martedì 30 novembre 2010
Dicembre è…
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lunedì 29 novembre 2010
Curve e dossi
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Percorsi molto tortuosi in vista |
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domenica 28 novembre 2010
A me, non fanno ridere.
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sabato 27 novembre 2010
Sala d’aspetto
suggerirmi l’articolo di oggi è stata una canzone. Se volete ascoltarla mentre leggete il post, vi allego il video. Ascolto pochissimo la radio, anche in macchina; di gran lunga preferisco il mio lettore mp3 o i cari vecchi cd ove custodisco tutta la mia musica preferita. Si rende di tanto in tanto necessario qualche aggiornamento perché capisco che, ascoltare in random sempre gli stessi brani può risultare noioso. Qualche giorno fa però, trovandomi a fare il passeggero, ho sentito questo pezzo provenire dalla radio. E come sempre accade quando parte l’attacco di una qualsiasi canzone, comincio a fare vari collegamenti cercando di immaginare a quale preciso momento della vita quel brano mi riporti. Ma questo gran bel pezzo di Raf ha un particolare significato essendo di fatto celebrativo della fine di un’epoca di cui tanto si parla e a cui spesso con grande nostalgia si ripensa. Mentre ascoltavo la canzone mi è sovvenuta un’ ”incredibile” intuizione: ma, stiamo o non stiamo avvicinandoci alla fine di un altro decennio? E nonostante l’idea di guardarmi indietro mi incuta il solito timore, viene spontaneo provare a fare un’analisi di questi dieci anni di vita. Sotto il profilo personale devo riconoscere si è trattato di un periodo se non buio, piuttosto oscuro. Un periodo durante il quale l’insicurezza unita all’incapacità di affrontare situazioni e adottare decisioni di una certa rilevanza, si sono rivelate determinanti per il mio futuro a livello professionale. Ci sono stati momenti in cui avrei potuto e non ho agito, altri in cui avrei dovuto e ho avuto paura. Questi dieci anni? Sotto il profilo delle relazioni personali li potrei immaginare come una grande sala d’aspetto all’interno della quale si sono avvicendate tante persone (ognuna con il proprio bagaglio -talvolta pesantissimo- ) nessuna delle quali però, mai seriamente intenzionata a fermarvisi. Un grande andirivieni dunque, ove l’unico spettatore immobile, senza una precisa destinazione, pareva proprio il sottoscritto. Ma sarei davvero ingiusto se non riconoscessi a questi dieci anni il merito di avermi fatto incontrare persone per cui è valsa la pena e vale tuttora la pena di dire: “andiamo avanti”. Mentirei a me stesso se non sottolineassi quanto questa fase sia stata fondamentale per la mia crescita interiore. Il decennio dei miei “40”. Beh, che dire di fronte a tanta saggezza acquisita: chiudo questo articolo con un grazie ai miei anni che sono scivolati via così rapidamente quasi a volermi fare aprire gli occhi sul mondo.Quel mondo di cui forse ora ho ben chiari i confini.
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venerdì 26 novembre 2010
In coda
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Un sorriso ogni tanto non guasta.. |
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martedì 23 novembre 2010
Picchettaggio
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Uhm..a volte bastano poche parole.. |
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lunedì 22 novembre 2010
Question time
l weekend appena trascorso , seppur buio e piovoso, ha fatto luce sulle ombre ed i pensieri negativi che si sono rincorsi nella mia mente durante la scorsa settimana. Merito di una riflessione forzatamente indotta dalla solita assenza di svago ma alquanto produttiva perché lucida. Lavoro dunque sempre da solo, sono io l’interrogante, io che pongo quesiti e sempre io a rispondere, ad illuminarmi. Una sorta di “question time” il cui protagonista è il sottoscritto con domande e risposte a raffica. Dicono che so ascoltare ma preme ricordare che sono molto bravo ad ascoltarmi ed ho sinceramente più a cuore questa seconda capacità. Quando decido di rivolgermi qualche domanda chiedendo il perché di certi miei atteggiamenti e di quelli altrui, mi accorgo di non avere più molta fretta di rispondere. Mi prendo il tempo che serve