lunedì 29 luglio 2013

Ripetitività

I

l tempo non manca mai di ricordarci il suo eterno movimento. In modo ossessivo e ripetitivo, prende la balla al balzo  e ci prende per il culo. Ad esempio: le vacanze. Sono qui, in trepida attesa della fine di questa settimana per godere di altrettante due settimane di riposo. Un po’ come il Capodanno, si tratta di momenti topici nei quali riponiamo propositi e desideri di rivincita sul tempo e su ciò che verrà. Bazzecole. Il tempo passa e ci prende per i fondelli. Ma non posso di certo contravvenire alla regola che, da un po’ di mesi a questa parte, mi vede straordinariamente leggero, ispirato, motivato. Di sicuro, uno degli aspetti positivi di queste due settimane che mi attendono non è il riposo o la ritrovata libertà dalla schiavitù degli orari. Ciò che apprezzo sempre più, mano a mano che il tempo vola, è la possibilità di stare con la mia famiglia. Evento raro. Non possiamo farci nulla e siamo consapevoli di regalare al tempo ciò che in gran parte ci disgusta. E’ la vita. Ma, un animo ben predisposto e sufficientemente sereno saprà apprezzare al meglio quel poco che il tempo concede. Mi ritrovo ad affrontare questo periodo di vacanza pervaso da due opposte sensazioni: la leggerezza di un “modus vivendi” finalmente accettabile ed il terrore che qualcosa possa rovinare l’idillio. Non sarei io se non guardassi le situazioni considerandone tutti gli aspetti; in fondo sta bene la teoria del bicchiere mezzo pieno ma un minimo di precauzione può servire. E a cosa? A nulla. Dicevo ad inizio post che ci sono occasioni in cui il tempo ricorda a tutti il suo incedere imperterrito; molti ormai hanno imparato la lezione ( ci prende anche per il culo ) ed è solo questione di approccio, di impostazione. Ho guarito il mio male di vivere, o almeno credo di esserci riuscito; lascio spazio all’eventualità che mi sbagli solo perché non riuscirei mai e poi mai a riconoscermi un merito. In questo caso quello di avere passato momenti di introspezione così profondi da provocare dolori lancinanti alle meningi. Se fosse poi una reazione fisiologica? Intanto arrivo a questo primo periodo di vacanza con il fiato lungo, tanta tantissima ispirazione e voglia di sole sulla faccia. Non chiediamoci il perché, non speriamo, non sogniamo, viviamo. Poi si vedrà.

 
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venerdì 26 luglio 2013

Gli altri non siamo noi

E

d è anche attraverso il continuo confronto con personalità a me simili (con il sottoscritto hanno anche percorso un sentiero comune) che mi accorgo del cambiamento in divenire. Occorre sempre premettere che le modificazioni che mi riguardano, le evoluzioni dell'anima, gli sviluppi in materia di rapporto con il mondo, hanno una consistenza pressoché impercettibile. Sempre e comunque agli occhi degli altri. Ma mai e poi mai, il mio percorso si è posto l'obiettivo di dare vita ad un Enzo artefatto, capace di piacere a qualcuno. Troppo semplice. Ho imparato che nella vita basta davvero poco a darsi in pasto al mondo, nel bene e nel male. Le maschere servono a questo ed il mondo è pieno di capre. I miei grandi, enormi progressi prescindono dall'uso di schermature, di copioni, di sceneggiature. Come dicevo, il confronto con chi ha condiviso con me uno stato di malessere mi sta aiutando a capire. Facciamo ordine: Enzo è ancora un uomo selettivo, chiuso, diffidente, a disagio. E' l'essenza di Enzo e non più lo strumento per combattere il mondo cattivo. Questo voglio sottolinearlo perché è il nucleo della mia evoluzione. Il mondo esterno ha rappresentato il male fino a quando io sono stato il primo nemico di me stesso. Non è più così, lo dico con una punta di orgoglio. Ora so che il mondo non mi piace, spesso mi disgusta, a volte mi fa sentire imbarazzato come un bimbo e desideroso di stare altrove; però la mia chiusura, il mio stare da me è finalmente accettato come tratto distintivo di un carattere e non più come conseguenza di una lotta infida con la vita. Non so, so che è tutto così incasinato, non so spiegarlo, e credo che una persona capace realmente di scrivere renderebbe tutto semplice, usando due o tre concetti in croce. Perché è assai complicato descrivere come ci si sente invasi dalla luce dopo essere stati per lungo tempo al buio. Storditi, per certi versi sorpresi di tanta manna, quasi increduli. Ed è in questi frangenti che avverto l'assoluta inutilità del tutto e della vita. Perché non esiste un punto di arrivo e sarebbe idiota crederlo: si finirebbe con il bearsi nella speranza di poter godere di questo momento a lungo. La vita non è questa, è una curva a gomito continua. Ma saper apprezzare uno stato di benessere e di serenità è quasi ( dico quasi ) vivere.

