sabato 24 novembre 2012

Ci vorrebbe il cuore

C

he poi, alla fine, mi accontento di poco; capita quando ho la sensazione di sfiorare la perfezione e sul volto si dipinge un bellissimo, quanto raro, sorriso di soddisfazione. Mi basta una giornata di lavoro frenetica, ma alquanto produttiva, a togliermi il sonno sul regionale delle 17.20 lasciando liberi i pensieri, al di là del finestrino. Dov’è la perfezione che vado cercando? Non esiste, non esiste!! Oppure è lì, così vicina, quasi tangibile. Oggi ho dato il massimo, ero sicuro di me, mi sentivo forte. Eccola la perfezione. Che poi ai più tutto questo sfugge, appartiene alla normalità, perché il lavoro è parte dell’ordinario e non è certo lì che dobbiamo dimostrare a noi stessi quanto valiamo. Tuttavia, siete al corrente della mia arida vita, del mio deserto di momenti in cui mettere sul piatto tutto ciò che di buono ho a disposizione. E’ chiaro, evidente, provato che tutte le mie paure svaniscono non appena svesto i panni dell’alieno mancato e realizzo chi sono. Oddio, sono un uomo normale. Ecco, questo è il punto. L’appartenenza al mondo degli imperfetti è una quotidiana presa di coscienza dell’inutilità di una battaglia intrapresa da tempo e che mi sta logorando. Sostengo fortemente la tesi per cui chi di noi ha una percezione massima della superficialità, diventa schiavo della perfezione. La cerchi ovunque ma ti fermi ad un passo dal traguardo perché Lei, sta al di là di un muro invalicabile. Provare a scavalcarlo ci fa cadere a terra tante volte fino a perdere i sensi. L’orgoglio mi spinge a dire che non rinuncerò a cercarla, perché mi sento e voglio essere diverso dagli altri. Perché non posso accontentarmi di pensare che siamo tutti nella stessa barca. Ci sono momenti in cui penso a tutto ciò che di materiale offre la vita. Cavoli, ci è stata concessa solo un’opportunità, vogliamo sprecarla stando qui a dissertare di sensazioni, e dei soliti contorcimenti? Si, la vita è anche fatta di piacere, di evasione, per qualcuno di trasgressione. Questo lo so. Il fatto di essermi progressivamente curvato su me stesso non mi ha fatto dimenticare ciò che è estraneo ai sentimenti, ai pensieri, alla morale. Ci penso, eccome se ci penso. Ma cosa posso fare, il mio cervello è una macchina che non smette mai di lavorare, a volte s’inceppa, ma nessuno riesce a liberarla. Ci vorrebbe il cuore. Mi basta sapere di essere amato e voluto bene? Mi basta? Forse, se cominciassi io a farlo potrebbe cambiare qualcosa. Beh, non ci penso e mi lascio andare a questo Sabato, apparentemente inutile come tutti i giorni non vissuti come vorresti. Ma, sorridendo di me stesso continuo a ripetermi: “Ma cosa voglio?”.

 
cuore1

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