e poi, provo a fare chiarezza. Quell’impulsività che qualche anno fa si traduceva nella tendenza a tirare conclusioni affrettate mi ha di fatto abbandonato. Il proverbio dice che “a pensar male si fa peccato ma il più delle volte ci si azzecca”; spesso i fatti mi hanno dato ragione nel fidarmi o nel non fidarmi di qualcuno “a pelle”. Poi mi sono detto: “Perché limitarmi ad una valutazione approssimativa che potrebbe rivelarsi anche svantaggiosa oltrechè pregiudizievole?” E così, ho smesso di pensar subito bene o male di qualcuno sperando che, data una possibilità, concessane un’altra, alla terza io potessi finalmente avere una prova dell’affidabilità di chi mi stava di fronte. Questo secondo metodo di valutazione non mi ha dato le garanzie che cercavo ma mi ha aiutato ad accettare le persone per come esse sono. E, questa stessa tempistica nel giudicare gli altri io la sto adottando nei miei confronti. Sbaglio a fare una cosa? Beh, mi concedo un’altra possibilità. Sbaglio ancora? Me ne concedo un’altra. Alla terza, deduco che sono umano, ovvero imperfetto e magari anche coglione. Me lo dico io, non ho bisogno che lo facciano gli altri. Mi ritengo dunque fortunato ad essere io, l’unico confidente di me stesso, perché non c’è peggior amico di quello che ti consiglia dicendo ciò che tu vorresti ti venisse detto. Giusto? Ed io, che sono il più ipercritico dei critici, posso autobastonarmi e mangiare la carota quando voglio. Un grazie però lo devo rivolgere a chi sa sempre ascoltarmi con pazienza in modo disinteressato e riesce ( e ce ne sono pochissimi ) a starmi dietro, nonostante il fondo del barile sembri scendere ogni volta.
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Solite domande, nuove risposte |
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domenica 21 novembre 2010
Puntare l’obiettivo
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Quell'obiettivo me lo sogno.. |
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sabato 20 novembre 2010
Crisi di rigetto
iflessioni di metà cammino: la giornata è uggiosa e induce al sonno , alla lettura, al non fare nulla. Io naturalmente opto per qualche elucubrazione nel mio stile ovvero “di peso”, ma nel senso di pesante da reggere. A questo punto, potete fermarvi qui e scegliere di meglio. A poco più di due anni di distanza dal mio “quarantesimo” , questa settimana ho avuto una vera e propria crisi di rigetto. A quel tempo riuscii ad esorcizzare il raggiungimento del fatidico traguardo, dapprima attraverso un viaggio a Parigi, poi in modo quasi del tutto incosciente. In fondo quaranta è solo un numero e spesso i numeri hanno un significato del tutto relativo; l’ho imparato soprattutto a scuola, quando un maledetto voto avrebbe potuto caderti addosso come un macigno. Credo che l’età anagrafica allo stesso modo, giochi un ruolo marginale. L’età, quella vera, la dimostra la nostra indole, la nostra voglia di vivere e lottare. Gli studi scientifici mi collocano più o meno a metà del percorso, ma solo gli studi, per carità; non oserei mai contraddire colui che ha già “piazzato” la bandiera a scacchi di fine corsa in un punto a me sconosciuto. Ecco perché, a fronte soprattutto della prospettiva ( per ora ancora teorica ) di un possibile cambio di vita, ho avvertito un senso di oppressione. Da un lato, il futuro che mi chiama a gran voce e dall’altro il mio passato che, d’un tratto è tornato prepotente a trovarmi. Si perché, di fronte ad un cambio sostanziale di vita, tutto ciò che è stato torna a trovarti e nel mio caso questo “tutto” assume la forma di: errori, tempo perduto e altro ancora. Ti ritrovi esattamente “nel mezzo del cammino”, ma senti che forse, questo momento, a livello emotivo, avrebbe dovuto arrivare molto prima, avresti dovuto tu, farlo arrivare prima. Esiste per fortuna un “presente” che, se vissuto nel modo più appropriato, costituisce un antidoto in grado di anestetizzare paure e paranoie varie. La crisi, ad ogni modo è passata; se qualcuno mi ponesse uno strano quesito del tipo: ” Ti impaurisce più il tuo passato od il futuro?” io risponderei senza mezze parole: “Il mio passato”. E voi? Io, vado a godermi un po’ di presente, che in questo esatto momento ha la forma di musica, qualcosa cui non potrei mai rinunciare.