 
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domenica 21 luglio 2013

Vittoria o illusione?

O

ra ne ho la certezza. Voglio vivere quest'illusione per tutto il tempo che mi sarà concesso, fino a quando la luce ed il sole lasceranno il posto al grigio. Ho capito, a malincuore, il motivo del mio stare bene, della leggerezza, dell'incosciente e progressivo distacco da un certo Enzo: l'estate. Mi ha fregato anche quest'anno, forse più di altre volte, perché mai come ora riesco a volare. So che è una farsa. Me ne accorgo quando, come ieri, mi siedo sul letto e accendo il computer. Mi fermo, ma ho ancora tempo e vorrei utilizzarlo bene. Invece devo riposare ed il riposo evoca per un attimo i soliti pensieri. Così vado a dormire consapevole che quei pensieri torneranno e quando lo faranno, fuori sarà grigio, l'abat-jour accesa, lo schermo maledettamente luminoso. Non voglio sputare nel piatto dove ho mangiato fino a qualche mese fa ma confesso apertamente di non voler tornare quello che ero. Vorrei con tutto il cuore non si trattasse di una stupida commedia, ma non riesco ad immaginare un futuro diverso. Alti e bassi, bassi e alti. Ecco, scrivere in questo senso non mi aiuta e non so perché sono qui a farlo: se non avessi deciso di pubblicare un articolo stasera, certi pensieri non sarebbero tornati. Ma sto godendo di una bellissima illusione e non vedo perché dovrei rovinarmi questo momento. E se invece volessi negare a me stesso di essere guarito? Di avere superato la fase introspettiva? Se fosse davvero così non avrei più niente da dire, e solo da fare. Dovrei chiamare a raccolta tutte le persone che hanno vissuto con me un certo percorso e annunciare loro : “Enzo ce l'ha fatta!”. Ma poi, ce l'ha fatta a fare cosa? Probabilmente il traguardo cui mi riferisco è la definitiva vittoria sul mondo virtuale. Non c'è altro. Come già dissi qualche volta, guarire ha significato sacrificare. Non posso pensare che, coloro i quali hanno nutrito stima e rispetto nonché affetto nei miei confronti, oggi mi reputino un bastardo per essermi allontanato. Abbiamo fatto un percorso insieme, questo è già importante. So bene come ci si può sentire, io stesso ne sono stato vittima, ma occorre entrare nell'ordine di idee ( quando la distanza è il nemico ) che incontrarsi od essere amici dovrebbe prescindere dalla fisicità. Prima la pensavo esattamente all'opposto. Sono guarito, forse. Ditelo voi.

