mercoledì 18 gennaio 2012

Lo strano percorso

T
utte le mattine il 52 si ferma a non più di cento metri dal palazzo dove lavoro. Ora qualcuno si potrà anche chiedere quanto possa essere rilevante dedicare un articolo al percorso che ci separa da casa al luogo di lavoro. Nel mio caso, tutto è forzatamente rilevante: prendo quattro mezzi per arrivare davanti alla bollatrice: un’auto, un treno, un autobus, le mie gambe. Tutte le mattine, mi si parano innanzi le solite facce, evito scontri frontali con gente impazzita alla ricerca di un posto sul treno, affronto maleducati di ogni sorta. L’ultimo pezzo però è tutto mio: posso scegliere il tragitto. Ora, dalla fermata del 52 al lavoro mi separano non più di cento metri. Cosa faccio? Inizialmente la prendevo “larga”. Non so perché ma, questa scelta mi obbligava a passare davanti all’ingresso principale dove entra l’utenza. E la cosa mi riempiva di ansia perché era come farsi già un’idea del tenore della giornata che mi attendeva. Da un po’ di tempo ho deciso di cambiare optando per “tagliare”. Non è che riduco di molto il percorso, ma quella stradina a me piace tanto; lungo tutto un lato di essa fanno bella mostra di sé dieci vetrine di un prestigioso negozio di arredamento. Vetrine ed ambienti enormi tanto da ospitare vere e proprie stanze. E così mi sono innamorato delle camere da letto in stile provenzale che trasmettono una piacevole sensazione di serenità e calma. Chiamatemi stupido ma ora non cambio mai strada. Che dire, ho un estremo bisogno di calore, e il solo soffermarmi anche per dieci secondo davanti a quegli ambienti così caldi mi rasserena. E’ indubbiamente l’effetto della rigida temperatura esterna e del conseguente desiderio di protezione. Ho anche riflettuto sul perché di questa cosa. Perché io provo sempre a dare un perché alle mie azioni, spesso e volentieri difficili da capire. E’ un po’ come quando, mentre sono avvolto dalla pelliccia del cappuccio e provo ad addormentarmici dentro, penso alla doccia calda della sera, alla luce soffusa dell’abatjour. Lo so, lo fate tutti. E’ normale, non posso certo pensare che certe stranezze siano solo mie. Ma oggi volevo parlare dello strano percorso che mi porta al lavoro. E che si conclude con un piacevole sguardo ad una vetrina. Quella camera da letto la dovrei comprare; mancano solo i soldi, una casa e qualcuno con cui condividerla. Ma forse l’ultima che ho detto, è anche l’ultimo dei problemi.
 
paradis-blanc-chambre-amb-fond

4 commenti:

  1. Dai, arriverai ad ottenere gli obiettivi, basta avere pazienza. E intanto continua a passar lì e pregusta il momento in cui entrai dentro e la ordinerai.

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  2. Ah di certo Paolo! Il passaggio è quasi obbligato.. :))

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  3. Un post quasi letterario questo, che mi è piaciuto ed ho apprezzato. Una sorta di elogio delle piccole cose, in un mondo dove ci vorrebbe meno superfluo per concentrarsi sull'essenziale e scoprire le vie della vera serenità. Mai come oggi siamo stati circondati da così tanti oggetti, in una società che ci ha trasformati da cittadini in consumatori e clienti.
    Tutto è veloce, eccessivo, superficiale. Questo è troppo per me. Sotto c'è il mondo, quello vero, ma sotto sotto e bisogna scavare in mezzo allo schifo per trovarlo.
    Desidero una sobrietà fatta di cose piccole, le necessarie e desidero la capacità di saperne godere. Una casa, un'auto, il cibo, abiti decenti e soprattutto un affetto, una persona accanto con cui godere di tutto questo, un solo contatto intimo e profondo. E' da troppo tempo che aspetto.

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  4. Grazie Jacopo per il tuo intervento. La sostanza della vita. Bertrand Russel diceva che "non possedere qualcosa che si desidera è una parte essenziale della felicità". Non è del tutto sbagliato. I desideri sono legittimi. Probabilmente non sappiamo cosa desideriamo veramente, questo è il problema. E a volte, rendersi conto di volere ciò che è essenziale significa essere pienamente calati nella realtà della vita, quella vera. Ma ci si sente diversi, lontani da quel mondo che anela alla quantità, non alla qualità.

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