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venerdì 19 novembre 2010
Goldrake e Willy Coyote
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Cado, cado, tanto poi mi rialzo. |
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giovedì 18 novembre 2010
Nostalgia da 56K
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Il caro e vecchio modem analogico |
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mercoledì 17 novembre 2010
Costi e benefìci
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martedì 16 novembre 2010
Effetto boomerang
iù rileggo questo blog, più non mi piace. Talvolta, “ripassando” i miei scritti, mi chiedo se sia veramente io a scrivere quelle cose e se effettivamente quei pensieri siano lo specchio fedele della mia anima. Se fosse così, avrei paura. Perché non c’è niente di più tremendo che avere una prova scritta della propria inquietudine interiore. Questo blog mi si sta rivoltando contro. Perché scrivere è frutto di una riflessione e a sua volta la riflessione, di un momento di pace interiore; appunto, di un momento. E chi ha pensato, leggendo questi articoli, che io sia una persona tendente all’analisi, alla pacatezza, alla riflessione lenta, ha sbagliato tutto. Continuando sulla falsariga di ieri, ripeto che questo blog è un bluff. Sbaglio ad incolpare uno strumento; ad avere colpa è chi, di questo strumento fa uso e ( nel mio caso ) abuso. Lasciando quotidianamente qui le mie paturnie non mi aiuto affatto, a meno che io rinunci alla tendenza masochistica a rileggermi. Probabilmente l’introspezione si sta accentuando troppo e con essa il distacco dalla realtà che, per quanto sempre ignobile e asfittica ( parlo per me ) è pur sempre viva. Ed io nella realtà trasmetto agli altri ben altre immagini, ben altre impressioni. Di sicuro sono sempre stato una persona incapace di esprimere il proprio pensiero, la propria opinione, le proprie lamentele senza timore di essere giudicato. E proprio il timore del giudizio altrui mi rende neutro, un finto neutrale. Io so dove andare, da che parte stare, chi amare e chi odiare. Nella vita non sono mai stato forte al punto di esprimerle certe opinioni, e, chissà perché, scrivendo, mi riesce ancor più difficile. Non ho alcuna intenzione di passare per un buonista, senza carattere, disposto a perdonare tutti. Non sono così. L’equilibrio che qualcuno mi sta aiutando a raggiungere deve passare per un atteggiamento assertivo che non è , e non è mai stato nelle mie corde. L’arida vita che conduco mi ha portato gradatamente a perdere due dei miei più evidenti tratti caratteriali: l’istinto e l’orgoglio. Senza contare l’impulsività. Vorrei a tutti i costi riappropriamene, e per farlo ho davvero bisogno di alleggerire il peso dei pensieri, di tornare ad essere quella persona si, capace di pensare ma anche in grado di far sentire la propria voce e di lottare senza dover per forza cercare soluzioni salomoniche. Non credo più a chi dice che, ad una certa età la personalità è quella e non si può cambiare. Voglio dimostrare che non è così.
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lunedì 15 novembre 2010
E’ tutto un bluff
Parigi avevo acquistato uno di quei soliti souvenirs di cui si conosce bene l’inutilità. Per la precisione avevo comprato a Montmartre una minuscola Torre Eiffel da utilizzare come portachiavi. Ieri ho visto quella torre spezzarsi in due tronconi giacchè la forza che ho impresso nel lancio dell’oggetto l’ha quasi disintegrata. Ieri ho fatto “Bum!”. Ieri sono esploso in una rabbia della durata di non più di cinque minuti e in quel mentre ho desiderato con tutto me stesso di essere altrove. Volevo trovarmi all’interno di uno di quei grandi capannoni abbandonati sperduti nelle campagne ove nessuno ti può sentire, ove lanciare in aria un urlo soffocante potrebbe al massimo rompere qualche vetro già ormai venato. Ho finalmente tolto il detonatore e, in men che non si dica, tutto quello che in questi mesi ho accumulato in termini di frustrazione, rabbia sopita e “modus agendi” finalizzato al quieto vivere, è venuto fuori. Intorno a me però non c’erano mura desolatamente riempite da graffiti, vetri venati, qualche siringa ed erbacce. Intorno a me avevo persone, cuori, anime, occhi. Avrei voluto uscire, fare “bum!” in totale solitudine poi, magari, tornare a casa facendo credere di essere andato a fare una piacevole passeggiata. Possibile che la mia tanto decantata serenità interiore su cui sto lavorando ancora, si stia rivelando un vero e proprio bluff. E’ un bluff perché fino a che l’animo sereno è tale non a causa di qualcosa che così lo rende bensì a titolo di necessità ( quieto vivere n.d.r. ), allora tutto è finto. E’ tutto un bluff. Sto bluffando con me stesso, continuo ad autoconvincermi di tante, troppe cose che in realtà non sono vere. Di vero c’è solo il lavoro su me stesso, quello si. Ci sto dedicando anima e anima, ma, ho paura di avere ancora da raschiare in fondo al barile. Continuano ad assalirmi paure ingiustificate, timori, ansie di ogni tipo, gli stessi fantasmi che sono tornati a trovarmi a distanza di circa tre mesi. Tutto è ciclico. Va via per poi tornare ed io improvvisamente perdo la corazza che mi sono costruito a fatica, abbasso le difese e lascio che tutto mi travolga. E’ curioso, ma del tutto istintivo, ciò che accade in questi frangenti. Improvvisamente la mia mente comincia a visualizzare delle immagini, dei volti: sono quelli di quelle persone che, vorrei affrontare in quel momento per dire loro che, una parte dei miei malesseri ( seppur piccola) è anche causa loro. Non meritano attenzione, lo so, ma è come si trattasse di un riflesso incondizionato, mi si ripresentano come quando mangi qualcosa che non digerisci. A loro rivolgo il mio più cordiale vaffanculo. Ora che ho fatto “Bum!” torno a bluffare, torno a far credere a me stesso (agli altri poco importa) di avere imparato la lezione, di aver capito tutto. Fino alla prossima volta.
