lunedì 21 febbraio 2011

Seconda pelle

D
uro e risoluto. Cavoli, mi mancano entrambi gli attributi. Posso definirmi un “debole con i deboli”. Che poi chi lo ha detto che siano effettivamente tali? Insomma, non scopro niente di nuovo nel riconoscermi un sensibile, dotato di una rara predisposizione all’empatia. E non mi sto tessendo le lodi; la disponibilità, la sensibilità, la capacità di calarsi nei panni altrui sono qualità che provocano non pochi sconquassi interni. E se liberarmi di queste arcinote qualità (?) risulta un’impresa da titani sul fronte dei rapporti interpersonali, dovrebbe ( anzi deve ) costituire una necessità impellente sul fronte del lavoro. Lo devo fare in ragione della specifica mansione che mi è stata affidata. Ora, in poche parole mi si chiede: durezza, scaltrezza, pochi giri di parole, risolutezza, una certa dose di “carognismo”. Altrimenti, e me ne sono pienamente reso conto, entri in un vortice di sabbie mobili che piano piano finiscono con l’ingoiarti. E allora ecco tornare in voga il mio proposito a breve scadenza: lavoro e vita privata devono stare su due piani diversi. Non posso dire mi riesca facile dimenticare chi sono per 36 ore alla settimana, faccio fatica ad immaginarmi una persona in grado di imporre anche una certa autorità. Mi tornano alla mente tutte le volte ( migliaia ) in cui ho promesso a me stesso di cambiare, di diventare cinico, calcolatore, quello che si definisce di solito un “bastardo dentro”. Lo richiedeva un istinto di sopravvivenza. Il mondo è una gabbia di leoni affamati pronti a sbranarti alla prima distrazione. Non provare a dar loro da mangiare, rischieresti l’amputazione del braccio. Lontano da leoni e sanguisughe dunque. Non ci sono riuscito. Se mi guardo, non posso certo affermare di essermi incattivito, imbastardito; sono sempre il solito. Bene. Ora tutto passi per quello che è il mondo delle relazioni, non per quello lavorativo ove (sebbene non in modo esplicito ) mi viene chiesta ben altra predisposizione. Se no, sono tutti cavoli miei. Oggi, ad esempio sono stato vittima della risolutezza fredda e inattesa di una collega la quale ha subito individuato nel sottoscritto la persona giusta cui affidare una bella patata bollente. E vai allora. E posso dire che dopo tanto tempo ho seriamente pensato di cedere al nervosismo e all’impulsività. Penso poi di averlo fatto e non mi piace. Pazienza, ho imparato un’altra lezione. Ma è quel modo di puntare su di me, come il coglione di turno a non piacermi. Ho bisogno di ulteriore allenamento. Esercizi su esercizi per far si che io riesca a diventare ciò che devo, per ragioni di copione. E non ho un passato d’attore. Per non parlare delle maschere, quelle proprio non fanno per me. Devo pensarla così: indossare una seconda pelle, come l’acqua assumere la forma del recipiente. Ci provo, un’altra battaglia da vincere entro un mese. Questo è l’obiettivo.


5 commenti:

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  2. Ce la farai, Enzo. Ce la farai anche tu esattamente come è successo a me. Non si tratta di recitare una parte, ma di sopravvivere agli sgambetti. Separare vita privata e lavoro è però impresa titanica. Credo sia già grandioso imparare a scrutare i residui della giornata lavorativa per trovarvi quei pochi granelli d'oro che la vita impiglia involontariamente nei nostri setacci. E poi farli nostri con avidità, ovviamente. ;)

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  3. E ancora grazie Claudio. I tuoi pensieri sono sempre illuminanti. Eh si, un'impresa da titani, lo so. E forse si tratta di un obiettivo più virtuale che reale. Ma mi piace pormi sempre un piccolo traguardo da raggiungere.E' una forma di sopravvivenza anche questa. Ed il lavoro sa impartire lezioni di vita. Ne trarrò giovamento, o almeno ci proverò. Un abbraccio.

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  4. Parti dal presupposto che il lavoro è solo un'attività per guadagnare i soldi per sopravvivere. Tutto quello che succede là dentro è in un contenitore, quando esci dal contenitore non devi portati pezzi con te.

    Non è facile ma vedrai che ce la farai.

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  5. Si lavora per vivere e non il contrario, vero? La sensibilità mi accompagna ovunque ma a volte è vitale liberarsi di certi atteggiamenti. Lo richiede un certo copione...

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