 
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giovedì 18 luglio 2013

Un maledetto autentico

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a quando ho aperto il blog mi sono ritrovato protagonista di una splendida avventura. Non mi ero prefissato alcun obiettivo se non quello di lasciare sul foglio parole in libertà, roba semplice, genuina, vera. Ad un certo punto ci ho preso gusto perché non c’è niente di più bello, eccitante e gratificante della capacità di scendere nelle viscere della propria anima e conoscersi. L’odio atavico verso il genere umano mi ha progressivamente portato a concentrare sempre più l’attenzione su di me e, piano piano mi sono imposto di capire chi io fossi e fino dove potessi arrivare. Si sa che non esiste vera relazione umana che possa prescindere dalla totale conoscenza di se stessi. Solo quando si ha la piena consapevolezza dei propri limiti e qualità si può iniziare ad avvicinarsi agli altri senza timore di essere giudicati, senza alcun senso di colpa a rovinarci l’esistenza. E soprattutto, senza il terrore di doversi giustificare. Ragion per cui, giunto ormai ad un passo dal traguardo, sento di aver fatto un ottimo lavoro e di aver preso la mia decisione. Sono misantropo. Non lo nascondo, non me ne vanto, ma proprio non riesco a reggere l’urto del confronto, della condivisione, e di tutto ciò che ne deriva. Durante la mia meravigliosa avventura mi sono imbattuto in quella che è una delle mie più evidenti connotazioni: la contraddizione. E tra le miriadi di certezze e smentite, la più intricata è indubbiamente questa: come può convivere la misantropia con la più devastante, irrefrenabile e coinvolgente empatia? Perché ci si ritrova a sentirsi elogiati per la propria nobiltà d’animo, la disponibilità ( che sfocia nella totale subordinazione) e poi, ben sapendo di odiare il genere umano, ce la si prende con se stessi per tanta benevolenza? Non fa piacere sentirsi dire che è ora di cambiare, che lo hanno capito tutti che di me possono fare ciò che vogliono. Se solo riuscissi a dimostrare quanto disprezzo il genere umano… Nel corso del viaggio ho ben compreso che non esiste un peccato originale nei miei confronti, tale da giustificare la mia avversione. Ma, molto più semplicemente una sempre più intollerabile convivenza con persone che costituiscono il target del popolo dell’era moderna. Ignoranza, ipocrisia, e via dicendo. Vivo in questa eterna contraddizione e soffro. Non ho intenzione di aprirmi, solo che vorrei ( e non posso ) fingere quando mi è possibile. Sono un maledetto essere umano.Vero.

 
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martedì 16 luglio 2013

Senza passare dal “via”

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er uno complicato come me la serenità assume connotati particolari; una complessa e perfetta combinazione di sensazioni, quasi mai frutto di un lavoro propositivo, assertivo e di iniziativa verso l’altro. Uno come me è sereno quando si accorge di esserci arrivato da solo, al traguardo. Io mi guardo intorno e non ho bisogno di vedere qualcuno o di sentirne la presenza, il mio concetto di serenità è intimo, personale, per questo doppiamente difficile da esprimere e da guadagnare. Se dunque ora manifesto una vaga serenità, dovrei sentirmi anche straordinariamente orgoglioso per il lavoro fatto. C’è sempre un “ma”. Ma, il senso di colpa è in agguato e si manifesta nel timore di aver conseguito la meta se non attraverso l’azione, sicuramente giocando sull’omissione. E’ una sega mentale inutile perché ho la percezione che, quando stai bene dai sempre fastidio a qualcuno. Gli umani sono monotoni, ripetitivi e scontati; quando sei nella cacca tutti si augurano che passi, sono pieni di belle parole ma, in fondo e nel profondo vorrebbero tu rimanessi lì, nelle sabbie mobili. Ciò nasce da uno strano spirito di solidarietà che proviene da coloro che in un certo momento della tua vita, ti sono empaticamente legati. E inconsciamente vorrebbero continuare ad esserlo. Si spiega in questo modo il comportamento di quelli che criticano, alludono a qualcosa che a parer loro non è come io voglio far credere. Io non ho agito e non ho omesso per raggiungere uno stato di benessere. Quando mi relaziono con gli umani, io semplicemente mi adeguo. E adeguarsi non significa assecondare ma adottare il comportamento utile al proprio benessere mentale e psicologico. Un esempio: sono rare le persone verso le quali “spingo” me stesso oltre le barriere della mia personalità, davvero rare. Quando lo faccio, non nascondo di aspettarmi qualcosa. So già che non l’avrò. Non capisco una cosa: se non agisci ti criticano perché non sai coltivare l’amicizia; se agisci ma non ti senti ricambiato devi coltivare l’amicizia. Ma per quale stupido e strano motivo la gente si permette di dettare regole comportamentali quando è la prima a volere sempre e comunque, l’occasione per ferirti. In realtà tutti viviamo sospesi per aria e finché stiamo là, nessuno può permettersi di giudicare. Sento, leggo e aborro certe considerazioni. Sono libero, sereno, e tranquillo. Se a qualcuno dà fastidio, è pregato di togliere il disturbo, senza passare dal "via".