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domenica 14 novembre 2010
Il cinghiale della pubblicità
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sabato 13 novembre 2010
Messaggi a caso
ualcuno chiami la neurodeliri. Da qualche tempo ho cominciato a fare ragionamenti a voce alta, anche se per ora solo all’interno delle mura domestiche. Non prendo medicinali, non sono in cura antidepressiva, ho un’alimentazione corretta, non bevo superalcolici e non fumo. I miei neuroni mi stanno probabilmente voltando le spalle, stanchi, oppressi dal loro continuo lavorare senza un fine apparente. Ed allora per dispetto, mandano messaggi a caso. Ho provato, in qualche momento di lucidità a chiedermi il motivo del pormi domande a voce: probabilmente, riesco a tenere in pugno l’ordine delle problematiche dando risposte della cui validità finisco per autoconvincermi. Cosa mi sta preoccupando? Al momento attuale appaio come una pentola borbottante cui è stato messo un bel coperchio sopra: provate a togliere quel coperchio dopo molto, troppo tempo e capirete cosa potrebbe accadere. Rimango dunque fermo, costretto a vivere giorni di attesa, di speranza e (sebbene io non voglia cedere alla tentazione), di programmi per il futuro; che, il futuro in questione , potrebbe essere anche più vicino di quanto io non immagini. E di fronte ad un possibile cambiamento di vita, cominciano a salire i dubbi, le paure, persino le angosce. Oh, benedetta ragione, se solo a volte tu fossi così avvolgente da sopire sentimenti ed emozioni..Ed invece, lasci sempre una porta aperta e fai entrare ospiti indesiderati che è dura poi cacciar via. Così, ti rivolgi a me e sussurri che nulla potrebbe cambiare e che anzi, tutto o quasi potrebbe migliorare; che sarei un pazzo a pensare a possibili svantaggi. I sentimenti poi partono in quarta, ignari dei limiti di velocità che la ragione sa invece rispettare alla grande; i sentimenti spesso sono guidatori sprovveduti capaci però di regalarti emozioni impossibili, nel bene e nel male. Mi turba dunque pensare ad uno sconvolgimento emotivo che forse non sono pronto a sopportare, mi sfianca l’idea che in un certo modo quella struttura portante su cui con fatica ho costruito la mia personalità più recente potrebbe anche solo scricchiolare. Esistono, in ogni caso messaggi che solo la sfera razionale sa inviare con estrema puntualità e sono quelli che, puntano alla nostra sopravvivenza, ad illuminarci su ciò che è meglio per noi. E allora, davanti a questo bivio, scelgo la ragione senza dimenticare che viviamo anche per amare e provare emozioni. Se sarò bravo a gestire tutto, sarò quasi felice. Sto facendo i conti senza l’oste, lo so. E’ arrivata la neurodeliri, vado.
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venerdì 12 novembre 2010
Genova, per tornare a respirare.
