martedì 29 ottobre 2013

Slanci impossibili

E

’ stato bello il viaggio. Minuti, ore, giorni, mesi forse anni ma, alla fine posso sostenere di essere arrivato ad una conclusione: mi conosco. Temo sia del tutto inutile proseguire, credo che nulla o nessuno sarà in grado di provocare in me azioni e reazioni che ancora non conosco. E a questo punto smetto di fare autocritica. Non era ciò che desideravo? Avere tutto sotto controllo, a cominciare da me. Non c’è più gusto, la mia vita ed il mondo sono di una monotonia inenarrabile; una catena di montaggio l’agire umano, per cui anche gli stimoli vanno a farsi benedire. La piena conoscenza di sé è una conquista se, una volta accettati limiti e difetti, si riesce a non lamentarsene più convivendo con la propria essenza. Mi fa soffrire ma non posso evitarlo, questo è lo slogan cui sono giunto dopo anni e anni di paziente analisi. Non ho mai preso una decisione che mi facesse sentire felice, non ho mai avuto il coraggio di sbattere la porta in faccia a chi mi ha reso triste; non ho mai parlato o agito ma solo pensato, teorizzato. E oggi, a quarantacinque anni suonati, piango di me quando mi ritrovo strizzato come una spugna sul lavoro e poi, una volta a casa a tirare giù rospi per la mia solitudine, per le occasioni mancate. Sono certezze, non posso farci niente. Servono scatti improvvisi, inaspettati, slanci così grandi da superare i muri dell’abitudine, del “tutto sommato, mi sta bene”. Non me la sento. Da quando ho iniziato la mia esperienza Torinese la mia vita è profondamente cambiata. Io sono cambiato. Non provo più alcun sentimento e non si tratta, come credevo (o speravo) di una situazione passeggera. E’ una certezza. Non faccio più entrare nessuno nella mia vita, non sopporto chi si ostina a volerlo fare in modo prevedibile, cercando certezze e rassicurazioni nella persona (io) più sbagliata e meno adatta al caso. Non voglio dare e non pretendo più attenzioni. A che scopo? In nome di cosa dovrei scoprire l’amore o l’affetto? Illusioni, abbagli, miraggi. Nulla di tangibile. Il viaggio è stato persino piacevole giacché niente più del nostro complicato cervello e della nostra tortuosa interiorità, suscita interesse. Forse il viaggio è giunto al termine. Non c’è stimolo nell’altrui conoscenza, nulla che riesca più a stupirmi. Non me la sento.



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