 
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domenica 14 luglio 2013

Un’estate di passioni

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’estate c’è, è viva. L’estate trasuda passione e non potrebbe essere diversamente. La mia estate è passionale, ma non pensate a travolgenti intrighi sentimentali, sareste davvero fuori strada. L’estate mi vede pienamente coinvolto nelle passioni a me più congeniali, quelle cioè che non prevedono alcun legame con l’umano. Riconosco con un velo di dispiacere di essermi allontanato, di aver allontanato, di essere rimasto solo anche e soprattutto sul piano virtuale. Chissà, avranno anche ragione quelli che dicono : “Cerca, coltiva, agisci”. Si si, avranno anche ragione ma io non riesco a metterci passione in queste cose. Da tempo non ho un legame importante, da mesi non mi arrabbio per mantenere vivo un rapporto di amicizia. Sono solo, io con le mie passioni. L’estate mi ha sorpreso per come è riuscita ad avvicinarmi alla scrittura nella sua nuova forma del racconto. Pensavo di essere inguaribile, l’eterno scrittore (?) di se stesso, incapace di alzare lo sguardo e poi renderne parola. Ora invece ci sto prendendo gusto, tanto che il blog sta diventando una seconda scelta; ma non potrebbe essere diversamente per il semplice fatto che di me ho detto ormai tutto. Enzo che racconta è libero dalle catene dell’analisi e dell’introspezione. Enzo che racconta guarda la vita con il suo solito velo di malinconia ma riesce ad aprirsi all’ironia, all’osservazione, alle considerazioni sul mondo. Insomma, mi sto appassionando. Anni fa ero solito scrivere in alto a destra del foglio i giorni che mancavano all’estate; le mie corrispondenze epistolari vivevano e si impregnavano del gusto dell’attesa per la bella stagione, scandita da un simbolico conto alla rovescia. L’inverno appena passato non mi ha visto trepidante, e mi è risultato non poco strano, dato ad esempio il mio amore per le due ruote. Ma ora, piano piano, sto ritrovando tutta la passione che credevo smarrita. Ecco, la maia estate è tutta qua. Ancora una volta, lontano dal mondo, dalle serate sotto cieli stellati, dalle risate leggere mangiando un gelato o sorseggiando una birra. Casi eccezionali, più unici che rari. C’è un Enzo solo, ma c’è anche un solo Enzo. Tenetemi così, se volete. Non so essere un amico, ma so vivermi con grande passione, e ne vado fiero.

 
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venerdì 12 luglio 2013

Qualità sprecate

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a vita è varia e strana e con questo ho scoperto l'acqua calda. La scorsa settimana ero elettrizzato e pieno di pensieri positivi. Tutto al lavoro era andato molto meglio di quanto pensassi a fronte di una previsione catastrofica, quale solo Enzo poteva fare. E' provato, io dò il meglio nelle situazioni di necessità. Tiro fuori tutta la virtù che, nel mio caso, assume i connotati di : pazienza, ostinazione, dedizione, precisione, senso del dovere. Maledetto me per il fatto di mettere queste belle qualità solo ed esclusivamente sul lavoro; il posto peggiore, quello nel quale tutti dovrebbero fingere,indossare maschere di convenienza, fare gare di leccaculismo. Niente da fare, Enzo riesce ad essere se stesso anche tra le quattro mura dell'ufficio. Che sia vita, che sia lavoro, ho solo e sempre da perderci. E' normale che in un ambiente come quello dell'ufficio, aprire il libro, farsi leggere liberamente e non dare adito a dubbi rende tutto stramaledettamente difficile. Poi esco e provo ad affrontare la vita. La pochezza delle relazioni umane che provo ad intavolare è tale da non permettermi di capire se potrei finire schiacciato, anche nel mondo della società. Se io avessi una relazione sentimentale o anche solo frequentassi regolarmente amici, potrei rendermi conto se il mio modus agendi, almeno nella vita ha un vantaggio. Invece no, fermo le mie considerazioni al novero dei colleghi e non posso evitare di sentirmi perennemente un idiota. Se c'è un posto in cui vorrei essere considerato, stronzo, ignorante, inetto, completamente imbranato, quello è il luogo di lavoro. Non ne viene niente in cascina. Solo parole, apprezzamenti, del tutto finti e tragicamente utili all'unica causa: farti lavorare e succhiarti il sangue. Che razza di considerazioni faccio? Non lo so. Tutto sorge spontaneo in questa sera silenziosa d'estate ed io a fingere di dovermi riposare, di recuperare fiato. Tutto mentre, come sempre, là fuori la vita va avanti. Dicevo che la vita è strana. Mi ero illuso di aver superato l'ostacolo più grande, dunque la strada sarebbe stata in discesa: ed invece come sempre accade, si è complicata più del previsto. L'approccio è sempre importante e allora, meglio non abbassare la guardia. Niente per me è semplice, ancora più difficile se non faccio nulla per uscire dalle sabbie mobili. Mi piace parlarne, tutto qui. Agire mi spaventa.