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giovedì 11 novembre 2010
La solita minestra
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mercoledì 10 novembre 2010
Supplizi

accio la barba due volte alla settimana ed è, ogni volta, un supplizio. Mi tocca, a meno che io non accetti il fatto di apparire più vecchio di circa una decina d’anni. E a complicare le cose, a causa della mia maniacale pignoleria, utilizzo schiuma e lametta. Le spigolature del viso non permetterebbero un risultato ottimale usando un rasoio elettrico, dunque, supplizio maggiore. Raramente salto il “turno” e quando accade è sintomatico di una generale situazione di scavolamento. Non vado più nemmeno dal barbiere; la decisione è giunta nel momento in cui ho avvertito un sostanziale imbarazzo nel pagare un finto shampoo ed una sveltina con la macchinetta tagliacapelli la somma di euro 17. E così, il supplizio è duplice, anche se la rasatura della capoccia ha cadenza settimanale. Quando ho cominciato a perdere i capelli, intorno ai ventitrè-ventiquattro anni, è iniziato un percorso psicologico di accettazione assai tortuoso e difficile. A parte i soliti stronzi che non perdevano occasione di fartelo notare, si era ormai introdotto in me l’amletico dubbio: “Ma un pelato, può piacere? “. Sorvolo sui supplizi più prettamente topici, finalizzati ad allentare l’agonia dei bulbi piliferi senza alcun risultato. A diventar vecchi talvolta si guadagna e con l’età sono stato introdotto gradatamente al mondo dell’autoironia e della consapevole accettazione. Addirittura, se anche solo volessi utilizzare quelle poche centinaia di capelli che mi stanno dietro ai fini un autotrapianto, non riuscirei a guardarmi allo specchio. Bene, dunque. Ho ottenuto il risultato voluto: non è questione di capello od altro, non è sicuramente questo a ghettizzarti. Ben più limitante è il modello esasperato di bellezza e perfezione che oggi impera e che porta anche una considerevole quantità di uomini, a frequentare centri estetici e a fare sedute di ogni tipo. Tutti (uomini e donne) dicono che lo fanno per piacere a se stessi e ci può stare. Ma quanti poi, in realtà lo fanno per stare a galla in un sistema che vuole l’apparenza al centro di tutto. Ognuno è libero di far ciò che vuole. Io penso che la linea di confine tra, volersi bene e insicurezza sia molto sottile. E questo è un male per molte giovani generazioni che ( mi è capitato di sentire ) pensano di non essere all’altezza per questo o quel problema. Amarsi e piacersi, è a mio parere essenziale ma questo non deve passare attraverso l’esteriorità quanto mediante il modo di comunicare e di essere presenti. A tutte quelle persone che, esagerano ( perché, tutto, a piccole dosi, è accettabile ) dedico questa frase che Anna Magnani un giorno rivolse al suo truccatore parlando delle sue rughe: “Lasciamele tutte, ci ho messo una vita per farmele”. Vabbè, ad ognuno il proprio supplizio.
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martedì 9 novembre 2010
Trasgressione? Roba d’altri tempi.

eri ho fatto una follia e, se si esclude un momentaneo senso di colpa, posso dire di essere soddisfatto, pienamente soddisfatto. Svelerò in seguito di cosa si tratta ma ci voleva uno strappo alla regola, avevo proprio bisogno di un “picco di vita” a fronte della solita situazione da elettroencefalogramma piatto. Siamo tutti un po’ folli, chi nella vita non ha mai fatto qualcosa di strano, quantomeno di impensabile alla luce del proprio modo di essere e di agire. Per quanto mi riguarda occorre risalire alla notte dei tempi per ricordare episodi trasgressivi, fuori dall’ordinario. Sono un sostenitore dell’idea per cui esiste un’età per ogni cosa dunque, più si procede con l’età meno si è portati ad andare oltre il proprio standard comportamentale. Nel mio caso però, quando a fare da sfondo alla propria esistenza c’è il deserto quasi totale, trasgredire può voler dire fare qualcosa che ai più risulta del tutto normale. Una delle cose che più desidero fare da tempo è sicuramente andare a ballare. Quando ne ero un assiduo frequentatore, un po’ per carattere e per timidezza, la discoteca rappresentava, non il classico luogo per “cuccare”, “rimorchiare” e via dicendo. Era, soprattutto, il luogo per eccellenza ove scatenarsi. Avevo, ricordo bene, molti amici che appena entrati si recavano al bar e poi svolgevano il loro compito: reggere con forza i pilastri portanti nella speranza che qualche coraggiosa si avvicinasse loro. Poveri illusi. E, quando il disc-jockey lanciava il famoso riempipista, io non potevo mancare. Il tempo passa, e me ne accorgo dal fatto che le mie ultime comparsate in discoteca mi vedono protagonista nelle sale revival. Quella di oggi non è musica; la nostra, quella dei ragazzi degli anni 80 si, eccome se lo era. Faccio due calcoli: saranno almeno cinque anni che non mi prendo il gusto di entrare in qualche locale con sale multiple, prendere la strada per la pista poi, un bel Cuba Libre e via, si riparte. Questa per me è trasgressione! Da ridere, roba da ridere. Ieri ho fatto un acquisto, è stata questa la mia follia. Niente di prettamente coinvolgente, ma, come mi è capitato già di dire in qualche articolo precedente, qualcosa di materiale. Quanto mi manca vivere certe situazioni; poi penso a quando, nel pieno dei miei “25” andavo a ballare il Venerdì che, ai tempi era la serata “adulti”. E ricordo i commenti: “Mamma mia, quanti vecchi stasera!” Chissà se mi sarà data l’opportunità di concedermi qualche bella trasgressione, rendendomi sì ridicolo, ma vivo. Aspetto solo che qualcuno apra la porta di questa gabbietta stretta in cui continuo a girare su me stesso sbattendo inutilmente le ali.
