Sento di non essere connesso al mondo. Anche questa notte ho dormito male: le ore serali mi regalano mal di testa, fiacca e freddo. Ho sperato la mia temperatura salisse in modo da cacciare via tutto, ma niente. E così passo l’intera notte sotto un paio di coperte, senza febbre ma irrigidito nel corpo e così mi sveglio pieno di reumatismi. Ma chi se ne può importare della mia condizione: queste sono perfette scemenze a fronte di situazioni di una certa gravità. Immaginando mio zio intubato a 900 chilometri di distanza e mia zia fuori da ogni senno, tutto appare innocuo, inutile. Quando hai timore che durante la notte possa arrivare una telefonata, ti accorgi di come, il tempo e le sue fasi si tingono dei più diversi colori e abbracciano le più diverse emozioni. L’arrivo della stagione fredda mi rende piacevole il momento della sera, il graduale avvicinamento al tanto agognato riposo, soprattutto mentale. Mi piace “dipingere” questa fase di un intenso color marrone. Casa mia è un casino: il telefono squilla come all’ufficio prenotazioni di un qualsiasi ospedale, il tono delle voci è sempre alto, altissimo. C’è un rumore di fondo perenne che non riesce a spezzare nemmeno il sacro momento della cena. La televisione in quel frangente parla, parla, parla , dice anche un sacco di cose interessanti ma nessuno, davvero nessuno riesce ad ascoltarla; un inutile spreco di energia. Ma cosa avremo poi da dirci noi quattro? Beh, niente che non abbiamo detto la sera precedente, niente che non riguardi l’ansia, le preoccupazioni, i problemi di tutti i giorni. Questa è la fase gialla, un giallo accecante. Ci sono dunque momenti di irreale silenzio, che per altro non si riescono a “vivere” perché appartengono al mondo della notte, e dei sogni. E allora ben venga la sera, ben venga soprattutto la notte. Non mi importa di non essere pienamente cosciente del mio momento di serenità, l’importante è che arrivi. E il buio della notte è di un nero lucido. Negli ultimi tempi, per i motivi sopra esposti quel nero ha perso un po’ del suo smalto, fino ad opacizzarsi. Sto piano piano riaprendo la piccola valigia di ricordi silenziosi accumulati durante le mie uscite in bicicletta. Chiudo gli occhi e mi soffermo su quei precisi istanti in cui riuscivo a respirare solo pace. E’ l’azzurro più azzurro. E vado avanti, in attesa di momenti migliori e di altre sfumature.
giovedì 30 settembre 2010
I colori del tempo
Tweet |
|
![]() |
mercoledì 29 settembre 2010
Nell’angolino
La parola d’ordine è: calma e gesso. Facile a dirsi ma qui, a casa, la tensione sta salendo. Conosco perfettamente questi momenti, i segnali sono sempre gli stessi, e raramente mi trovo impreparato ad affrontare il tutto. Aver imparato a gestire l’ansia mi ha portato incredibili vantaggi, tanto da venirmi quasi naturale adeguarmi alle situazioni come un liquido all’interno del suo recipiente. Non è la febbriciattola ed il senso di spossatezza, tanto meno il rumore assordante del martello pneumatico dei vicini; stanno arrivando notizie non molto rassicuranti sulla salute di alcuni cari che vivono in Puglia. Il carico emozionale grava quasi interamente su mia madre ma non per il fatto che noi altri ce ne freghiamo; semplicemente lei, ha difficoltà a gestire la situazione. Agisce d’istinto, chiama ogni giorno, passa ore al telefono nella speranza di trasmettere conforto e assistenza. Il fine è ammirevole, direi naturale. Ora, in questi esatti momenti io ho il bisogno di partecipare, ma senza dare contributi emotivi eccessivi. Riesco a farlo naturalmente ma non perché sia diventato un perfetto egoista, si tratta di aver imparato a non annullarmi totalmente. Non posso dimenticare che tra circa venti giorni avrò l’ennesimo orale da superare, ancora un nuovo banco di prova, un orale il cui superamento ha un valore esponenziale nell’economia della mia autostima, del senso del dovere e del futuro lavorativo. Tutto, o quasi viene al momento opportuno. Sembra strano a dirsi, ma, appare più che una coincidenza il fatto di dover sempre prepararsi ad un evento importante in un clima che nel frattempo si è infettato. Posso con orgoglio dire di aver fatto passi avanti: tempo addietro, simili situazioni mi avrebbero sicuramente portato all’esasperazione, per poi scaricare colpe ed altro su chi mi stava intorno. Riesco, e mi piace affermarlo, a mettermi nel mio angolino, ad essere, nonostante tutto, in equilibrio. La giornata è piena, e talvolta sembra di aver fatto tanto senza concludere alcunchè. Ma quando mi corico, e godo di un momento di pace prima del sonno, faccio un breve sunto del mio giorno: ho fatto tutto il possibile, mi dico. La felicità è, a volte, scoprire di aver imparato a vivere o almeno, di provarci.