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mercoledì 10 luglio 2013

Blog soporifero

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ono di nuovo nelle stalle. Oh, non sono mai stato nelle stelle ma secondo il mio parametro di valutazione delle cose, avere un umore stabile è già una grande conquista. Niente da fare. Sono fragilissimo, capace (oggi) di sentirmi un leone al solo pensiero del futuro, e di sprofondare (domani) nella merda della totale depressione e dell’indifferenza verso tutto. A volte penso di essere il solo così strano, a salire e scendere con la facilità di uno yo-yo. Non mi tocca più di tanto il problema di cosa possano pensare gli altri. I motivi sono diversi: ho ben poca stima di tutti o quasi quelli che mi circondano e soprattutto loro non possono capire, perché non mi conoscono. In questi giorni ho sentito cose sul mio conto da farmi andare così tanto sangue al cervello che avrei potuto vedere ricrescere i miei capelli. Sono assolutamente intollerante, fatico a tenere viva una conversazione superficiale ( salvo fingere un sorriso di circostanza ) e sono volubile. In questi ultimi giorni in casa non ho rapporti. Parlo poco, sono scontroso ed istintivo. E’ solo quando mi metto qui a scrivere di me oppure a dilettarmi nei brevi racconti, che trovo la calma appropriata. Sono anche piuttosto slegato nella scrittura, mi importa poco della forma e meno ancora di fare presa su qualcuno. Non mi legge più nessuno o quasi. So perfettamente che sto morendo anche come animo, che quello che mi riguarda sarebbe capace di addormentare il più cronico dei  malati di insonnia. E per certi versi annoio me stesso. Quel maledetto treno che mi sta rovinando l’esistenza da quasi tre anni è la causa di tutto. Ma ho soppresso e represso ogni considerazione al riguardo: sarebbe inevitabile sentirsi dare del pazzo o dell’incosciente incapace di prendere decisioni a fronte di una problematica. Ma non è allora che aveva ragione quella tipa che mi ha dato dell’immaturo? E anche della persona che non vuole crescere e che è solo un insicuro? Tutto può essere e tutto posso essere. Sono solo sincero quando con disinvoltura dico e contraddico, passando per un uomo complicato. E solo, come è normale che sia. Ora sto dormendo un sonno strano, ho come l’impressione mi avessero riempito di morfina. Dimenticavo un piccolo particolare: le mie quattordici ore di lavoro stanno diventando sempre più insostenibili. Sento che sta per succedere qualcosa.

 
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lunedì 8 luglio 2013

La solita illusione

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o sapevo. Quella della serenità improvvisa, dello stato di benessere, della forza mentale non era altro che la solita, stupida illusione. Una sensazione artefatta, seppur a mia insaputa. Ci ho creduto fino a stasera, sino a quando è bastata una ( l’ennesima ) dura giornata di lavoro a far crollare il castello di carte. Ma che colpa ne ho, è del tutto legittimo sperare anche se un po’ da stronzi, da idioti. Ve lo dice uno che non ha mai sognato niente di ultraterreno qui, su questo cavolo di posto. Da tempo ho persino rinunciato ad avere aspettative dal genere umano, quello poi può starsene dove sta. Non mi è rimasto altro che gareggiare con me stesso, in un’audace e rischiosa corsa ad ostacoli che, e me ne sono accorto, lascia il tempo che trova. E’ tempo sprecato anche questo. Non ho mai pensato che la felicità fosse un obiettivo, anzi ho sempre creduto che stia qui, più terrena che mai e più vicina che mai ai nostri miseri corpi. Basta solo avvertirla, sentirla, magari abbassando le pretese, cercando di renderla meno che umana. Per un po’ ho accarezzato questo sogno tanto da pregare che questo momento fosse cristallizzato per sempre. Ho desiderato che in questo preciso periodo della mia vita i miei smettessero di invecchiare, ed io potessi finalmente regalare loro quella serenità ( mai abbastanza ) che si meritano. Era un’illusione. Perché oggi sono crollato, e di punto in bianco ho rovinato tutto quello che mi stavo meravigliando di costruire intorno a me. Sorrisi, positività, assertività. Colpa del lavoro? Colpa del lavoro che è e vuol essere a tutti i costi anche la mia vita. Non riesco ad impedirglielo, è devastante, urticante, provoca il vomito. Lo odio. Non ce l’ho fatta, ma non per questo mi colpevolizzo. Capitano giornate storte e ci sta. Quello che mi distrugge è sapere che lo stato di serenità è sempre e comunque apparente, che non sto facendo alcun percorso verso un obiettivo. La consapevolezza di una personalità ormai immodificabile, scolpita ad arte nel corpo di un uomo, solo in apparenza forte, mi annienta. Monto un desiderio temporaneo di vendetta a priori, perché quando abbasso le difese odio che non c’è sempre e comunque. In primis, me stesso. Non ci sono quando devo, quando ne ho realmente bisogno; se solo riuscissi ad intervenire in tempo forse eviterei a quell’Enzo tutto fuoco e fiamme di esplodere. Non importa, tanto è tutto finto.

