Ho in parte perso questa abitudine principalmente per l’eccessivo peso da portarmi nella borsa. Poca roba, direte voi. Avete anche ragione, se mi conosco bene ho sempre qualcosa da dire, e quel qualcosa è sempre finalizzato a farmi stare bene. Stamattina, come già ieri, ho infilato il pc nella valigetta e ho pensato per qualche minuto a cosa avrei potuto dedicare un post. Le possibilità sono due: scatta l’insano meccanismo di autodistruzione e comincio a cercare attraverso l’autoanalisi argomenti di dissertazione oppure, aspetto che sia il mondo esterno a darmi un suggerimento. Oggi si è verificata la seconda delle ipotesi. Chi pensa che la vita in ufficio sia monotona, (ancor più quella di un pubblico dipendente), sbaglia. Non è sempre così, provare per credere. A malincuore però mi tocca prendere spunto da alcuni eventi lavorativi per dissertare in materia di parole. La domanda che continuo a pormi è sempre la stessa: quanto contano le parole, quanto valore diamo alle frasi che pronunciamo; pensiamo a quello che diciamo, ci rendiamo conto che possiamo illudere o ferire qualcuno? Io sono diventato sostenitore dei silenzi costruttivi, di quelli che ti preservano da figuracce a posteriori o dal classico boomerang che ti colpisce in testa. Cosa serve dire certe cose in certe situazioni? Perché lo facciamo? Ne ho già parlato e mi ritrovo qui a riparlarne perché non posso non notare l’incapacità di molti a mantenere il silenzio costruttivo. Faccio un esempio: se io so di essermi comportato con qualcuno in modo un po’ incoerente, se so di avere esagerato nel prospettare qualcosa promettendo situazioni future magari difficili da configurarsi, come faccio ad evitare che mi arrivi un boomerang dritto tra capo e collo? Il prossimo passo, io penso, è il silenzio costruttivo. Mi è anche capitato che qualcuno avesse abbondantemente esagerato nell’uso di alcuni termini ( penso ad “amicizia” ). Me ne ero reso conto e avevo fatto presente che non sarebbe stato il caso di lasciarsi andare a valutazioni che si sarebbero potute dimostrare un flop. Niente da fare. Nonostante io abbia avuto riprove delle mie esatte previsioni, anziché mostrare un bel silenzio costruttivo, questi soggetti hanno ripreso a contattarmi. Perché dico io? Manca, a mio parere, l’esatta percezione dell’interlocutore come persona intelligente e dotata di sensibilità. Peggio ancora quando le prospettive generate attraverso le parole si rivelano completamente sbagliate ed il boomerang è già partito in direzione di chi lo ha lanciato. Sono esterrefatto. Senso di delusione cui si unisce una sorta di rassegnazione. Parliamo, spesso non sappiamo quello che diciamo e meno che mai abbiamo idea delle conseguenze. E i fatti? Dove li mettiamo i fatti? Esistono delle vittime predestinate; mi sento ricoperto da una montagna di parole senza senso cui rispondo con un silenzio costruttivo. Che ai più passa per accettazione rassegnata ma in realtà è totale disprezzo. Parlate meno, piuttosto scrivete, probabilmente vi aiuterà a riflettere.

il-silenzio4

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