Tweet |
|
![]() |
martedì 28 settembre 2010
Milano, parte seconda
Tweet |
|
![]() |
lunedì 27 settembre 2010
Milano, parte prima

Tweet |
|
![]() |
giovedì 23 settembre 2010
Ne ho piene le rotonde
Tweet |
|
![]() |
mercoledì 22 settembre 2010
Cento di questi post
Tweet |
|
![]() |
martedì 21 settembre 2010
Autunno

Tweet |
|
![]() |
lunedì 20 settembre 2010
Signor Latino

Tweet |
|
![]() |
domenica 19 settembre 2010
Invidia
Non fosse altro per evitare di iniziare a pensare e turbarmi ulteriormente, ieri sera ho deciso di uscire andando in pizzeria. La compagnia è sempre la solita, anche i luoghi di ritrovo finiscono con l’essere sempre gli stessi. Non ho motivazioni ad uscire, e la discriminante non è il luogo, ma l’insipidezza di chi mi sta intorno; amo stare a tavola, lo trovo un modo davvero coinvolgente per rendere una serata, quasi speciale. Tutto il contrario di ciò che è successo ieri: giunti in pizzeria ci è stato assegnato un piccolo tavolo posizionato al centro di due grandi tavolate ove si stava festeggiando un compleanno. Tantissimi giovani, grande frastuono. Mi stavo infastidendo ma non erano i ragazzi a rendermi indisponente quanto il fatto di vedere loro e poi, girando lo sguardo, osservare i miei conviviali. Da qui, il confronto, inevitabile. Tante le considerazioni che si sviluppavano nella mia mente mentre si rafforzava in me l’idea che io lì non avrei dovuto starci. Montava l’invidia. Ah… brutto, forse il peggiore dei sentimenti. Guardavo loro, festanti, gioiosi, spensierati e mi sentivo sempre più vecchio. A farmi sentire così sempre loro, i miei compagni di tavolo. A quei giovani gaudenti non poteva fregare di meno di noi ma sicuramente se qualcuno di loro ci avesse osservato per bene avrebbe pensato: “ Mamma che vecchi quelli!”. Ma io non mi sento così, eh no! Eppure il detto dice: “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei!”, giusto? Che dire, le considerazioni e le conclusioni che nascono da questo breve racconto sono tante e tutte ovvie. Per uno come me che si è completamente calato nella realtà dei suoi 40 anni abbondanti, accettandoli con spirito, è stato difficile d’un botto rivolersi sentire ventenne, ritrovare la bellissima superficialità di quei momenti a tavola, l’allegria di una pizzata. E’ come se, mettendo così vicini quel grande tavolone e quel minuscolo tavolino da tre si fosse voluto infilare il coltello nella piaga. Tornato a casa, ho provato a chiedermi il perché di quell’uscita, il perché di una vita sociale così asfittica; avevo voglia di prendere sonno e ho evitato di trastullarmi mentalmente. Stamane avevo lo stomaco pesante: colpa dell’invidia o del calzone farcito? Non lo so, ma, appena ho visto il sole, sono uscito, e avevo già dimenticato tutto. La compagnia degli ultimi cieli blu estivi mi ha reso un ventenne, anche solo per poco!