 
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sabato 6 luglio 2013

Niente paura

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e giornate trascorrono serene, lamentarsi non è un obbligo e ciò che scrivo non necessariamente deve essere qualcosa di negativo. Non riesco a descrivere gli stati d'animo positivi con la stessa naturalezza con cui parto in quarta quando sono in preda ai contorcimenti. Nonostante tutto, mi sento positivo e con un livello di autostima che sembra salire di giorno in giorno. Non chiedetemi perché o cosa; mi rimetto alla mia anima che non ha mai tradito le apparenze permettendomi di mettere, nero su bianco, le sensazioni in totale sincerità. Tutto fa specie alla luce della solitudine che se ne sta sempre lì, seduta nell'angolo della stanza. Probabilmente anche ora mi sta osservando mentre scrivo queste parole, si sta chiedendo se posso davvero essere felice nonostante lei. Si, rispondo con orgoglio. E non ho paura di mentire a me stesso come ho già fatto, al solo scopo di auto-difendermi e sopravvivere fino ad una nuova fase di sconforto. Il sole sta facendo un bell'effetto (perché negarlo) ma sarebbe riduttivo nei miei confronti regalargli ogni merito. Niente affatto, è arrivato molto dopo l'inizio del mio percorso di rilancio, assolutamente non programmato, non voluto, forse cercato. Il timore si tratti di un'illusione passeggera è quasi scaramantico più che reale e motivato. Non ho paura del futuro, perché non ho paura del domani tanto meno dell'oggi. Non ho paura di stasera, di questa notte d'estate ed io qui, come nelle fredde sere d'inverno; è dunque cambiato qualcosa? No. Fino a quando ho pensato che la vera felicità fosse un traguardo e che quel traguardo dovesse essere rappresentato dalla presenza di qualcuno, non ho fatto altro che tormentarmi. Sono stato accusatore e come tale, giudicato. Ho visto la mia dignità barcollare pericolosamente sotto il peso della disperazione. Di tutto pensavo fuorché il processo evolutivo si sarebbe rivelato del tutto estraneo alla mia volontà e completamente avulso da ogni condizionamento o forzatura esterna. Ieri parlavo con E. e lei rispondeva alle mie chiacchiere con bellissimi sorrisi di approvazione. Mi conosce molto bene, ha conosciuto l'Enzo di qualche anno fa. Ho fatto enormi progressi: mi voglio bene, sto schiacciando le paure sotto il peso dell'autostima. Sto diventando un uomo. E non è il caso di affrontare altri problemi ora, ho solo voglia di godermela questa serenità fatta di nulla e di tutto. Chi mi guarda negli occhi, nella postura lo può confermare. Stai pure seduta lì, nell'angolo di questa stanza. Non mi fai paura.