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lunedì 8 novembre 2010
A corto di sogni
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domenica 7 novembre 2010
Ci vediamo in galleria

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sabato 6 novembre 2010
Aprirsi al mondo

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giovedì 4 novembre 2010
Questi o quelli per me pari sono
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mercoledì 3 novembre 2010
La punta dell’iceberg
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martedì 2 novembre 2010
Il solito copione
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lunedì 1 novembre 2010
La quadratura del cerchio
Vattene, Ottobre. Vattene. Hai appesantito le mie spalle, la mia mente, il mio cuore. Non tornare più, e mi raccomando, lasciami soltanto quel che di buono, un’esperienza, lascia. Ottobre, grazie comunque per avermi fatto capire che Dio c’è, ed è in quella incredibile serie di eventi che mettono a dura prova la mente, il fisico, la capacità nervosa. E’ lì a farti capire che la forza di volontà aiuta a superare le montagne. E’ lì a dirti di non soffermarti mai su ciò che ti sta accadendo intorno, di non perdere il tuo tempo piangendoti addosso. Il tempo non aspetta. E’ lì a consigliarti, a ricordarti che, quando le acque si saranno calmate, la ragione e la lucidità ti soccorreranno e tutto apparirà così chiaro, ai tuoi occhi e alla tua mente. C’è sempre una sorta di compensazione nella vita: ci sono momenti, lunghi momenti in cui sembra ti venga tolto tutto, fasi nelle quali ti convinci che la giustizia, quella terrena, non esiste. Se hai pazienza, se hai la forza di superarli, avrai una gradita sorpresa. Ti scoprirai arricchito, ti accorgerai che tutto torna, che puoi ottenere la quadratura del cerchio. Io, ora, mi sento così. Non ci posso far nulla, e, sebbene dai miei scritti io possa apparire costantemente pessimista e incline all’analisi perpetua, mi sento bene. Voi a questo punto vi chiederete come possa sentirmi e quali toni i miei articoli potranno assumere, nei momenti più bui. Sorrido perché, giustamente, per quanto un breve passo possa già essere sintomatico delle condizioni del proprio animo, non rende mai completa giustizia. Ed è proprio in questo momento ( in cui come sempre lascio che l’anima detti a ruota libera le sue sensazioni ) che mi rendo conto di una piccola falla; immagino questo blog come il diario di bordo di una grande nave che affronta il suo viaggio senza una meta precisa, ma c’è qualcosa di cui probabilmente non potrò mai conservare memoria scritta. Ci sono sfumature, sguardi, gesti che non possono arrivare a chi mi legge, a chi, pur non conoscendomi si è affezionato a me, o meglio, alle mie parole. Non posso purtroppo andare oltre, e Voi non potete fare altrettanto, ma non posso che essere felice di tutto questo. Non possiamo scavalcare il muro che un freddo monitor rappresenta, non possiamo pretendere che si raggiunga quella perfezione che solo un rapporto umano vissuto in tutte le sue forme di espressione, può a volte regalare. Ma ringrazio ancora una volta, questo schermo, Voi e, la mia voglia di guardarmi dentro se oggi, mi sento bene. Piove a dirotto, è due giorni che non fa altro che piovere. Ed anche il suono forte della pioggia oggi, è musica per le mie orecchie.
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