Tweet |
|
![]() |
sabato 18 settembre 2010
Spengo l’interruttore
Il momento tanto atteso probabilmente è arrivato. Da tempo andavo cercando uno stato emotivo tale che mi permettesse di riuscire ad essere indifferente a molte cose. C’è un’età ( e probabilmente è la mia ) in cui comincia ad affiorare la sensazione di aver vissuto tutte o quasi le situazioni emotive possibili. Mi riferisco in particolar modo ai rapporti umani, da quelli di amicizia a quelli sentimentali. Si ha come la consapevolezza di aver conosciuto ogni genere di soggetto, di aver esaurito le possibili tipologie di personalità, di avere dunque accatastato una serie di standard comportamentali per affrontare i quali si ha sempre a disposizione una soluzione. E questo rimedio non ha niente più a che vedere con le incazzature, le prese di posizione, i pianti, ma, all’opposto è costituito da una fredda razionalità, da una sottile indifferenza. Uniamo dunque ad una sempre e crescente conoscenza di noi stessi, una pressochè perfetta visione dell’altro. Che succede arrivati a questo punto? Si avverte una strana pace dei sensi che per certi versi incute un po’ di timore. Non siamo macchine, lo so; ma, gradatamente possiamo diventarlo e all’occorrenza possiamo accendere e spegnere l’interruttore emotivo. A dirla tutta mi manca già un po’ di quella impulsività, di quel fragore, di quella rabbia scagliata su chi erroneamente pensavo fosse A ed invece si è rivelato B. Mi manca quella voglia di farmi sentire, di apparire a volte contraddittorio nelle mie affermazioni e negazioni continue. E’ nella mia indole, non rimango impassibile quasi a nulla ma quando ci vuole, ci vuole. Mi si potrà dire che finchè sono in terra e finche rimarrò un animale sociale non mi si potrà evitare di gioire come di soffrire, dovrò dunque provare qualcosa. Eppure, quel che sento ora mi calza così bene, perché mi rendo conto che i tempi delle mie reazioni si sono tremendamente allungati fino a scavalcare quel momento animalesco che è nella reazione istintiva per conoscere invece un’insolita serenità. E’ uno stato di piacevole superiorità, di presunzione, a cui mi sto lasciando andare. Ma come si può non capire, come non si può nascondere quello che ormai è davanti agli occhi di tutti. Ma quanto menefreghismo aleggia su di noi, quante maschere si indossano per piacere o per piacersi. Decido di salire in alto, guardando tutti da un punto di vista privilegiato: da lì mi paiono uguali, tanti piccoli puntini dalla vita insulsa. E piantatela di parlare di amicizia, di amore, di psicanalizzare il prossimo. Ecco, avevo deciso di essere razionale e ci sono cascato ancora: qualcuno riesce sempre a farmi arrabbiare.
Tweet |
|
![]() |
venerdì 17 settembre 2010
Avevo un gatto nero
Il titolo di questo articolo non inganni. Non ho mai avuto gatti, tantomeno neri. Amo questi animali, invidio la loro più grande dote: sono liberi, ma non solo di muoversi, sono liberi di vivere come meglio credono, senza dover per forza legarsi a qualcuno o dipendere da esso. Più di ogni altro, il gatto è l’animale che meglio incarna il mio ideale di personalità. Ho tratto spunto da una piacevole vecchia canzoncina per introdurre l’argomento di oggi, la superstizione. Provengo da una famiglia meridionale e come molti meridionali, i miei genitori ( mia madre in primis ), hanno trasmesso a me e mia sorella oltre ad un’ottima educazione, parecchi insegnamenti (!!) al riguardo. Sono stato poco ricettivo in questo senso, non ho assimilato alcuno dei dettami e delle regole del saper vivere secondo superstizione. Un gatto nero? Passare sotto una scala? Rovesciare il sale? Cose che esistono, che capitano, tutto qui. L’opinione pubblica penso tenda ad associare le credenze popolari ad un background di sostanziale ignoranza. Non ci credo; si vuole far rivivere il dialetto perché espressione massima della cultura popolare? Bene. Si vuole condannare la superstizione o dare dell’ignorante a chi, si porta un cornetto rosso in borsa? E perché mai? Non è anche tutto ciò espressione della cultura popolare? A me ad esempio, piace ricavare numeri dai sogni per giocare un ambo al Lotto ma non per questo mi sento stupido. Come sempre la linea di confine tra ciò che è semplice espressione della cultura di un popolo e stupidità, è piuttosto sottile. Non giustifico chi, ad esempio, in nome di qualche fantomatica iettatura finisce con il mettersi nelle mani di sapienti imbonitori pronti a succhiare loro quel poco di sangue di cui dispongono. Non giustifico chi strumentalizza il “credo” per finalità di lucro. Il denaro, non ha nulla a che vedere con quella simpatica abitudine di associare ad un evento, anche il più stupido, un significato. Liberi di pensarlo, liberi di fantasticarci sopra. Oggi è Venerdì 17. Se qualcuno conosce tattiche, trucchi e sistemi vari per esorcizzare questa data, lasci un commento! Ci faremo due risate..