 
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giovedì 4 luglio 2013

Rapide disaffezioni

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accio ammenda e riconosco di essere poco affidabile. O forse si sapeva già? Certo, provate a chiederlo a chi si è trovato sulla mia strada per caso, o semplicemente perché ha voluto percorrerne con me un tratto. Non ho mai rivelato che la ragione principe che fa di me una persona di cui avere poca fiducia, è la volubilità. Sarebbe meglio ( e più onesto) affermare che mi stanco presto delle cose e delle persone. Sono capriccioso come un bambino, il giocattolo ad un certo punto non mi piace più e via, ne voglio un altro. Ma sono davvero così? Capitolo cose: non sono parsimonioso, spendo e spando e mi faccio del bene attraverso acquisti inutili volti a compensare una perenne e atavica carenza d’affetto. Capitolo persone: uomini e donne non sono oggetti e pochi possono accusarmi di averli trattati come tali. Ma ho sempre messo le mani avanti dicendo che sono inaffidabile, che ho bisogno di costanza ma che della costanza io non so nulla. Sono così diventato un uomo libero, senza sensi di colpa, solitario, solo, magari triste ma libero. Ho scoperto da poco di provare diletto nel racconto: è stato un caso aver scoperto un luogo dove poterlo sperimentare. Per me è una vera novità, significa guardare oltre il mio intimo e lasciarmi andare a qualcosa di non necessariamente complesso, intricato, autolesionista. E’ un sintomo di grande cambiamento tanto che anche il mio approccio a questo blog sta cambiando. Per quanto non debba avere importanza ( si scrive per se stessi ) non posso fare a meno di notare che molti lettori si sono allontanati, e li capisco perfettamente. Ma credetemi, provo bellissime sensazioni quando faccio qualcosa che mi piace, quando mi va e come mi va. Libertà, no? E se anche questo blog fosse un giocattolo che ora non mi piace più? Ho scritto questo articolo pensando a come sono e a come spesso appaio. Molte volte ho ragione, quando parlo di persone che stimavo e che ora mi sono del tutto indifferenti: hanno perso un’occasione, non è certo colpa mia. Altre ho torto, quando non ho saputo vincere la mia rapida disaffezione pensando di poter vivere solo e libero. Pensieri e parole che scivolano liberamente in una sera d’estate. Non mi aspetto nulla da notti stellate e tramonti infuocati. Penso solo di essere un uomo perfido, capriccioso, lunatico. Come tutti.

 
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martedì 2 luglio 2013

Mors tua vita mea

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ono il primo a sostenerlo, questo blog non ha più molto da dire. La conclusione si presta alle più svariate interpretazioni. Chi mi legge da tempo sa che non è la prima volta, penso sia già successo in passato; arrivo ad una sorta di punto di non ritorno, entro in un labirinto e non so più uscirne. Insomma, per farla breve, le parole diventano non un aiuto, bensì un nemico. Potrebbe darsi che io sia finalmente l’uomo sereno che ho sempre desiderato di essere; siccome il diario non è altro che la riproduzione del mio animo turbolento, questa sarebbe la più grande conquista di Enzo. Ho scelto il mezzo giusto e sono arrivato ad ottenere lo scopo. Un’altra possibile strada potrebbe essere questa: non ho più alcuno stimolo a scrivere attingendo dalle relazioni. Si , perché non mi sono solo limitato a guardarmi e a capire dove fosse nascosto il tranello della vita, la parola magica che ti permette di cambiare tutto. Ho anche provato a studiarmi, forse a migliorarmi attraverso le più o meno forzate relazioni con l’altro. Ho capito tutto degli umani, o forse non ho capito niente, tuttavia giungo alla triste conclusione che, almeno a livello teorico non ho più niente da imparare. Dovrei provare, anzi dovrei assolutamente vivere i rapporti non permettendo che questi passino attraverso la macchina virtuale. E’ quello che sto facendo, bistratto le entità e mi apro alla possibilità dell’incontro dal vivo. Mi sento motivato in questo senso: so che non avrò mai un’amicizia vera su cui contare, ma almeno mi tolgo la soddisfazione di guardare negli occhi qualcuno, passarci un momento di spensieratezza. Sono agli antipodi della mia ormai defunta concezione dell’amicizia come totale compensazione della vita vuota. Non riesco più a teorizzare, questa potrebbe dunque essere una ragione plausibile. Il lavoro, la vita quotidiana come ho sempre affermato, non riescono a darmi materiale per scrivere articoli degni di questo nome. Ecco perché ho scelto di intraprendere ( altrove ) la strada del racconto. Mi chiedo ora cosa è meglio fare. Niente, come al solito. La mia era una considerazione, non un annuncio mortuario. E’ giunto il momento di dire ciò che si pensa solo a condizione di trovarsi con due occhi di fronte che ti guardano.

 
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