martedì 25 settembre 2012

Come dentro un film

H

o sempre pensato che l’avvento del lavoro mi avrebbe trasformato, del resto non mi sono mai piaciuto, giocoforza le aspettative erano piuttosto consistenti. Desideravo con tutto il cuore smetterla di essere un uomo con l’esperienza di un infante, pregavo di finirla col giustificare al mondo perché o per come quell’uomo non fosse sincronizzato né con il mondo tantomeno con se stesso. Non avevo un vissuto sufficiente a giustificare le mie mancanze, i miei "non saper cosa dire" di fronte alle solite domande: “Cosa fai nella vita?”, oppure “Ti sei sposato, hai figli”? D’altronde prima o poi il castello di bugie sarebbe crollato e mi sarebbe finito addosso seppellendomi. In cuor mio sapevo che realizzarmi professionalmente avrebbe fatto di me un uomo, almeno al passo del mio tempo di vita. Poi, il resto sarebbe venuto da sé. Il resto. Eccolo il problema. Sono cambiato, ma non perché mi sono realizzato professionalmente, semplicemente ho dato un primo senso alla mia vita. Un significato ancora troppo venale, materiale. La strada da compiere è ancora molto lunga. Tutto cambia, niente cambia. Gli stravolgimenti non esistono, almeno a parole. Ci vogliono i fatti. Oggi, ho passato una brutta giornata. Non vedevo l’ora di ritrovarmi seduto sul sedile blu della prima declassata giusto per riguardarmi. Da tempo sostengo che se avessimo una telecamera a riprenderci in ogni nostro momento della giornata e se ( solo noi però )potessimo riesaminare attentamente il nostro comportamento, riusciremmo a capire molte cose. Probabilmente dimentichiamo con estrema facilità. Io ad esempio, non perdo il mio vizio: sono impulsivo. Ho sperimentato nella mia vita che questo tipo di reazione porta solo svantaggi. Ma se andassi a rivedere certe scene del passato ( anche recente) scoprirei che alla stessa provocazione corrisponde la stessa medesima reazione. Dunque non ho imparato niente. Se solo riuscissi a far scendere il valore di rispetto che ho nei confronti del prossimo, se solo mi impegnassi a guardarlo con occhi diversi, e a pesarne le parole con il giusto metodo, le mie reazioni cambierebbero. Sei quello che gli altri pensano tu sia o semplicemente quello che tu ritieni di essere? Non ci sono dubbi no? Il lavoro non mi ha trasformato. Ha solo contribuito a svelare una parte di me, a renderla più facile da esibire agli altri. Gli altri. Lo ripeto troppo spesso. Ho bisogno di continuare a guardarmi e a rivedermi. Gli altri non sono nessuno, io rispondo solo a me stesso.

 
film_pellicola

4 commenti:

  1. L'ultima frase che hai scritto, dovrebbe diventare il tuo modo di pensare perpetuo. Gli altri non sono nessuno!!!! Se ti guardi attorno, ti accorgi che in linea di massima, si ha a che fare con persone convinte di essere "migliori", "più intelligenti" e soprattutto "più furbe" di te. Io sono convinta, che bisogna agire in modo da lasciare a queste persone la convinzione di essere così, ma dentro di noi pensare proprio "queste persone non sono nessuno", perchè le persone come te, che sanno vedere oltre, conoscono il proprio valore e sanno di essere migliori. ciao buon fine settimana.

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  2. Un post molto profondo e vero.Se ti va di venire a trovarmi ho un blog che semplifica la vita, come l'ho nominato io. Ciao

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  3. Cara Laila, è da tempo che mi dici questo e io sono il solito sordo. Spero vivamente che questa nuova prova che inizierà Lunedì mi aiuti a capire ulteriormente chi sono, almeno dal punto di vista del lavoro. Poi,da questa nuova esperienza mi auguro arrivino ulteriori motivazioni e convincimenti. Ho dei validi collaboratori, sono convinto che sarà bello. Un abbraccio.

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  4. Ciao Alessio, innanzitutto benvenuto sul mio blog e grazie per le tue parole. Ora passo a trovarti. Spero tornerai a leggermi. Un caro saluto.

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