Tweet |
|
![]() |
giovedì 16 settembre 2010
Gli esami non finiscono mai

Tweet |
|
![]() |
mercoledì 15 settembre 2010
Mens sana in corpore sano
Tweet |
|
![]() |
martedì 14 settembre 2010
Passioni
Tweet |
|
![]() |
lunedì 13 settembre 2010
Primo giorno di scuola

Tweet |
|
![]() |
domenica 12 settembre 2010
L’eccezione
Tweet |
|
![]() |
sabato 11 settembre 2010
Il viaggio perfetto
Alla fine è filato tutto liscio come l’olio. Le paure che aleggiavano nei giorni precedenti la partenza per Firenze si sono per fortuna rivelate infondate. Sapevo che “in loco” avrei dovuto gestire un certo tipo di situazione che già in precedenza mi aveva creato problemi, ma niente per fortuna è andato storto. Il merito, me lo riconosco, è stato anche mio. Mi ero promesso e ripromesso di gettarmi ogni cosa alle spalle una volta giunto sul posto, sapevo inoltre che si sarebbe trattato di un’operazione non semplice ma, le cose, con mio estremo piacere, sono andate bene. Che emozione però, ritornare in Toscana dopo quasi cinque anni e a Firenze dopo addirittura otto. Mi piace notare che ogni qualvolta mi reco in un luogo visitato qualche tempo prima, ho come la sensazione di non aver visto nulla la volta precedente. O meglio di averlo fatto con scarsa consapevolezza. Man mano che passano gli anni il viaggio, soprattutto quando si tratta di una città d’arte, risulta sempre più, giudizioso. Più attenzione ai particolari, maggior spirito critico, voglia di imparare e conservare. Così è stato per Firenze, e così sarà probabilmente per altri luoghi di cui conservo uno sbiadito ricordo e che vorrei rivedere quanto prima. Ma la Toscana, più di ogni altro luogo ha fatto rivivere ricordi mai sopiti, frammenti di un passato neanche troppo lontano ritornato prepotentemente alla memoria. I luoghi sono sempre gli stessi, cambiano i compagni di avventura, ma non muta lo spirito e l’ineguagliabile benessere che si prova quando si condivide qualcosa con qualcuno; sia essa un ristorante, un museo, semplicemente un caffè al tavolo di un bar. Amo viaggiare per questo motivo: tutto ciò che accade in un posto diverso da quello che si è troppo abituati a vivere acquista un valore esponenziale in termini di emozioni e sentimenti. Mi auguro sempre di avere compagni di avventura speciali, perché è solo attraverso la vera condivisione di un luogo, la comunione di interessi, e la reciproca passione per la conoscenza che si ha la precisa sensazione di vivere il “viaggio perfetto.”
Tweet |
|
![]() |
venerdì 10 settembre 2010
La Chiesa di Dante

Ecco qui sotto, per il piacere delle vostre orecchie, il brano di sottofondo che vi accompagnerà nella visita alla Chiesa di Dante.
Tweet |
|
![]() |
giovedì 9 settembre 2010
La mia valigia
Il primo maglione del mattino, la foschia all’orizzonte, il ritorno di quei noiosi programmi Tv: tutte inequivocabili testimonianze dell’estate che ci abbandona. In questo esatto periodo dell’anno, in barba al grigiore e ai cieli plumbei, rifiorisce la mia fantasia. Mi sento idealista, il mio pensiero compie un unico, lunghissimo balzo in avanti immaginando ciò che sarà quando tutto sarà finito, quando anche questo ennesimo lungo inverno ci lascerà le penne. Tra poco, quando comincerò ad apprezzare il gusto di rannicchiarmi al caldo di casa, quando persino questo computer finirà con l’emanare un piacevole tepore, aprirò la mia valigia. E, vi ritroverò tutto ciò che pazientemente ho riposto, in termini di esperienza, lungo questo tragitto di tre mesi. Torneranno le immagini, le sensazioni ad esse legate, tornerà la voglia di pensare che tutto prima o poi tornerà, a breve. Sarà questo a rendere tutto più lieve e sopportabile. Nascere in estate sicuramente costituisce una semplice coincidenza, i nostri genitori di certo non scelgono con cura e dovizia di farci venire al mondo in un determinato periodo dell’anno. Non nego tuttavia che mi incuriosisce il fatto di essere nato in un periodo in cui luce e calore la fanno da padroni. Anche la mia fedele compagna sta per tornare definitivamente in letargo: tanti, tantissimi i chilometri macinati lungo le strade della piatta campagna Alessandrina. A lei, alla mia due ruote, va il merito di avermi regalato e di regalarmi sempre un punto di vista privilegiato su ciò che mi circonda e su cui spesso non si ha tempo di poggiare lo sguardo. E’ vero, il calendario dice che mancano dodici giorni alla fine dell’estate: ma esiste qualcuno che non si è ancora rassegnato all’idea che se ne sia già andata da un pezzo? Chi come me, non riesce a far propri i concetti di freddo, nebbia, neve, e buio, capirà. La valigia è ormai quasi piena: la riserva è grande ma dovrò necessariamente dosare il contenuto per poter gestire i momenti critici. Il mio è un letargo più fisico che mentale; dovrei dunque risultare alquanto produttivo e spero non manchi mai l’ispirazione necessaria a mantenere in vita questo blog.
Tweet |
|
![]() |
mercoledì 8 settembre 2010
Indigestione

Tweet |
|
![]() |
mercoledì 1 settembre 2010
Si parte
E’ tutto pronto. Il mio piccolo trolley blu fa sempre fatica a tenere tutto dentro ma la colpa è solo e soltanto mia. Ogni volta che si va via ( sempre più raramente purtroppo ) all’interno di quella scatolina da 50cm per 35 provo a farci stare l’impossibile. Paradossalmente anche quando ci si muove per pochi giorni c’è sempre qualcosa a cui non puoi rinunciare. A farla, la valigia, impiego tempo; non mi piace fare le cose all’ultimo momento così, qualche giorno prima, lui, il trolley, fa il suo ingresso trionfale in stanza. Lo apro e poi, di tanto in tanto ci metto qualcosa. Chissà perché poi, quando la valigia ti tocca rifarla per tornare a casa, non riesci a farci stare più nulla. Beh, preparativi a parte, qui si deve parlare un po’ di emozioni legate alla partenza, non nello specifico, ma in generale. Lo confesso, nonostante tutto l’amore che provo per Firenze e la Toscana, quando l’anno scorso in questo periodo stavo facendo i bagagli per Roma, avevo un altro tipo di sensazioni. Non vedo Firenze da circa 8 anni, ancor più che Roma forse. Ma si sa, la capitale lascia annichiliti per quanto essa è in grado di offrire. Firenze mi piace perché conserva una miriade di tesori all’interno di uno spazio che io amo definire più “intimo”, più godibile. E allora sono sicuro che giunto là, e solo in quel momento sarò pervaso dalla sua bellezza. Ho dunque optato per la seconda più bella ( secondo la mia modesta opinione ) città d’arte Italiana dopo Roma. Se Dio vorrà, se le finanze lo permetteranno, ho un desiderio che mi piacerebbe realizzare ed è tornare a visitare una capitale Europea. Piccolissimo particolare: ho esaurito quelle raggiungibili via terra e anche i sassi ormai conoscono la mia fobia per il volo. Solo la voglia sfrenata di conoscere potrebbe spingermi a prendere il coraggio a due mani. Non ne parlo ora, si vedrà; io, non pongo limiti. Guardare oltre in questo momento non è opportuno. Ora, voglio isolarmi completamente dai problemi, voglio pensare a compartimenti stagni, almeno per i prossimi cinque giorni. Quando torno, se ne riparlerà. So bene, amici, che una settimana ( o quasi ) in assenza delle mie turbe (ehm…dei miei articoli..) vi regalerà un piacevole sollievo. Tornerò, e considerando che con l’autunno mi vanno in letargo le forze fisiche ma non quelle mentali, tornerò più produttivo che mai. Lo so, è una minaccia. Alla prossima settimana, pazienti lettori.
Tweet |
|
![]() |